la punta
Lasciò cadere la pesante sacca sul prato. Recuperò il respiro, sforzandosi di placare l’affanno.
Alzò gli occhi sulla facciata della casa: era esattamente come la ricordava. L’aveva notata un anno prima durante una passeggiata con sua moglie fino alla punta, aveva scattato un paio di fotografie e, quando Gianna aveva detto “Chissà quanto costa”, aveva alzato le spalle:
– Impossibile trasportare fino qui i bagagli, si arriva solo a piedi oppure con la barca… Bellissima ma scomoda!
Gianna aveva riso e si era lanciata giù dal sentiero per andare al ristorante. Era stata una bella giornata.
Qualche mese dopo Gianna era morta, e la casa della punta, con il mare davanti e quel poco di prato, era sembrata ad Alberto l’unica soluzione alla sua disperazione.
In poco tempo aveva trovato il proprietario, e, con un’offerta che in tempi meno traumatici non avrebbe neanche immaginato di fare, aveva comperato casa e terreno.
Adesso era lì, con la sua sacca posata sul prato e il resto dei bagagli già sistemato nel corridoio del piano terra da due uomini che l’avevano aiutato nel trasloco. I mobili erano quelli che aveva trovato: gli erano piaciuti, e comunque non era molto importante…
Cercò la chiave in tasca. Si avvicinò alla porta e la aprì, memorizzandone il cigolìo. “Devo mettere un po’ di olio ai cardini”, pensò. Se fosse stata con lui, Gianna avrebbe alzato lo sguardo al cielo:
– Sei sempre così preciso…
Era vero. Preciso. Eppure non l’aveva salvata… Scosse la testa ed entrò in casa. L’odore di chiuso e il freddo lo colpirono.
Si precipitò ad aprire tutte le finestre: amava la luce, il buio lo angosciava. Cercò il telecomando del condizionatore e accese il riscaldamento al massimo.
Si ricordò la sacca sul prato.
Uscì e fissò il mare. Ricordava ogni minuto della giornata con Gianna alla punta. Quella casa sulla quale lei aveva scritto un racconto che lui non aveva voluto leggere perché parlava di morte. Gianna aveva voluto le fotografie della casa, per ispirarsi… La sera, lui era rimasto accanto a lei ascoltando il tic tic della tastiera del computer, immaginando che cosa stesse scrivendo.
Il mare era agitato. Il giorno dopo sarebbe uscito in barca, se si fosse calmato.
Sospirò, un fiotto di aria fredda e profumata gli penetrò nei polmoni.
Quella era la sua nuova vita, e forse un anno prima Gianna l’aveva immaginato: quella era la casa del suo racconto. Quando lei era morta Alberto aveva riletto tutti i suoi scritti, e non aveva potuto evitare di ripetere a se stesso che la punta, la casa, il prato, il sentiero ripido erano il luogo che Gianna aveva lasciato. A lui.
Per la sua nuova vita.
Prese la sacca ed entrò in casa.