il segreto dell’argine di un fiume

 In Racconti, Racconti Brevi

MariaGiovanna Luini il segreto all'argine del fiumeCammino fino a perdere la memoria. Il telefono perso in tasca, riesco appena a rendermi conto quando vibra e, naturalmente, evito di guardarlo. Troppi messaggi, troppe le chiamate cui sono costretto a rispondere: quando sono qui taccio, e voglio capire.

Mi chiederete, sempre che vi vada di leggere le parole che butto giù alla rinfusa su un taccuino pescato in macchina nel parcheggio accanto al traghetto, cosa ci sia da capire. Perché, si sa, l’uomo poche volte approfondisce. Avete ragione, almeno in linea generale. L’uomo approfondisce poco, si ferma a riflettere solo quando si sente costretto dalla necessità. Eppure vorrei che vedeste questo fiume che buca una distesa di alberi nel mezzo della Brianza, vorrei che fosse possibile anche per voi toccare il silenzio, annusarlo e mandarlo giù fresco e finalmente vero. Si pensa per forza, quando si è qui. E, tempo fa, quando ho scoperto questo posto, ho deciso che sarebbe stato il mio segreto: tutti hanno segreti, io ne ho a tonnellate con mia moglie, con le donne che vedo qua e là, con chi lavora con me. Forse la persona che più mi conosce è Lidia, la mia segretaria, ma mi domando quale soddisfazione possa trarre dalla conoscenza dei miei conti bancari, delle piccole grandi bugie, di una vita che sfiora con gli occhi e non riesce ad afferrare. Lidia vive nel mio riflesso da almeno vent’anni, per lei i segreti sono pochi o forse, se sono onesto, ammetto che sono assoluti. Non sa ciò che non deve sapere, e il suo non sapere è un enorme cumulo di silenzio. Lo stesso silenzio che trovo qui.

Ho camminato anche oggi, libero e con i polmoni trafitti dal freddo. Ho pensato a Chiara e alla sua incapacità passionale di capirmi. Non credevo che avrei incontrato una donna così, non più. Me la trovo tra le mani e non so gestirla, non so cosa farne quando il suo desiderio si trasforma e diventa rabbia. Provo a spiegarvi: da mesi tento di giocare con lei, non la trovo particolarmente bella ma senza dubbio è sensuale, ha una carica mentale, erotica e di parole che sa gratificarmi. Mi avvicino quando sembra tranquilla e pronta a divertirmi, mi scalda perché assomiglia a un sole fermo in cielo ad aspettarmi. Passano nuvole, cade la nebbia ma, dopo poco, il sole ritorna, ed è sempre stato là, per me. E godo, anche, Chiara sveglia il mio corpo e riesce a strapparmi due sogni. Però. Non so prevedere i temporali, i nubifragi tumultuosi ed eccessivi che mi rovescia addosso quando sono lontano, quando accadono eventi che non riesco a capire fino in fondo. Ho intuito che qualcuno deve averle detto qualche mezza verità, con lei sorvolo e faccio finta di non sapere ma è evidente che, ogni tanto, le cadano addosso frasi che mi rovinano. Non c’è solo questo: è la sua natura, la passionalità a due facce, una goliardica e amorosa, tenera e travolgente, l’altra ostinata e malevola, invadente e gelosa. Gelosa, sì, sembra proprio gelosa. Ma la gelosia non ha posto, non con me! Non vorrei che mi amasse, questo è il cruccio che porto dietro nelle passeggiate lungo l’argine, giù fino a Brivio. Innamorata? Me lo chiedo, e dieci volte dico che non è possibile, ma dieci altre volte temo sia così. Che presunzione, state pensando che sono presuntuoso. Vero, o forse realista. Quando incontrate una donna, voi uomini che leggete i miei appunti buttati giù a penna, la osservate con il volto nascosto da centinaia di strategie e riuscite a cogliere l’affanno, la voglia di compiacere, il momento in cui cade. Lo sapete, se siete onesti potete ammetterlo: succede che una donna giovane e libera, spregiudicata abbastanza da giocare senza impegno, cada. E sta a noi frenare o scantonare per evitare il disastro.

Il punto è, però, che con Chiara non si capisce. Non so se mi ami o se sia testarda e presuntuosa, convinta di essere unica. Dice “voglio” e mai “vorrei”, è impegnativa e tenace, ostinata e prepotente, pretende attenzione e presenza, ma intanto. Intanto. Ha altri occhi addosso, dedica sorrisi diversi a uomini impettiti, eleganti e pronti ad accoglierli. Li ho visti, quei sorrisi: sono riuscito a cogliere un istante di complicità in una stanza piena di gente, e mai avrei previsto che il tizio che girava su di lei lo sguardo afferrando il telefono per un sms rubato ne conoscesse il nome. Invece ho capito, e sono stato l’unico a vedere. Mi sono chiesto, con voi posso ammetterlo, se il vestito elegante e i tacchi alti fossero per lui e non per me: in un istante di incertezza ho intuito che Chiara non fosse tutta là, non solo la donna che mi si getta addosso con le mani voraci pronta a farsi prendere con la fame brutale di togliermi i vestiti. Se li togliesse anche a lui, i vestiti? A uno così non mancano le occasioni, e nemmeno all’altro, quello che ho notato di sfuggita mentre entrava e tirava avanti dopo averle dato la mano per salutarla. Sguardi, anche lì, e una conoscenza che non avrebbe dovuto esistere. Insomma, Chiara è mille e una sola: se è una è mia, ma se è mille il mio teorema di perfetta perdita di controllo, del suo innamoramento cieco crolla e mi si cristallizza ai piedi. Mi sento un cretino.

No, non è così, non ci sono altri uomini e la mia costruzione da fantasia malata non è altro che un tentativo di fuga che mi deresponsabilizza. Voglio chiudere con lei e trovare un motivo, dire a me stesso che non scappo per l’ennesima volta da un sentimento che fa paura. Paura? Sbaglio, non dovevo scrivere che è paura: è consapevolezza. Sono consapevole che la mia vita sia perfetta come l’ho costruita, non ha bisogno di varie ed eventuali e soprattutto di donne cariche di eros e gelosia pronte a scagliarsi sulla quiete dei miei giorni per disintegrarla a morsi. E’ questo il problema, per questo sono venuto qui a camminare e cercare di fotografare i cigni quando si tuffano con il collo nell’acqua per mangiare. Ho incontrato donne fragili, donne un po’ stupide oppure molto intelligenti, donne che hanno truccato il gioco da amore senza crearmi problemi. Mi sono anche innamorato, una volta, ma non aspettatevi che vi parli di lei: è persa nel tempo, cancellata e mai più rivista. Ho sfiorato e preso corpi diversi, a volte bellissimi. E chiuso le sbarre della prigione intorno alla mia ansia per rendere la vita perfetta. Fino a Chiara, che non so come uccidere.

Ci guardano e credono che non ci fermiamo a pensare. Le donne sono convinte che non abbiamo momenti di solitudine in cui vomitare i dubbi e le poche certezze. Sbagliano. La voragine che, con le loro stesse mani, scavano nel dialogo è il frutto della loro voglia eterna, fastidiosa, eccessiva di comprenderci. Se smettessero di indagare e fare domande, se prendessero ciò che diamo senza aspettarsi altro, se fossero capaci di godere dell’istante e portarlo dietro nelle settimane di successivo silenzio capirebbero che la necessità di discutere è solo una lusinga della loro ipertrofica e presuntuosa curiosità. Per stringere la mano e tenerci stretti, per possederci oltre gli incontri di passione e, qualche volta, di amore infilano le dita nel nostro cervello per avere la sensazione della vittoria. Chiara vince su Maria, su Carmela, su Elisabetta. Ma la realtà è che non vince affatto, e mi crea un problema. Il problema della passionalità a due facce, del desidero folle di me che lusinga e crea orrore. Meglio una donna più fredda che conosce il proprio posto e lo tiene con pazienza, accettando che io sia io. E lei un corollario.

Non vedo più le righe, traccio parole ma manca la luce. Il fiume è sparito, intuisco il rumore sferragliante del traghetto con poche persone che attraversano. E’ ora di andare, ho la solita cena con i soliti amici e mia moglie che mi ha già cercato tre volte. Ho avuto il silenzio, e pensato senza trovare un bandolo. Ma ho deciso, davanti a un cigno che si è tuffato con la testa in acqua per mangiare, che non ho voglia di capire.

Perché nei segreti che porto con me non c’è proprio granchè da capire.

Recommended Posts
Showing 5 comments
  • Lorenza Caravelli
    Rispondi

    Il racconto è bellissimo, molto plausibile la ricostruzione dei pensieri maschili. Ma confesso che la vera ragione di questo commento è la voglia insana di scrivere su questo blog moooooooolto esclusivo!

  • Sara Caminati
    Rispondi

    La voragine che, con le loro stesse mani, scavano nel dialogo è il frutto della loro voglia eterna, fastidiosa, eccessiva di comprenderci. Se smettessero di indagare e fare domande, se prendessero ciò che diamo senza aspettarsi altro, se fossero capaci di godere dell’istante e portarlo dietro nelle settimane di successivo silenzio capirebbero che la necessità di discutere è solo una lusinga della loro ipertrofica e presuntuosa curiosità

    Trovo questo passaggio squisito.
    In questo racconto, hai dipinto perfettamente i tratti di quegli uomini che, ogni giorno, ci troviamo sotto gli occhi.

  • MariaGiovanna Luini
    Rispondi

    Insana passione che è venuta anche a me, appena ho capito come fare per i commenti. Sara è ormai anche la mia balia.
    Sono quasi intimidita.

  • Bianca 2007
    Rispondi

    LEGGENDO
    questo racconto con una grappa in mano e con l’orecchio attento ad ascoltare Marino,il mio primo “doppio” commento è stato:”Poveretto lui!” “Poveretta Chiara che ha a che fare con un uomo così incasinato (dentro et fuori).Purtuttavia resta la scrittura scorrevole (abbastanza) perfetta stilisticamente,intrigante quel tanto che basta per inviarre un bacio a MG.Bianca 2007

pingbacks / trackbacks

Leave a Comment

Start typing and press Enter to search