Nemesi di un destino qualsiasi – Capitolo 1 – LIDIA
Lo guardò. Aveva ombre scure intorno agli occhi. Si appoggiava con i gomiti alle ginocchia e con le dita spezzava una foglia secca presa chissà dove, lasciando cadere briciole sul pavimento.
– Stai attento, siamo in ospedale.
Non riuscì a evitarlo: parlò senza convinzione, fissando i frammenti di foglia sul linoleum chiaro.
– Me ne frego.
Rispose Luca, accartocciando ciò che restava della foglia e scagliandolo in un angolo.
Non poté dire altro: seguì i passi di un’infermiera che attraversò il corridoio fingendo di non accorgersi di loro.
– Le chiedo notizie.
– Lascia perdere, dobbiamo aspettare.
Gli afferrò una mano e la sentì fredda, senza vita.
– Luca, ci vorrà ancora tempo. L’intervento è iniziato da poco.
– Era tranquilla?
– Sì, le hanno dato qualcosa quando l’hanno svegliata. L’ho accompagnata all’ingresso della sala operatoria.
– Era sveglia?
– Sì, camminava. Un’infermiera la teneva allegra. Mi ha baciata e ha chiesto di te.
Luca alzò gli occhi.
– Cosa ha detto?
– Ha chiesto: sei sicura che papà stia tornando? Le ho risposto che ti avrebbe trovato qui ad aspettarla.
– Hai fatto bene. Quel dannato volo non finiva più. Quando hai chiamato ho lasciato tutto in albergo, sono andato di corsa all’aeroporto.
– Come farai con la valigia?
La guardò stringendo le palpebre.
– Me la spediscono, ho lasciato i soldi. Ma come cazzo è possibile che non ci siamo accorti?
Scosse la testa.
– Non so. Si è nascosta per mesi e il tumore è diventato grosso in fretta.
Luca nascose il viso tra le mani, poi sollevò la testa per fissarla di nuovo.
– Clara ha vent’anni! Come può essere?
– La dottoressa ha detto che è un caso rarissimo. Un sarcoma del seno rapidissimo. Clara può averlo nascosto per mesi, non di più. Aveva paura, credo.
– Ma Lidia, io sono uno psichiatra e tu una psicoterapeuta! Dove eravamo quando lei nascondeva un cancro che le ha mangiato un seno e parte del torace?
Si appoggiò allo schienale alzando lo sguardo al soffitto.
– Eravamo in giro per lavoro, a casa, in vacanza in montagna. Alle feste di famiglia o sul divano a leggere. Non è importante adesso. Non ci siamo accorti, prima o poi affronteremo la cosa. Concentriamoci su di lei e basta. L’importante è aiutare Clara.
– Come mai l’hai portata qui?
– Non so. Mi è venuto spontaneo. La chirurga è una mia paziente.
Le afferrò una spalla e strinse.
– Hai portato qui nostra figlia senza riflettere?
Lo spinse via.
– Questo istituto è il massimo per l’oncologia, la mia paziente è un eccellente chirurgo.
Sospirò.
– Scusa. Dimmi di lei. Non so neanche come si chiama.
– Laura Viti. E’ sui quaranta, ha lavorato all’estero poi è venuta qui.
Luca restò a fissarla con gli occhi spalancati.
– Laura Viti?
Notò il suo pallore. La bocca tremava impercettibilmente, le mani strette a pugno avevano le nocche bianche.
– La conosci?
Attese a lungo, poi Luca mormorò:
– No. Non la conosco. Ti ha detto che mi conosce?
Esitazione. Paura. Incertezza. Tormentava la tasca dei pantaloni con le dita e la guardava come se aspettasse una risposta decisiva. Mentiva: doveva conoscerla per forza, la palese bugia era come un soffio gelido che la colpiva in volto e penetrava gli occhi.
– Sicuro che non la conosci? Lei di te non ha detto niente, forse non abbiamo neanche parlato di te. Non so. Non so più niente.
– Non la conosco ho detto, ma quando finisce questo intervento?
Si alzò, fece qualche passo con gli occhi di Lidia sulla schiena. L’ansia si era trasformata: era tensione strana e pesante, un silenzio denso di dubbio.
– Luca.
Lo chiamò, perché si sedesse e ritrovasse la calma.
Un fruscio leggero accompagnò l’apertura della porta, Laura Viti uscì e si diresse verso di lei, con una divisa verde e un camice bianco.
– Signora Conti.
Scattò in piedi, intravedendo i passi di Luca per raggiungerle.
– Come è andata?
Percepì i dettagli, amplificandoli nell’attesa della voce di Laura. L’aveva chiamata “signora”. Per anni era stata la “dottoressa”, la sua analista: quell’intervento aveva sconvolto l’ordine della vita e il rapporto tra loro. La malattia aveva intaccato la fiducia di Laura in lei come terapeuta, ne era sicura. Notò che Luca si era fermato alle sue spalle.
– Il sarcoma aveva infiltrato la parete toracica, ho dovuto toglierne una parte e mettere una rete, poi il chirurgo plastico ha chiuso la ferita con un lembo di muscolo dorsale. Era un tumore molto esteso ma l’ho tolto tutto.
Sentì la propria voce uscire da qualche parte. Non poteva focalizzare l’immagine della figlia operata dalle mani di Laura, l’attenzione fuggiva qua e là senza fermarsi su ciò che doveva essere importante.
– Può guarire?
Laura tacque un istante, poi disse:
– Dottoressa, Lidia, faremo il possibile ma il sarcoma è difficile da curare quando è così aggressivo.
Vide Luca aprire la bocca per parlare, poi chiuderla di nuovo con una smorfia.
– Non c’è qualcuno con lei? Il padre di Clara?
Le accarezzò un gomito, imbarazzata.
La voce di Luca finalmente si fece sentire.
– Sono io il padre di Clara.
Morbido, sommesso. Colpevole. Sembrava una confessione, l’ammissione di una colpa o di un dolore fino a quel momento nascosto. Il viso di Laura fu immobile per qualche istante, come se la mente facesse fatica a capire, ad adattarsi in fretta a una sorpresa tanto traumatica da risultare orribile, poi si trasformò prima ancora che vedesse l’uomo dietro di lei. Luca le andò vicino e porse la mano, parlò in fretta.
– Piacere, Luca Conti.
Vide che Luca la fissava, percepì la stretta di mano troppo lunga per essere normale e il respiro di Laura interrotto per alcuni secondi. Si conoscevano, ma fingevano di incontrarsi per la prima volta. O almeno lui fingeva, mentre lei tentava disperatamente di reagire.
– La… Laura Viti.
Il pensiero si mise a correre, le sedute di psicanalisi di Laura furono sequenze implacabili nella sua testa. Luca. L’amante di Laura, l’uomo che da mesi ne riempiva i discorsi. L’uomo del sesso e delle lunghe lettere d’amore, dei viaggi e dei litigi tumultuosi. L’uomo sposato che Laura amava.
Luca. Suo marito.
Così realistico e appassionante, ho letto ogni riga con grande interesse e attendendo la successiva con impazienza! Che dire? Mi piace davvero,complimenti Maria Giovanna!
conosco questo romanzo a puntate eppure lo rileggo ogni volta e mi appassiono, sogno di vederlo ampliato e messo su carta da un editore