qualche volta mi succede di pensare
Non si parte mai da una premessa, non palesemente. Annoia, è inutile. Eppure lo facciamo spesso, esordiamo con “Premetto che”. Per non sfuggire alla normalità (prima o poi dovrò smettere di essere normale e fingermi unica come gli altri scrittori) premetto anche io qualcosa: premetto che chiedo scusa a Sara Caminati, le avevo detto che avrei inviato a lei i nuovi pezzi per il blog e le avrei chiesto di renderli esteticamente belli per i vostri occhi insieme a una fotografia scelta da me, in modo che non dovesse intervenire dopo per correggere gli errori di impaginazione. Scusa, Sara, questa sera scrivo pensiero a grumi, di getto, e ho bisogno di farlo in questo modo: lancerò nel web le mie considerazioni libere prendendomi responsabilità e conseguenze, senza porre tempo in mezzo.
A volte mi succede di pensare. Pensare sul serio. Ho ricevuto tanti messaggi in queste settimane, ho rallentato la presenza sul blog perché non sono riuscita a trovare l’opportunità di una calma creativa e ho trascurato le risposte a chi mi proponeva argomenti, critiche, riflessioni. Tento di riparare adesso mescolando tutto, offrendo risposte qua e là e buttando in mezzo spunti di pensiero. Per chi li vuole raccogliere.
Sono arrivata a casa da IEO con in testa i limiti, i confini che esistono tra la libertà mia e quella di altri, tra le aspettative mie e quelle di altri. Non solo. Ho prefigurato frasi che mai ho pronunciato per sottolineare altri limiti, quelli tra il mio modo di concepire l’amore, l’affetto, l’amicizia, la complicità e il modo che hanno altri di vivere le medesime relazioni. Tante cose, troppe. Ma i vostri messaggi email spesso puntano l’attenzione sui medesimi limiti, sull’incomunicabilità vera o apparente tra persone che deriva, secondo me, proprio dall’esistenza di limiti e confini.
Andiamo sull’amore, o sulla parvenza giocosa di amore che potrebbe esistere in alcune relazioni: rispondo in questo modo a sette lettere bellissime, e a un mio atavico dubbio. Mi viene in mente una scena piuttosto ovvia e universale: il dialogo tra due potenziali amanti, l’offerta della propria visione di ciò che sarà per scoprire se sia la stessa dell’altro. Capitato a me, capitato senza dubbio a tanti di voi. Quante volte lo stesso desiderio è uguale solo in apparenza?
– Mi aspetto una relazione divertente, intrigante, che non mi opprima e non mi faccia sentire in gabbia.
– Lo stesso, voglio la stessa cosa.
Ho disegnato uno scenario frequente, credo. L’ho fatto di proposito. Perché in poche parole si crede di esprimere una voglia universale e semplificare la realtà. Invece capita che i dettagli creino la differenza. Una relazione divertente, intrigante, libera per qualcuno può essere un incontro saltuario che non ha bisogno di discorsi e contatti in mezzo: il sesso funziona finché è destinato a funzionare, non c’è bisogno di sentirsi o vedersi al di fuori di questo. Legittimo, questa è libertà vera. Però. Siamo sicuri che per l’altro, per l’interlocutore, intrigo, divertimento e libertà siano questo? Se invece avesse voglia di disimpegno con una complicità di racconti, confidenze anche minime, affetto magari non travolgente ma capace di scaldare nel segreto di vite separate? Se volesse che nel quotidiano qualche parola ci fosse, per sentire una presenza distante ma piacevole? Ecco che nasce l’insoddisfazione: il dialogo preliminare non è bastato per creare la relazione, e se la relazione è nata è destinata a cadere in fretta quando chi desidera un legame libero ma affettivo si rende conto che non potrà averlo. O viceversa. Limite, il mio limite è desiderare che un amante sia empatico e presente (quanto? quando? dove? anche in questo troviamo possibili fraintendimenti e distonia), il limite di altri è provare orrore di fronte all’ipotesi di una complicità soffocante, inutile, minacciosa.
Limiti, ancora limiti nell’inimicizia. Vado su sentimenti negativi perché alcune lettere li ricordano o evocano chiaramente, e perché succede anche a me di provarne e soffrirne. Esistono persone che non maneggiano volentieri antipatia, noia, rabbia, odio: trasformano in altro, addirittura in autolesionismo, il desiderio di litigare o fare male all’altro. Ci sono persone, invece, che navigano bene nel mare in tempesta e anzi sono prontissime a saltare barriere per provocare danno diretto e volontario. Chi vive la propria vita accettando di provare gelosia, invidia, rabbia e antipatia spesso ritiene che il mondo sia pronto a imitarlo nel fermarsi di fronte all’ipotesi di provocare un dolore. “Detesto XXX, ma non gli provocherei un dolore, lo stesso farà lui/lei con me”. Per queste persone il destino riserva delusioni e ferite atroci, perché prima o poi si scopre che l’astensione dal danno diretto non è universale, e può capitare che anzi si cerchino i pretesti più biechi per colpire e fare molto male. Che tristezza le tante lettere che, in un modo o nell’altro, parlano di cattiveria, ostacolo, sopruso, violenza e ferite inferte volontariamente! Mi spaventano, ricordano eventi e persone che hanno attraversato la mia vita lasciando una traccia amara. Eppure maturità vorrebbe che si accettasse la fantastica e molteplice espressione della vita, dove non sempre i conti tornano e un fendente può arrivare senza un motivo che si ritenga valido. In più, ho scoperto di recente che anche silenzio e immobilità vengono fraintesi e si trasformano in arma impropria, possono essere letti come vera e propria offesa scatenando reazioni negative. Non assolvo me stessa in questo, non assolvo gli altri. Perché assoluzione non esiste. Certo, la fatica immane di pensare, architettare, agire un danno a carico di altri resterà sempre un motivo per restare ferma.
Altro limite. Altro giro, altro regalo. La strategia. Dobbiamo essere o apparire? Porci nel nostro unico e specialissimo modo di vivere e pensare oppure adottare strategie? Non mi metto neanche a contare le lettere che parlano di strategia di comportamento per fare funzionare un amore, un lavoro, un’amicizia. Ogni volta che ne ricevo una ricordo eventi passati e presenti, mie insicurezze proiettate su altri che, a vario titolo, diventano depositari di verità inesistenti. Poi, e concedetemi qui di citare una persona, si materializza al mio sguardo della memoria il volto di Oliviero, mio amico, che dice:
– Senza dubbi sbagli perché non sai adottare strategie, ma d’altra parte se le adottassi non saresti Giovanna. Vuoi vivere e metterti in relazione agli altri non essendo più Giovanna?
Detto così, il commento (con relativa domanda) incute rispetto, sollievo e forza, e chiama la risposta ovvia.
– No, voglio essere me stessa. E amen.
Ma, a pensarci a fondo, mica è semplice decidere di essere se stessi accettando un carico di fallimenti e insuccessi conseguenti. Andiamo nel banale, rendiamo queste frasi un grumo concreto di ovvio: supponiamo che la strategia mi chieda di tacere a oltranza evitando di chiedere “Come stai?” a una persona di cui mi importa. La strategia vuole che finga di non volere bene, non curarmi di chi sta nei miei pensieri ogni tanto, spesso oppure sempre. Devo tacere e aspettare che lui/lei mi cerchi, e solo allora intuirne lo stato di salute e lo stato dell’umore: chi sa farsi desiderare è abbastanza furbo da reggere e (apparentemente) fregarsene, giocando di astuzia. Ci sono libri e manuali che spiegano cosa NON fare, e sottolineano il fallimento potenziale insito nell’essere gentili, presenti e affettuosi. Però. Si vive davvero giocando su una strategia? Ci si fa amare genuinamente costruendo una maschera da tirare su nei periodi di silenzio? Non ho una risposta, ma la frequenza con cui donne e uomini parlano di strategia efficace mi obbliga a proporre qui l’argomento per una discussione. La domanda fondamentale è: possiamo essere amati per come siamo e non per come ci hanno spiegato di apparire?
– Come stai?
Domanda innocua solo in apparenza. Potrebbe indicare indifferenza mascherata da interesse, affetto, amicizia, sollecitudine, gentilezza, ma anche ossessiva ricerca dell’altro, inopportunità, oppressione. Addirittura un segno tragico di innamoramento non desiderato, per chi proprio non sa rinunciare al delirio a ogni costo. E se invece chiedessi come stai a qualcuno di cui mi importa senza intendere di volerlo inseguire, opprimere, sposare, incastrare all’angolo? Mi alzo la mattina con un umore orrendo, quasi sempre, ma lo scorrere delle ore porta alla mia mente volti e nomi, e di tanti vorrei sapere se stanno bene o male, se posso regalare una parola o un ascolto, o un segno di presenza virtuale o reale. Sto imparando a trattenere l’impulso, ahimè. Sembra di gettare una bomba nucleare nel terrore altrui, perché farlo?
– Come stai?
Reazione:
– Oh santo cielo, questa (questo) vuole opprimere, indagare, vuole esserci a tutti i costi e limitare la mia vita. Un giorno si presenterà a casa mia con la valigia e pretenderà di trasferirsi, di obbligarmi a volerle bene a tutti i costi. Ah, brutto segno, tremenda debolezza! Fuggire, correre lontanissimo. Un come stai non è solo un come stai, è molto altro!
Oppure:
– Mi chiedo come sto, figurati che gliene frega. In realtà desidera il mio album di figurine del calcio anno 1978-1979, completo e rarissimo. Ecco cosa vuole! Le rispondo e sono morto (morta), di certo sogna di circuirmi per una promozione sul campo e un aumento di stipendio.
Siamo certi di volerlo chiedere sul serio? Centelliniamo le parole, ragazzi, che è tanto meglio! Forse.
Il gatto Camillo mi osserva, probabilmente ho capito che, sciolti gli argini dell’astrazione, sto mettendo insieme pacchetti di vite. Scivolo nella retorica e mi scuso, ma questa sera va così.
Non scrivo altro, non adesso, a costo di interrompere bruscamente e irritare la sensibilità di chi sogna finalini morbidi e progressivi. Il fatto è che mi aspetto commenti, e altre lettere (se non volete commentare qui). Perché sapete, qualche volta mi accade di pensare.
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sei unica ed hai la stima di molte persone perchè…sei tu. Un abbraccio. Sara
Cio’ che sogno per te, per chi amo invario modo e’: “ma fottetevi tutti, sono Giovanna e basta”. Ho risposto?
SPIRITOSA E INTRIGANTE COME IL SEGNO “PESCI” DA CUI SEI NATA! Frettolosa io,come potrerbbe fare il mio nobile gatto Omero a una cena ritardata per chiacchere sempre in procinto di finire,,aggiungo al lungo solo una brevità.Vero che l’amore cambia col cambiare delle stagioni ma il fondamento resta per tutte le stagioni.Entusiasmo,gioia,complicità senza troppe parole,affinità elettive e di odori,fiducia assoluta che non chiede perchè sa che può contare sulla reciproca lealtà di scambi senza le ossessioni di un ripetitivo buono per gli adolescenti,(forse) assurdo e noiosissimo per l’adulta relazione che con gli anni ha guadagnato in consapevole umanità compensando ciò che non potrebbe più essere una febbre graduata con mercurio impazzito. di un tempo passato in cavalleria.Personalmente,credo valga molto più il rispetto delle diversità intuite che una pretesa assomigliante a un monopolio mormorato con gli occhi..Mah! L’amore continuerà a rappresentare il più grosso mistero,scandagliarlo è togliergli la semplicità del miracolo incluso nel dono della grazia.Ho voluto lasciarti in segno anche se mi stanno aspettando,ben sapendo di lasciare un casino che è tutto il contrario a una chiarissima concezione di realtà che esclude l’inganno.Un bacio con palato ai misti d’ arrosto e a un rosso barbera.Bianca 2007 P.S.Sorrido alle lettere che ricevi.Quante complicazioni si mettono avanti quando l’amore non c’è
vedo che in molti pensano di conoscere le tue ansie e le tue sicurezze, forse le tue paure, ma tu per me sei camaleontica, e la tua forza e simpatia è il saper cambiare, mutando le stagioni della mente. romantica, sincera, e come dici ultimamente erotica. e poi visto i tuoi trascorsi di coppia credi nella coppia, forse finchè c’è vitalità, sia di intelleto, sia di corpi aggrovigliati, ciao Gino
ah avrei preferito un suo commento a ciò che le scritto, tempo fa nei commenti del poeta
Che classe! Mi viene spesso questo commento quando ti leggo, indipendentemente dall’argomento e dallo stile. Hai una classe unica e immediatamente riconoscibile, senza dubbio invidiata. E concordo con Bianca: il tuo segno dei Pesci è spiritoso e intrigante perché riesci a mascherare un sorrisetto sornione e l’erotismo evidente dietro discorsi che tu stessa definisci retorici (e non lo sono). Un come stai non si nega a nessuno? Si nega, si nega. Negalo, se vuoi ascoltare il mio parere, non perché possa essere frainteso oppure sopra o sottovalutato, ma perché alcuni non lo meritano proprio.
Essere se stessi prescindendo dall’accettazione altrui e verificando sempre che questa fedeltà a ciò che siamo non faccia danni è realmente difficilissimo. Ancor più difficile è arrivare veramente a capire quando siamo veramente noi stessi, senza barare. Parlo per me, naturalmente. Ma quanto mi riconosco nei tuoi interrogativi, Giovanna
Luigi, non ho capito dove avrei dovuto commentare