a Napoli e Roma, inno alla gioia
Difficile che mi venga in mente di scrivere una memoria, un racconto di vita vera che assomiglia in modo inquietante a un tema in classe. Quando a scuola era il giorno del tema in classe aspettavo con ansia i titoli sperando che almeno uno fosse vicino al mio gusto e lontano dalla tentazione genetica di trasgredire. In me scatta impetuoso e irrefrenabile il desiderio di andare fuori tema, sempre. Detesto che mi si dica cosa fare, e come. Ricordo che in seconda media approfittai della banalità di un titolo che, più o meno, era “Cosa vuoi fare da grande”, per scrivere che avrei voluto sposare un miliardario e fare assolutamente niente: per una persona ambiziosa come me, e attiva tanto da esagerare, era una palese provocazione, ma provocò la massima inquietudine nella professoressa che mi scrutò con occhi preoccupati e si sentì in dovere di informare mia madre. Sono convinta che mia madre (che accolse con una risata la notizia del mio desiderio matrimoniale e nullafacente) millantò assoluta adesione ai patemi della docente, ma non accadde granché. Una pacca sulla testa per avere creato uno scandalo in una scuola gestita dalle severissime Dame Inglesi e un sorriso sornione appena voltato l’angolo. Continuai a scrivere temi sperando che un titolo non mi permettesse di fuggire ulteriormente per cercare altri guai. Trasgredii di nuovo anni dopo, in seconda liceo classico, quando volli forzare la mano al professore di filosofia: era sua abitudine scrivere, nei temi con argomento filosofico, “concordo pienamente con il giudizio espresso dal collega”, ed è inutile dire che non sempre la formula di rito fosse adeguata. Ero certa che fosse un modo per non prendere posizione, così scrissi un tema su Socrate che, ero certa, avrebbe confuso le idee e creato dissidio tra i due professori. Fiera, osservai l’unico “sei meno” della mia carriera con un “otto e mezzo” scritto in rosso sotto, dal professore di filosofia che, finalmente, usciva dal letargo e non concordava con il collega di italiano.
Insomma, questo assomiglia a un tema in classe. Nonostante tutto, mi sono imposta un titolo e cercherò di mantenere fede all’impegno. Non so come e perché, ma mi è venuta la voglia di raccontare qualcosa dei miei incontri con i lettori. Arrivata ieri sera a Milano dopo un piacevolissimo e quasi massacrante (dal punto di vista fisico) viaggio a Napoli e Roma con “Diario di melassa”, ho sentito che avrei potuto usare uno spazio nel blog per dire due o tre cose. A titolo di ringraziamento per chi c’era, ringraziamento esteso a tutti coloro che, nel tempo, hanno partecipato ai miei incontri qua e là, ma anche per condividere l’esperienza con chi non ha ancora avuto l’opportunità di pormi eventuali domande di persona, offrirmi commenti e critiche, raccontarmi la propria visione della mia scrittura. Il lettore fa il libro quanto lo scrittore: chi scrive e pubblica sa bene che la vita del manoscritto è decretata dal gradimento dei lettori, e tutte le altre logiche passano in secondo piano. Il libro è, a tutti gli effetti, dei lettori: sfugge alla mano dello scrittore, se ne va e cambia caratteristiche ed essenza. Vive o muore se piace oppure no. “Ti affido mio figlio”, ho la sensazione di dire questo alla massa senza volto (con tutti i volti possibili) dei lettori, e ho la sensazione di accogliere figli altrui quando, giornalmente, prendo un libro per leggerlo. Banalità, lo so, ma mi va di dirlo. Ecco.
Con me a Napoli e Roma c’erano persone importantissime per la mia vita: Fabiana e Filippo, due dei miei fratelli (mancava Simone, che spero verrà la prossima volta), Elisabetta Mandelli, mia addetta stampa ma soprattutto mia amica a cognata, Lorenza Caravelli, amica e autrice di libri come “Un altro finale” (Creativa), Sara Caminati di Innovation Marketing. Perché, inutile tentare pietose bugie che a me proprio non vanno a genio, gli incontri con i lettori sono il frutto del lavoro di un team che si fa in quattro perché gli appuntamenti siano rispettati con il maggiore beneficio possibile per i partecipanti. Così come questo blog ha bisogno dell’occhio e dell’esperienza di Sara per rendere la grafica piacevole e intrigante, e il mio sito internet nuovo presto sostituirà interamente il blog, anche gli incontri con i lettori hanno bisogno di essere comunicati e organizzati. E c’è tanto amore, dietro: l’amore per me di chi ha la pazienza di seguirmi e aiutarmi, l’amore per i lettori mio e del gruppo che instancabilmente lavora con me.
Parlando di amore e amicizia profonde, voglio nominare Lilli Gruber. E’ intervenuta insieme a Jacques Charmelot, suo marito, all’incontro di Roma: ha detto di me e della mia scrittura cose che non riuscirò a dimenticare, e mi ha dimostrato, una volta di più, l’affetto vero di un’amica. A proposito, non perdetevi questa segnalazione: Jacques Charmelot pubblicherà presto un romanzo che, dalle premesse, appare appassionante. Chi ama la lettura non se lo lasci scappare, ne riparleremo anche qui. Comunque, mentre ascoltavo Lilli ho pensato a quanto le strade, gli incontri tra persone possano arricchire l’anima di bellezza. La osservavo, ascoltavo le sue parole e ricordavo i mille episodi della nostra amicizia, la sua capacità di essermi accanto nelle crisi, nelle gioie, nelle chiacchierate eterne sotto il cielo di Roma. Incontrate per caso a una cena, anni fa, abbiamo percorso insieme tratti importanti, affettivamente bellissimi.
Tratti di strada che ho percorso anche con Lorenza Caravelli: mi succede di scherzare insieme a lei, alle presentazioni, perché ormai il nostro è un sodalizio ricco di aneddoti buffi che gettano senza dubbio sulla nostra immagine di scrittori una luce inquietante (siamo una coppia incapace di rinunciare all’ironia e alla giocosità). A volte mi sembra che Lorenza sia la parte saggia di me, quella parte che per anni è mancata e adesso, anche grazie a lei, fa capolino nell’ambito di una fanciullezza eterna che, sono convinta, non saprò mai abbandonare. I nostri chilometri, ormai migliaia, con i trolley pieni di libri e qualche vestito da cambiare in fretta per incontrare i lettori, le sue caramelle alla liquirizia e i brigidini con una linea invidiabile da modella, le mie crisi di pessimismo e le euforie da matta, le decine e decine di mani da stringere con nuove relazioni da scoprire ci hanno portate, nella tappa di Roma, a una sintonia che ho percepito magica, assoluta, frutto di impegno ma anche di grande affetto reciproco.
Da tempo ho deciso di dire pochissimo della mia famiglia. Taccio per amore, per tutela e perché, nel denudarmi completamente deciso anni fa quando iniziai a pubblicare, non è inclusa la privacy di chi amo. Tuttavia, avere Filippo e Fabiana è stato un regalo bellissimo. Ho mostrato a Fabiana la casa dove ho vissuto, a Trastevere, e, con un po’ di malinconia, ho camminato per ore perché vedesse ciò che i miei occhi avevano visto, e ascoltasse i miei racconti più intimi e segreti.
Sono nella piovosa e grigia Milano, adesso, e mi chiedo se questo tema in classe ha avuto qualche senso. Per me l’ha avuto, per chi legge non so. Scrivo in questo spazio nel blog e mi chiedo quanto andrò avanti a comunicare con voi con questo mezzo web, conosco la mia imprevedibile e mutevole fretta di vivere e non sono certa di molte cose. Pazienza, il cambiamento è vita. E detesto la noia. Riparto presto per altri incontri, altri viaggi insieme ai libri che scrivo. Non potrei stare senza la mia curiosità, senza la voglia infantile di conoscervi tutti. Abbiate pazienza, ma senza il vistro sguardo, il suono della vostra voce avrei l’impressione di vivere a metà.
Stile inimitabile, mi dispiace per gli altri ma sei unica. E il video è superlativo (voce sensualissima).
go on, baby
go on like this
Buona vita e buona scrittura Mariagiovanna! Con molto affetto. Sandra
Grazie, Sandra! Un grande abbraccio!
I periodi di silenzio e concentrazione sono necessari e vitali. Trovo bellissima la digressione sui temi della scuola! La fotografia rende giustizia a una bella donna.
Commossa!