la luce
La neve toglie la vista, entra negli occhi e anche nei polmoni. Non sono sicura che arriverò al rifugio.
Sono partita tardi perché sono rimasta a chiacchierare con Roberto: non avevo voglia di vederlo andare via, mi sembrava talmente bello che fossimo insieme a parlare come vecchi amici… Mi ero accorta della neve che iniziava a scendere violenta, ma non ho voluto decidere di andare.
Adesso lotto contro il vento freddo che vorrebbe farmi fermare, e contro i mulinelli di ghiaccio che si prendono gioco di me pungendomi gli occhi. Respiro acqua, freddo e cristalli. Vorrei sdraiarmi e dormire, ma so che non si deve fare.
Cammino a fatica, sembra che le gambe trovino un ostacolo a ogni millimetro. Inciampo due o tre volte ma non cado: per fortuna riesco ancora a mantenere l’equilibrio.
Cerco con gli occhi il rifugio: non dovrebbe mancare molto. Eppure non vedo altro che bianco: c’è il pilone di una seggiovia, ma non so a che altezza io stia camminando. Ricordo Antonio, che raccomandava sempre di tenermi accanto ai piloni nelle tormente di neve: “Nella neve perdi l’orientamente”, diceva, e forse sta capitando proprio questo. Non so dove sono, anche se queste sono le mie montagne, i luoghi dove ho imparato a camminare, sciare e amare.
Con la mano cerco il telefono nella tasca della giacca: non riesco a sentirlo, i guanti proteggono le dita ma ho perso la capacità di percepire gli oggetti. Abbasso lo sguardo per aiutarmi: ho in mano il telefono, non me ne rendevo conto. Compongo il numero del soccorso con fatica, il telefono scivola due volte, cade nella neve ma non si rompe. Almeno spero…
Qualcuno risponde, io parlo ma è come se fossi un’altra persona, un’altra donna persa nella neve. Sento a malapena le parole che dico. I miei passi sono sempre più lenti e ho voglia di dormire.
In fondo che male ci sarebbe? Solo due minuti, il tempo di riposare e riprendere poi con nuovo vigore la camminata. Se mi copro bene posso salvarmi: potrei sedermi qui vicino al pilone, adesso lo vedo bene, e appoggiarmi con la schiena in modo da respirare senza il rischio di inalare acqua e neve. Due minuti di sonno, solo un po’ di riposo…
E’ il viso di Roberto a fermarmi: lo vedo davanti a me all’improvviso, e mi sorride. Dice qualcosa. Forse mi consiglia di non dormire. Voglio andare verso di lui, in due una tormenta fa meno paura… Cammino per raggiungerlo, ma è dispettoso come sempre: si allontana di un passo ogni volta che con fatica lo raggiungo. Come può essere così arzillo con questo freddo? Sembra non avvertire neanche la temperatura, il gelo.
Forse adesso si è fermato, perché sento la sua mano sulla mia spalla. Sta tirando. Strano, non è il suo viso che mi fissa e che urla qualcosa.
Sono sdraiata. Vedo la neve che cade verticale sui miei occhi, ma non ho più freddo. Scivolo con la schiena, come quando da bambina giocavo con i miei fratelli. Ho caldo, scivolo, due figure rosse mi stanno cullando…
Adesso posso dormire.