nemesi di un destino qualsiasi – Capitolo 6 – LAURA
Controllò i drenaggi e scrisse qualcosa sul diario medico.
-Possiamo toglierli? Mi fanno impressione.
Chiese Clara. Le accarezzò una guancia.
– Per oggi li lasciamo dove sono, dobbiamo aspettare che nelle sacche ci sia poco sangue. Cosa ti impressiona esattamente?
– Il fatto di avere tubi che escono dal mio corpo. O entrano, se preferisce. Non è la stessa cosa, ma mi fa orrore sia l’idea che entrino sia il fatto che escano da me.
“Le stesse espressioni che userebbe Luca”, pensò sorridendo.
– Li toglieremo domani, te lo prometto. Sono tubi preziosi, portano fuori, lì in quelle sacche sotto il letto, il sangue che perdi. In questo modo non si formano raccolte di sangue dentro il tuo corpo.
– Lo so, me l’ha spiegato l’infermiere ieri. Mi fa impressione lo stesso.
– Va bene, li toglieremo. Hai dolore?
– Un po’. Mi fa male dove lei ha operato, e faccio fatica a muovere il braccio.
– Prova ad alzarlo, dai. Ti aiuto.
Posò il palmo sotto il suo gomito e spinse dolcemente.
-Dai, brava, ancora un po’.
Clara riuscì a portare il braccio sopra la testa con una smorfia.
– Ti fa male?
– Veramente no. Mi tira tutto.
– Sei stata molto brava. Tirano le medicazioni e un po’ i punti, ma ricorda che devi muoverti. E’ una sensazione sgradevole ma non pericolosa, non esiste rischio. Il movimento non provoca danno, anzi è molto prezioso per te. Gradualmente devi ritornare a una vita normale, la fisioterapista ti aiuterà.
– E’ venuta questa mattina, ha tentato di spiegarmi alcune cose e ha lasciato un libretto, ma le ho chiesto di andare via.
– Perché?
– Non ero sicura che lei fosse d’accordo, dottoressa. Non permetto che mi facciano niente se non è lei a dirlo.
Sedette sul bordo del letto.
-Clara, se entra qualcuno del personale di questo ospedale e ti propone un esame o una terapia significa che sono d’accordo. Fidati, è per la tua guarigione. Vogliamo accompagnarti gradualmente ma rapidamente al momento della dimissione, al tuo ritorno a casa.
– Va bene, dottoressa.
Le strinse la mano. “Come ho potuto ignorare i suoi occhi?”, pensò, mentre Clara raccontava la sua prima passeggiata in corridoio con l’infermiera. Aveva gli stessi occhi di Luca: torbidi, profondi, scuri. Sembravano pozzi con una luce strana sul fondo. Il sorriso li illuminava ma non riusciva a chiarirne il mistero. E la voce era sicura, senza toni troppo alti o troppo bassi, con un fluire morbido ma deciso anche quando sembrava chiedere cose per lei ignote.
-Posso entrare?
La voce di Lidia interruppe il racconto di Clara.
-Ciao, mamma!
Laura si alzò e tese la mano.
-Buongiorno, ha dormito?
Sentì la stretta rapida, fredda, la immaginò cattiva.
-Sì, finalmente ho dormito. Ciao, amore.
Lidia baciò la figlia sulla fronte e le sedette accanto.
– Come stai?
– Chiedilo alla dottoressa.
Percepì la fatica di Lidia: spostò gli occhi su di lei come se le costasse uno sforzo eccessivo.
– Le ferite vanno molto bene, il contenuto dei drenaggi è diminuito e penso che domani potremo toglierli. Non ha avuto febbre, ha camminato un po’ con l’infermiera. Le ho spiegato che può muovere il braccio e che farà fisioterapia per recuperare in fretta e ritornare a casa.
Il sorriso di Lidia fu poco spontaneo.
– Sono molto felice. Brava Clara!
“Forse sta prendendo coscienza della diagnosi di tumore”. La stupiva il tono della voce, forse la lieve ma percettibile esitazione di Lidia, la sua scarsa spontaneità erano il segno del trauma per ciò che stava accadendo, o forse erano la conseguenza della sua presenza nella stanza. Forse non avrebbe voluto trovare lei accanto alla figlia. “Inutile che me lo chieda, non potrò mai saperlo”.
– Dovrò fare terapie quando uscirò dall’ospedale?
Chiese Clara.
– Non lo sappiamo ancora. Quando l’esame istologico sarà pronto ci sarà una riunione con i colleghi di oncologia medica e radioterapia e decideremo cosa fare.
-Ma era maligno?
Lidia chiuse gli occhi per qualche secondo, afferrò la mano della figlia.
– Clara, l’esame istologico non è pronto!
– Balle! Se è maligno la dottoressa lo sa, sono sicura. Vero?
Guardò Laura, che di nuovo le sedette accanto.
– Sì, Clara. Lo so.
– Permesso.
Luca entrò, attirando gli sguardi.
– Ehi, tutte riunite qui. C’è una festa?
Andò a baciare la figlia e strinse le spalle alla moglie, poi salutò Laura.
– Ciao Laura.
– Vi date del tu?
Chiese Clara, stupita.
-Sì tesoro, quando ho incontrato la tua dottoressa fuori dalla sala operatoria ho scoperto che la conosco. E’ una mia amica.
– Bene! Così anche io posso darle del tu.
Laura rise.
-Certo che puoi!
Lidia li interruppe bruscamente.
– Luca, stavamo parlando dell’esame istologico. Laura stava dicendo a Clara che sa già se la massa fosse maligna oppure no.
Uno schiaffo. E una richiesta d’aiuto. Lidia aveva parlato piena di rabbia, voleva che Luca la considerasse crudele o inopportuna per il discorso appena abbozzato sulla diagnosi. Chiedeva che la fermasse, magari odiandola quanto in quel momento la odiava lei. Luca fissò a lungo la moglie, gli occhi scuri fiammeggiavano parole note solo a loro.
– E’ giusto che Clara sappia quale malattia le sia stata tolta. E’ sana adesso, conoscere la situazione la aiuterà. Sono arrivato in tempo. E’ un argomento importante per tutti noi.
Scandì lentamente ogni sillaba e Laura percepì la minaccia per Lidia. Non aveva mai visto Luca arrabbiarsi, anche se i giorni di silenzio e di “tempestosa quiete” le erano noti: a volte trascorreva ore solitarie nel giardino di casa sua, o sul divano con i libri o le dispense delle lezioni, per cercarla solo ogni tanto e travolgerla in un sesso urgente e senza parole. Quasi volesse sfogare su di lei, dentro di lei, un demone che lo divorava. Non si era mai arrabbiato, però. Quelle parole pronunciate ad alta voce, lentamente, con le pupille inchiodate su Lidia sembravano un codice comprensibile solo a loro. Una specie di allarme per fermare Lidia.
Provò fastidio. Nonostante la palese rabbia di Luca, quello scambio con la moglie era stato intimo, segno di un legame che andava molto oltre la sua relazione con lui. Un legame che non avrebbe mai voluto vedere. “Papà e mamma”. Il pensiero la colpì. Lei era stata la sua analista, lui l’uomo che da mesi incarnava l’amore, la confidenza, la paternità. Erano marito e moglie. Papà. Mamma. Famiglia. In qualche modo il suo infilarsi tra loro era un incesto.
– Laura, sei sveglia?
Clara le scosse un ginocchio ridendo.
Arrossì.
– Scusami, ero persa da qualche parte.
– L’ho notato. Continua, ti ascoltiamo. Dimmi del mio tumore.
“Il mio tumore”. Non era la prima volta che una paziente molto giovane affrontava la malattia usando senza apparente terrore la parola giusta. Tumore. Guardò Luca, che sorrise solo con gli occhi e, con un movimento appena accennato della testa, la incitò a parlare.
– Clara, la malattia si chiamava sarcoma. E’ rara, soprattutto alla tua età. In effetti è un tumore maligno, ma è stato tolto completamente dall’intervento chirurgico. Al momento sei sana, non hai più tumore. Gli esami che ti abbiamo fatto dicono che nel tuo corpo non c’è traccia di malattia.
– Sono guarita completamente? Per sempre?
Scosse la testa.
– Ciò che non sappiamo con certezza è se questo tumore sia destinato a ritornare.
– Ma se hai tolto tutto, perfino il seno e qualche costola, come può ritornare?
– Potrebbe essere definitivamente guarito e non ritornare più, lo sapremo nei mesi e anni che verranno. Però dobbiamo prendere in considerazione la probabilità che qualche cellula tumorale, attualmente invisibile, sia andata nel sangue o nei vasi linfatici o nei tessuti intorno al seno. Per questo forse ti suggeriremo una terapia preventiva.
– Cosa significa preventiva?
– E’ un trattamento che si basa sulla probabilità e sulla tua giovane età. Per ridurre il rischio di recidiva, cioè di ricaduta della malattia. In pratica, riceverai alcuni farmaci non perché tu sia malata, ma per impedire per quanto possibile che ti ammali di nuovo in futuro.
– Stai parlando di chemioterapia?
Avrebbe voluto guardare Luca, chiedergli se interrompere il colloquio o proseguire, ma Clara era attentissima a ogni movimento. Decise di dimenticare chi fosse Clara, chi fossero Luca e Lidia, di essere solo un chirurgo di fronte a una giovane paziente che aveva il diritto di sapere.
– Sì, chemioterapia.
– Merda! Perderò i capelli.
Notò Lidia appoggiarsi allo schienale della sedia con un sospiro rassegnato.
– Non è detto che tu perda i capelli, ancora non sappiamo se farai chemioterapia e quale. Clara, ogni cosa ha un suo tempo. Ne discuteremo, vedrai, e potrai fare tutte le domande che vorrai, ma per ora non abbiamo certezza su quale terapia sia eventualmente utile per te. Le ferite devono guarire, è tutto ciò che adesso importa.
Clara le strinse il gomito.
-Sarai con me sempre?
Il gesto di Luca fu rapido e le colse di sorpresa. Si alzò, mise un braccio sulle spalle di Laura e accarezzò la figlia. La voce uscì strozzata.
– Certo, Laura sarà sempre con te. Con tutti noi. E’ una promessa. Vero, Laura?
Disse di sì. Il peso del braccio di Luca sembrava intollerabile: il senso feroce di essere arma nelle sue mani, semplice strumento per ferire Lidia e rassicurare Clara, la colpì. In quel momento non era la donna che lui diceva di amare, che cercava tre, quattro volte al giorno per telefono e quasi ogni notte nella sua casa. Era rassicurazione, schermo, sostegno, sfida per una moglie che probabilmente non collaborava. Era molte cose, ma non amore. “Fermati, non pensare, e vai via. Vai via, adesso”.
– Devo andare, le altre pazienti saranno gelose!
Si staccò in fretta da Luca e percepì il sangue che affluiva troppo rapido alle guance, salutò Clara con un gesto e guardò Luca e Lidia, poi uscì dalla stanza.
In corridoio Fabrizio la raggiunse e le mostrò un foglio.
– Laura, senti.
– Dimmi.
– Guarda. L’istologico della ragazza.
Sussurrò, si allontanarono dalla porta ed entrarono nello studio.
– Hai visto? La ragazza è in un casino pazzesco. Il sarcoma peggiore che abbia visto, e il margine chirurgico sulla pleura è vicinissimo.
– Non potevo togliere il polmone.
– Lo so, hai fatto tutto ciò che potevi. Anche oltre, a giudicare dalle dimensioni del pezzo chirurgico.
Si abbandonò su una sedia.
– Cazzo. La chemio non le farà niente. La radioterapia lì non serve, e il sarcoma non risponde.
Fabrizio scosse la testa.
-Se vuoi il mio parere, la ragazza muore. E l’aggressività del sarcoma è alta, farà in fretta.
– No! Non l’accetto, forse si può rioperare.
– Sei impazzita? Per fare cosa?
– Non so, non voglio mollare.
– Laura, puoi solo seguirla nelle terapie e aspettare. Lo sai.
– Con la chemio perderà i capelli.
Fabrizio avvicinò a lei lo schienale di una sedia e sedette a cavalcioni, appoggiando le mani al suo collo.
-Laura, sveglia. Stai perdendo lucidità. Chi se ne frega se perde i capelli, proviamo a salvarla.
Chiuse gli occhi.
-Hai ragione.
Attorcigliò un dito nei suoi capelli corti.
-Posso chiederti una cosa?
– Sì.
– Scopi ancora con il padre?
– Ma dai…
– Non fare la scema, rispondi. Siete ancora amanti?
– Non so, a parole sì ma non è il momento per…
– Scappa, dammi retta.
– Cosa?
– Hai capito benissimo. Devi scappare subito.
– Perché?
– Per decine di ragioni.
– Dimmele.
Lo guardò alzarsi e camminare su e giù per la stanza. Con le dita iniziò a enumerare i motivi.
-Primo, perché la ragazza muore. Secondo, perché da ora in poi sarai sempre più presente nel loro quotidiano. Vedere un amante nella sua realtà familiare stravolge l’immagine che hai di lui, ci sono momenti che uccidono credimi.
Qualcosa nelle sue parole la disturbò.
– La sua relazione con me è diversa.
– Balle! In passato ho amato una donna e sono diventato amico del marito, idea pessima. Non sai quante bugie dicano gli amanti, e quanto in casa siano affettuosi e sorridenti e focosi con i coniugi. Ti raccontano che sono incompresi e quasi separati in casa, che si annoiano a morte e pensano a te tutti i momenti. Inventano castità e assenza di desiderio. Non è quasi mai vero, credimi. Li immagini tristi e compressi, persi a pensare a te con attimi di distrazione che tutti riescono a notare, invece hanno le loro abitudini, i riti, le dolcezze, perfino la passione. Scopano tranquillamente anche in casa, semplicemente hanno una doppia vita e la gestiscono come vogliono. E’ durissima rendersi conto di queste cose. Vedrai.
– Uffa, pensiamo al lavoro!
– Tra un attimo. Fammi finire. Terzo motivo, quello che più mi preoccupa. Non sei più l’amante di lui e neanche la paziente di lei. Sei la boa di salvataggio, perderai confini e dignità e su di te si concentreranno aspettative, ansia, gratitudine e tormento. Se credi che tutto questo sarà amore sbagli.
Ricordò la scena nella stanza di Clara, poco prima. Si era sentita uno strumento nelle mani di Luca per ferire Lidia e rassicurare Clara.
-Forse è vero, ma Luca mi ama.
– Ti ama e ha una figlia con il cancro, non dimenticarlo.
Fece una smorfia.
– Se c’è un quarto motivo dillo in fretta perché ne ho abbastanza.
– Certo che c’è. Quarto motivo: la malattia della ragazza li riavvicinerà oppure li separerà. E francamente non so quale delle due evenienze sia peggiore per te.
– Cazzo, vuoi smetterla? Perché mi dici queste cose?
-Perché mi dispiace per te. Il cancro è una tragedia totale, ed è capitato a quella povera ragazza. Comunque tu la voglia mettere, niente sarà più come prima.