rintocchi eterni

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Toglie il trucco e posa il cotone bianco striato di colore sul bordo del lavabo. L’odore del roast-beef riempie il corridoio, arriva fino al bagno e le fa venire voglia di mangiare. Lascia gli occhi nello specchio, il viso più sottile e gli occhi umidi e lucidi di pensiero la fissano girando sull’ovale che sembra non avere contorni. Sa che fuori nevica, ascolta il rumore ovattato del niente e il frastuono del trattore che, con una pala meccanica, lascia cumuli sporchi sui fianchi delle automobili parcheggiate. Pensa che farà fatica a uscire, domani, dovrà accelerare per oltrepassare piccole montagne ghiacciate e affondare con un tonfo nelle pozzanghere marroni di sporcizia.

Da quando ha quasi quarant’anni le capitano giornate da rimbalzare nello specchio. Ha avuto se stessa e parole vere, ricorda il lento cadere di ricordi immediati e sensazioni storte. La stanza con la luce fioca e l’uomo vecchio seduto al centro, abbandonato indietro con le palpebre strette a fissare le donne che, mute, lo ascoltavano. “La morte dà gioia, non deve fare paura. Prima di nascere non provavamo niente, eravamo niente. Eravamo spermatozoi e uova e fluidi inconsistenti, ritorneremo nel limbo dell’assenza di pensiero e non avremo più le preoccupazioni dei giorni e delle voci che ci rimbalzano addosso facendo troppo male”.

Si è affacciata a quella stanza, ha unito il proprio volto ai volti delle altre, che, leggere e imbarazzate, lanciavano scaramantiche battute per allontanare lo spettro reso carne. “Cosa dice? La morte è gioia? Che tristezza, non è vero”. L’ha guardata, il vecchio appoggiato indietro con le palpebre strette, e nel pallore della penombra riscaldata ha fermato le pupille su di lei. “La morte è gioia, pensaci. Non serve avere paura”. La sua bocca si è aperta e i denti, la lingua, la saliva hanno tirato fuori pagine di segreti che non ha mai osato esprimere. “Non è la mia morte a fare paura, ma quella degli altri. Ho paura della loro morte, dell’assenza che verrà dopo”. L’uomo ha chinato la testa due volte, annuendo serio. “Questo è un altro discorso. La morte degli altri provoca dolore. E’ come se ci portassero via i giocattoli, è la mancanza di qualcosa. La morte degli altri è dolore perché legata a…”. E non ha finito. Le frasi sono rimaste sospese nella penombra riscaldata, le altre donne ascoltavano senza dire niente. “All’amore”. Ha completato la frase del vecchio solo con la testa. L’amore. Dolore e amore, erano le condense spesse sui vetri trasparenti del pensiero dell’uomo vecchio che crede alla genetica e al DNA, erano i sentimenti che non si potevano evocare.

Appoggia una mano sulla guancia, la preme appena. Lo specchio è fermo, il volto anche. Ha fatto molte cose, dopo. E’ uscita con la smart che scivolava nella neve, ha comprato cose che servivano senza notare la gente intorno, si è messa in coda chiedendosi il motivo della rabbia. La fornace orrenda che l’uomo ha aperto assomigliava a una solitudine senza sbocchi, ha trascinato volti e voci e abbandoni solo apparenti in un grumo di ineluttabile tristezza.

“E’ stato un testamento”. Pensa. Ha visto un filosofo da libro per le scuole dettare le ultime impressioni. “Non ho paura della morte, la morte dà gioia”. Non ci crede, non accetta che siano parole vere. La necessità crea menzogna, ha vissuto istanti eterni che niente cancellerà dalla memoria.

L’odore del roast-beef ha riempito il bagno. Deve muovere le gambe e aprire una finestra, detesta vivere in una casa con l’odore di cucina. Il telefono emette suoni a scatti, qualcuno ha mandato un messaggio. Immagina chi sia, o forse no. Ha parlato con amici e mostrato la fragilità, per la prima volta ha ammesso di avere paura. Di restare sola. Ha ammesso di amare, anche, e di avere bisogno di presenza. Tutto dopo, dopo il discorso del vecchio che si è reso eterno nella mente delle donne che l’hanno ascoltato pietrificate nella certezza di vivere un’epoca da enciclopedia. Avrebbe voluto raccontare quelle parole che le hanno aperto ferite e intuito della fine, ha avuto la tentazione di mandare un messaggio dei suoi, lungo e con la punteggiatura speciale, a chi è passione. Non l’ha fatto, ha punito il suo silenzio senza condividere.

Lo specchio è fermo, il volto anche. Ha decisioni da prendere e una sinossi da scrivere. Sulla scrivania si accumulano carte intorno a un cd con la musica che l’ha fatta stridere di gioia. Domani affronterà la neve e raggiungerà un’amica.

E.

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Comments
  • Silvia

    Bello. Tremendo. E vero.

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