tratti di notte erotica al di là del muro (a Senigallia)
Ha aperto la finestra e respirato l’aria fredda, le piccole gocce di pioggia troppo leggere per cadere, rarefatte nel cielo basso che le entra nel naso. Ha guardato la spiaggia vuota e la strada, pochi metri oltre il suo balcone, deserta. Sorride. Ha ancora nella testa il ricordo della voce che l’ha tenuta sveglia dopo la presentazione del libro, la voce di donna che verso l’una di notte si è messa a urlare.
Ha aperto la porta della stanza e trascinato dentro la valigia, l’ha sollevata sul trespolo di legno e aperta per togliere la schiuma da bagno, il dentifricio e la camicia da notte di seta, corta e leggera; con tutto in mano, è andata in bagno e si è persa sotto la doccia. C’era il silenzio, oltre lo scrosciare dell’acqua, tanto silenzio da farle sognare il sonno, le lenzuola bianche pulite e un cuscino ignoto sotto la testa. Ci ha messo un po’, a liberarsi della voglia di acqua sul corpo, e della schiuma densa profumata che si è spalmata addosso. Le piace sentire le gocce battere sulla pelle, le piace quando mani grandi e esperte esplorano, lavano, solleticano ogni piega di lei. Le ha ricordate, le mani scivolose di schiuma, troppo stanca per concentrarsi ma abbastanza viva da desiderarle ancora. Ha sentito i morsi sul collo e il corpo tonico e giovane che le si piega addosso, quando non è sola. Poi ha chiuso il getto, è uscita cercando il tappetino bianco morbido con i piedi, si è asciugata, ha infilato la camicia da notte con la solita goccia di profumo dietro un orecchio. Ed è saltata sul letto, buttando la testa sul copriletto e chiudendo gli occhi.
Il viaggio in treno, le parole dette e ascoltate, la cena con l’amico poeta e le confidenze l’hanno liberata. Aria, aria pura di libri e viaggi, come piace a lei. Potrà dormire, adesso, può farlo perché si sveglierà alle cinque e manderà avanti il romanzo, la storia grossa pesante intensa che le viene fuori dalle mani. Ha pensato questo, mentre cercava il torpore. Ha spostato le lenzuola e si è infilata sotto, ha spento la luce. Per un attimo, ha benedetto il cielo freddo e le nuvole cariche di pioggia che desertificano il lungomare. Poi ha creduto di dormire.
La voce è arrivata quando gli occhi erano chiusi e le mani giunte di lato, sotto la guancia, sotto il cuscino. La camicia da notte liscia accarezzava il corpo convinto a dimenticare, a rimandare il desiderio dei tocchi lievi e dei baci umidi di voglia. Ma la voce, la voce ha rotto l’oblio. All’inizio ha pensato che non fosse vera, ha creduto a un sogno o un desiderio proiettato in una sensazione delirante. Zitta, ha acuito i sensi. E l’ha sentita di nuovo. Una donna urlava a tratti ritmici, ansimava e chiamava un nome che non riusciva a capire. Godeva, la donna, in una stanza vicina alla sua.
– Ma senti.
Ha sussurrato, e si è tirata su. Ha acceso la luce e preso il taccuino per scrivere, senza sapere perché. Le pareti rimbalzavano di gemiti e grida, vere e proprie grida sempre più veloci e acute, incuranti dell’albergo e degli ospiti e del sonno. Alte, poi ferme, poi di nuovo vive e piene, in un orgasmo sempre più vicino. Ha immaginato la donna, e l’uomo su di lei. O sotto, o di lato. Li ha immaginati insieme, e il volto di lei sciolto, contratto, trasfigurato dai gesti e dall’odore del desiderio che sicuramente impregnava la stanza.
Si è messa a ridere, la mano destra si è mossa sul foglio e ha scritto qualcosa. Ha visto i tratti blu sul bianco della carta, ha sentito, vissuto, bevuto le grida ormai continue, forti, assolute. E l’orgasmo, finalmente, l’ululato lungo, quasi un dolore incapace di fermarsi, un canto di sirena libera stracciata dalle onde. Fino al silenzio, dopo. E la voglia di dormire andata via, e la scrittura sbloccata fino alle cinque del mattino. Fino a non addormentarsi più.
Pensa a questo, con gli occhi tuffati nel mare. Ha scambiato qualche sms con un amico, gli ha raccontato la notte e i rumori, ha scherzato con lui su chi fosse la donna, quando era seduta nella sala della prima colazione. L’ha vista, ne è sicura: stanca, china su un giornale, placata dal riposo. Per un attimo le ha sorriso, ha detto buongiorno all’uomo che le accarezzava la mano. La luce negli occhi, quella che l’amico le ha suggerito di cercare per essere certo di riconoscerla, ha brillato nei residui del sonno, solo per lei.
Guarda il mare, e la rotonda. L’acqua grigia si confonde con le nuvole dense, di carne soffice da mangiare.
E’ felice. Ha scritto la vita, grazie alle grida di una donna al di là del muro.
Ottimo ritmo. Ottimo profumo di schiuma sul corpo.
mi hai fatto venire in mente una situazione molto simile che mi è cpaitata a parigi con il mio fidanzato. anche noi ci stavamo “divertendo” ma la coppia vicino a noi sembrava – decisamente – “divertirsi” molto di più. la mattina dopo non potevamo credere ai nostri occhi. i protagonisti delle urla erano due francesi bianche e rossi e all’apparenza mollicci. soprattutto lui aveva delle mani che facevano ribrezzo…
incantevole
bellissima immagine, bellissimi suoni!
Ciao mg!
BELLO!
La donna amata e appagata è così.”Luce nei residui di sonno”.Bianca 2007
Eh, gia’
GF,
che fai?…Sfotti?…Provochi?…O sei in nuvola di nostalgia rabbiosa?…Fra poco cenerò.Brindisi per TUTTI e un inno alla vita!Sempre.Malgradotuttoeciononostante. Bianca 2007
ma che dire, forse la cosa più eccitante, è, ascoltare far l’amore, e se sei circondata dal buio, puoi immaginare di tutto, si la sensazione di vita in quel momento è fatta di stati emotivi di diverso significato, ma così diversi e intensi, che nell’insieme ti divertono, ti eccitano, e ti fanno venir voglia di essere così, stranamente presente, ma così estranea alla scena. complimenti una canzone al vecchio Baglioni, dove previlegiave la scena alla canzone, tipo ragazza di campagna
ascoltare evoca sensazioni, ricordi e desideri
diverte, anche, scatena l’ironia oppure, se il momento della vita è triste, nostalgica malinconia