Nemesi di un destino qualsiasi – Capitolo 3 – LIDIA
Le tende abbassate per il riposo di Clara lasciavano entrare pochissima luce, che filtrava a stretti fili polverosi che si intersecavano in mezzo alla stanza. Luca sedeva su un divano basso, i gomiti sulle ginocchia e lo sguardo fisso sulla figlia che dormiva. Con le dita spezzava un foglio bianco, lasciando cadere coriandoli piccoli sul pavimento; li allontanava con un piede, nascondendoli sotto il comodino di ferro.
– Smetti di fare così.
– Perché?
– Non sei a casa tua, qualcuno dovrà raccogliere quella carta. Siamo in ospedale, ricordi? E mi rendi nervosa. Le tue nevrosi non aiutano.
Non commentò. Alzò le spalle e fissò Clara, poi la indicò con un mano.
– Cosa saranno tutti quei tubi?
Gli rispose lentamente, come se i dettagli fossero inutili in un pensiero più profondo e totale che le scavava la mente.
– Drenaggi. Laura ha detto che servono nei primi giorni, per evitare che si formino ematomi. Portano fuori il sangue. Li controllano ogni ora, forse vogliono vedere quanto sangue perde. E c’è il catetere, sotto il letto.
Lo sentì sospirare.
– Già. Ovvio. Ero un medico, una volta. Ma non riesco a ragionare.
– Neanche io.
– Pensi che dorma?
– Sì. Sono sicura, sta dormendo. La conosco. Questo è il suo sonno.
“La mia bambina dorme così, da quando era piccola”, pensò, ma dovette deviare la mente su qualcosa di diverso. Immaginò subito un muro bianco a bloccarle le emozioni. Se si fosse fermata sulla consapevolezza di avere di fronte l’unica figlia, devastata e piena di tubi, non avrebbe potuto continuare a respirare. Doveva parlare d’altro.
– Luca.
– Dimmi.
– Guardami per favore.
Cercò i suoi occhi stanchi che non dormivano da quasi tre giorni, modulò il tono della voce per non svegliare Clara.
– A quanto pare negli ultimi tempi non ho trascurato solo la malattia di mia figlia. Ho anche rifiutato per mesi di accorgermi di un’altra cosa.
Poté solo immaginare le sopracciglia piegarsi in giù.
– A cosa ti riferisci?
– Lo sai. A Laura. Alle vostre acrobazie erotiche. Me le ha raccontate. Non ho mai sospettato che il suo amante fossi tu, non mi è mai passato per la mente nonostante gli indizi fossero chiari, e ora mi chiedo perché. Forse rifiutavo l’idea. Il suo Luca sei tu, vero? Non mentire perché ne sono sicurissima.
– Oh dio Lidia, che stronzata. Non è vero!
– Certo che è vero. Mi offende che tu riesca a negare. Ho visto il suo sguardo quando ti sei presentato, si è trattenuta a stento e ha dissimulato malissimo quando ha capito cosa stava succedendo. Ho visto te, ti conosco e so che hai tentato di salvarti fingendo di incontrarla per la prima volta e sperando che reggesse il tuo gioco. Non ho capito subito quale fosse il vostro rapporto, ma adesso ho ricostruito tutto: racconti, confidenze, fatti. Tutto. Sei il suo amante, non l’avevo mai capito.
– Ti sembra il momento? Davanti a Clara?
– Clara dorme, è sedata, non può sentire. E sto parlando piano. Ammetti, sei il suo amante.
– Lidia, per favore. Non siamo certi che Clara sia totalmente incosciente. Questi casini sono nostri, non suoi. Non vorrai darle anche questo peso.
– Non sente, e tu non scappare dalle mie domande altrimenti alzo la voce.
– Smetti! Cazzo, non ti riconosco! Esiste un’altra priorità, che è Clara! Solo Clara, hai capito? Parli di cose totalmente irrilevanti, sei completamente fuori luogo, lo capisci?
– Saranno irrilevanti per te, forse. Per me no. Sei il suo amante e dormi da lei quando dici che resti in città. Avete anche viaggiato insieme. Mi tradisci da un sacco di tempo.
– Non adesso, Lidia.
– Certo, non adesso. Non adesso, non domani e neanche dopodomani. Sii sincero, almeno davanti a tua figlia che sta male. Mi basta un sì. Oppure un no, se trovi il coraggio di mentire anche qui.
Il silenzio scese come nebbia. Il respiro regolare di Clara riempiva i muri insieme al bip ritmico della pompa attaccata al suo braccio destro.
– Luca, rispondi.
Silenzio, ancora. Luca restò fermo con un’espressione difficile da interpretare, poi fu scosso da tremiti lievi e mosse le gambe in avanti.
– Accidenti, un crampo.
Si spostò in avanti stringendo il polpaccio destro con le mani. Lidia attese che le smorfie di dolore si attenuassero e insistette.
– Allora, Luca.
– Mi fa malissimo, la gamba fa male.
– Luca, rispondi!
La sua voce esplose, rabbiosa.
– Sì. Cazzo, sì! Sono io! Sei contenta adesso? E’ vero, sono io!
Chiuse gli occhi per permettere alla certezza di entrarle dentro, la sentì graffiare e scendere al viso, al collo, al petto. Crudele, assoluta. Come per fermarle il cuore. L’addome si contrasse, le cosce si strinsero, ebbe dolore alle gambe.
– Lidia, mi dispiace.
Sentì dire, lottando contro il dolore che le devastava il respiro. Dimenticò la stanza e il letto e i tubi che penetravano nel corpo straziato di Clara, ricordò l’ultima notte prima della partenza di Luca per gli Stati Uniti. L’amore lento, affettuoso, sensuale che aveva ricevuto da lui. Come sempre, da tanti anni.
– Come puoi.
– Vi amo tutte e due.
La sua voce arrivava appena, ma a lei sembrò un tuono, uno schiaffo improvviso.
– La ami.
Un’eternità di silenzio, di nuovo. Poi:
– Sì.
E il bip della pompa che dava i farmaci a Clara.
Pensò che fosse strano soffrire tanto. Avrebbe dovuto concentrarsi solo sul dramma di sua figlia, eppure non poteva uscire dal dolore per il tradimento di Luca. Forse perché ne conosceva i dettagli: i racconti di Laura durante le sedute di analisi erano stati chiarissimi, e la passione, l’erotismo erano stati descritti fino all’ossessione.
– Pare che tu abbia una propensione particolare per il tappeto davanti al camino, e per il burro. Non ti facevo fissato con la sodomia, anche se qualche volta non hai disdegnato certe pratiche con me.
– Lidia, dai. Per favore.
– So cosa fate.
Controllò con lo sguardo che Clara dormisse.
– Lo so amore, o almeno lo immagino. Mi dispiace. Ma faccio tante cose anche con te, e lei non lo sa. Sono cose solo nostre.
– Alludevo a…
Non riuscì a continuare. La presenza addormentata di Clara la imbarazzava. Luca capì.
– A come faccio sesso con lei, d’accordo. Lo faccio anche con te.
– Non è lo stesso.
– Il sesso non è mai uguale. Con lei è diverso che con te, e viceversa. Perché tu non sei lei, il rapporto è differente.
– Sei un bastardo.
– Può darsi. Ma ti amo.
– Ami anche lei. E il sesso è molto più interessante con lei.
– Abbassa la voce, è da pazzi parlare di questa cosa qui, adesso.
– La ami.
– Sì. Non lascerei mai nessuna delle due, se vuoi chiedermelo.
Lo fissò, percependone la figura nella penombra.
– Neanche per Clara?
La sua voce scese di un tono.
– Questo è un colpo basso, non è da te. Nostra figlia non c’entra. E’ malata, adulta e non deve entrare nel nostro rapporto in questo modo. Non puoi chiedermi di lasciare Laura per amore di nostra figlia, è folle, contrario a tutto ciò che sai di me e di te, contrario perfino alla tua professionalità! Cerca di ritornare lucida, stai facendo discorsi fuori luogo. Dobbiamo pensare a Clara.
– Non sono un’analista adesso. Sono tua moglie.
– E io tuo marito, questo non cambierà. Niente cambierà, sei una donna intelligente e presto capirai che Laura non minaccia il nostro matrimonio, specialmente adesso che abbiamo la malattia di Clara da combattere insieme. Sicura che dorma?
– Sì. Dorme. Non cercare scuse per evitare il discorso.
Si rese conto di perdere il controllo. Strinse le mani sulle ginocchia.
– Non evito il discorso, lo metto al posto che gli spetta. Dopo, molto dopo la salute di Clara. E ti ricordo che Laura ha operato tua figlia in un intervento durato ore, ed è una tua paziente.
– Lo è stata. Non la voglio più nel mio studio!
– Sì, ovvio che il tuo rapporto analitico con lei sia finito. Ma non può essere finita la stima. E neanche il bisogno che Clara ha di lei. E’ il medico di nostra figlia!
Lo interruppe. Si alzò e lo raggiunse, sussurrandogli nell’orecchio:
– Non la vuoi lasciare perché la ami, perché te lo succhia quando ne hai voglia oppure perché sta aiutando tua figlia?
La spostò bruscamente e andò verso la porta.
– Stronza!
Disse prima di uscire.
Quando fu sola con Clara, Lidia accettò le lacrime. Le teneva da giorni, le aveva mangiate e rimosse per restare madre e moglie e analista, ma non poteva più fingere. Sapeva bene che il dolore era solo parzialmente dovuto al tradimento di Luca con Laura, probabilmente le lacrime vere per quella storia di sesso banale quanto ogni altra erano un decimo di quelle che stava versando, ma aveva bisogno di pensare a qualcosa di diverso dal cancro di Clara. Essere una moglie tradita era più facile, più accettabile; non voleva, non poteva essere una madre che perdeva la figlia. Era Luca a farla soffrire, solo lui, e la puttana bugiarda e stupida di Laura. Che non aveva mai saputo tenersi un uomo. Che aveva tolto il tumore dal petto di Clara.
Pianse guardando i tubi dentro Clara, e la pompa che faceva bip. Non trattenne i singhiozzi, seguendo con gli occhi il sollevarsi regolare del torace di sua figlia.
All’improvviso non le restava più niente: Clara rischiava di morire e Luca amava una donna più giovane di lei, rifiutando di lasciarla. Al punto in cui era poteva anche permettersi di piangere.
forse questa scena mi lascia tante di quelle considerazioni che non so dove finisca la voglia di combattere. Tutti noi abbiamo modo di soffrire, è solo la mente che decide ciò ch’è meglio, combattere, e ci lascia la scelta, di prendere ciò che temiamo di meno. In questo caso , meglio essere tradita, che pensare di perdere, la propria figlia, anche perchè ognuno di noi è consapevole che essere traditi fa parte della coppia, ma perdere definitivamente, o venire strappati dal proprio figlio, è qualcosa che non poteva essre messo in conto.