nemesi di un destino qualsiasi – Capitolo 8 – LAURA

 In Nemesi di un destino qualsiasi, Romanzi

Uscì dalla sala riunioni con una decina di cartelle in equilibrio precario tra le braccia.
– Le porto in infermeria e vado a fare il giro degli operati.
– Ti aiuto. Dalle a me.
Fabrizio prese le cartelle e la seguì.
– Cosa ti ha detto la madre della ragazza?
– Lascia perdere, non mi va di pensarci.
– Neanche per sogno. Hai una faccia tremenda, sembri centenaria. Mai viste occhiaie così.
– Grazie, sempre galante.
– Stupida. Voglio aiutarti, sei uscita da quell’incontro ridotta a cencio.
– Toscanaccio!
– Scherza pure, ma cencio sembravi e cencio sembri anche adesso.
– Sto invecchiando, non reggo più i ritmi di questa vita.
– Figurati! Mettiamo giù questa roba e andiamo a chiacchierare, non ne posso più di girare in reparto come uno stronzo.
Smisero di parlare e, in infermeria, firmarono alcuni fogli che la caposala aveva lasciato per loro, poi si diressero in studio e sedettero con un caffè davanti.
– Dimmi, avete parlato della figlia o di lui?
Scosse la testa.
– Non saprei ripeterti la conversazione, è stata un delirio bilaterale senza capo né coda. Non la capisco. Sembra più colpita dalla mia relazione con Luca che dal cancro di Clara.
– E’ il trauma. Probabilmente per lei è più accettabile l’infedeltà del marito rispetto alla morte della figlia.
– Clara non è ancora morta. Detesto il cinismo.
– Hai capito cosa intendo. Si è trovata ad affrontare un dramma quasi impronunciabile e contemporaneamente ha saputo di te e suo marito. E’ umano che scarichi tutto sul problema tutto sommato minore.
– Magari per lei non è minore.
– Dai, non esiste donna che anteponga sul serio il proprio rapporto matrimoniale alla vita dei figli. Ce l’avete nel codice genetico, siete madri prima che donne; niente viene prima dei figli. E’ evidentissimo che sta concentrando disperatamente l’attenzione sul minore dei mali.
– Sì, penso la stessa cosa. Comunque è incazzata nera.
– Ti ha insultata?
– Peggio. Ha usato le cose che sa di me dall’analisi per farmi male. Ci è riuscita in pieno.
– Non mi sembra strano. Ce l’ha con te e usa tutto ciò che può. Faresti lo stesso se ti trovassi nella medesima situazione, lo sai benissimo. Lo vediamo tutti i giorni. La reazione di fronte alla diagnosi di tumore è rabbia, il medico è il bersaglio più comodo perché è a portata di mano e sa cavarsela. Tu poi scopi con suo marito, quale migliore oggetto di furore? Certo è la tua analista, non dovrebbe superare i limiti etici.
Lo fissò.
-Sei convinto che con una figlia ventenne ridotta in quel modo e il marito che va a letto con un’altra donna possa avere cura dei limiti etici?
– Nel mio immaginario sì. Non so perché, ma psicologi e psichiatri per me sono esseri superiori e indistruttibili.
– A quanto pare no.
– Già. Ma lui, il padre, come si comporta?
Prese dalla tasca il telefono cellulare.
– Manda SMS e chiama, credo abbia bisogno di me.
– Non è buon segno. Lo sai, vero?
– Non so niente, non ho ancora avuto la possibilità di parlare con lui di persona, con calma.
– Sa del tuo incontro con sua moglie?
– Sì, ho ricevuto un suo messaggio durante la riunione. Chiedeva se Lidia mi avesse trattata bene. Non ho risposto.
– Lidia è la moglie?
– Sì.
– Non mi piace questa storia, proprio per niente. Ti farai male.
Appoggiò il cellulare alla scrivania e spostò qualche foglio, poi controllò la batteria del piccolo registratore.
– Devo ricordarmi di cambiare le pile.
– Dallo a me, ci penso io.
Porse a Fabrizio il registratore.
-Grazie. So che con Luca rischio di farmi male, me l’hai già detto. Non ho via d’uscita. Vuoi che gli dica “tua figlia ha il cancro, non mi diverti più”? E c’è Clara, poi. Ha fiducia in me, non posso deluderla.
– La stai aiutando, infatti. Ma le conseguenze per te saranno pesanti.
– Devi essere sempre così negativo?
– Mi conosci da secoli. Sono cinico, lo dici sempre, ma di solito ho ragione.
– E’ vero. Ma non riesco a sottrarmi, credimi.
– Non vuoi sottrarti!
– Come potrei fare secondo te?
– Prendi qualche giorno di ferie, stacca il telefono. Seguo io la ragazza.
– Non posso.
– Sì, puoi.
– Si fida di me.
– Ritornerai, ma prima devi staccarti e lasciare che quei tre si ritrovino. Sarà più facile. E anche alla madre passerà, questa rabbia ha poco a che vedere con te. E’ il trauma, se non ti ha davanti cambierà l’oggetto della sua negatività, poi capirà e smetterà di essere aggressiva. Lascia che se la prenda con me e vai in ferie, dai.
Sentirono bussare. Fabrizio sussurrò:
-Se è ancora lei non me ne vado.
La porta si aprì e il volto di Luca comparve in uno spiraglio di luce.
-Laura, posso parlarti?
Fabrizio si alzò sfiorandole una mano.
-Vado a controllare i pazienti operati.
Porse la mano a Luca.
-Fabrizio Rivelli, piacere.
– Luca Conti.
Fabrizio uscì e Luca fece scattare la serratura con la chiave per chiudere la porta.
-Starà via per un po’? Voglio averti per me.
Annuì.
-Deve fare il giro e se ritorna trova la porta chiusa. Non tenterà di entrare.
– Siete amici?
– Abbastanza.
Le andò vicino e la baciò.
– Amore, finalmente.
Si alzò, si lasciò stringere. Il suo corpo le dava calore.
– Come stai, Luca?
Le appoggiò il viso nell’incavo del collo.
-Peggio di così è impossibile.
“Però la notte scorsa hai scopato”. Scacciò il pensiero dalla mente ma non riuscì a reprimere un brivido di repulsione. Lo allontanò con le mani e lo fissò.
– Mi dispiace Luca, vorrei che non stesse succedendo a te.
Mosse la testa per annuire e la strinse di nuovo. Il suo respiro era veloce, un po’ affannoso. Gli accarezzò la schiena.
– La aiuteremo, te lo prometto.
Era una parziale bugia. L’avrebbero aiutata ma le probabilità di successo erano scarse. Tuttavia non riusciva a evitare di rassicurarlo, avrebbe voluto inventare per lui un’illusione lieve e serena capace di anestetizzare il dolore.
– Cosa ti ha detto Lidia?
Sollevò la testa e la fissò.
– E’ stata qui con te, cosa ti ha detto?
Seguì il profilo del suo naso con un dito.
– Tante cose. E’ arrabbiata.
– Sì, non l’ho mai vista così. E’ concentrata ossessivamente sulla nostra relazione.
– La capisco, è il momento peggiore per scoprirla.
– Non esiste momento ideale per queste cose, Laura. Sta buttando addosso a te anche la malattia di Clara.
– E’ normale, succede spesso. Le passerà.
– Speriamo.
– E’ stata cattiva, prima?
– Bé, mi ha detto del vostro amplesso della notte scorsa. Non è stato piacevole ma suppongo che questa piccola vendetta l’abbia rassicurata.
– Cioè? Quale amplesso?
– Ha detto che avete fatto l’amore.
– Non è vero.
– Non mentire Luca, non serve.
– Non sto mentendo. Non l’abbiamo fatto.
– Però lo fate, di solito.
Non gli aveva mai chiesto una cosa del genere. Non l’aveva mai voluta sapere.
– Sì. Questo non cambia ciò che provo per te.
– Io non riuscirei ad andare a letto con un altro uomo.
– E quel chirurgo che è uscito?
– Fabrizio? Non vado a letto con lui.
– Potresti farlo però, sembrate intimi.
– Non lo siamo affatto. Ci frequentiamo in reparto, non so nemmeno dove abita.
– Comunque la fedeltà sessuale non esiste, Laura. Almeno per me.
– Infedele genetico?
– Non ti ho mai detto di essere fedele.
– Lo so.
– Ti amo, Laura.
Forse sapeva anche questo. Anche lei lo amava. Eppure l’uomo che la stringeva tra le braccia sembrava un altro, non era più l’amante dei mesi precedenti. Perfino i tratti del viso erano cambiati. Aveva una moglie adesso, e una figlia, e parole e gesti che lei non avrebbe voluto conoscere.
– Cosa pensi?
– Che sta cambiando tutto, Luca.
– Tutto cosa?
– Tu, io, la situazione.
– Forse sì, ma noi siamo insieme e questo non può cambiare.
Bugia o illusione. O pietà per lei e se stesso. Non seppe definire ciò che leggeva nei suoi occhi.
– Non mi abbandonerai amore, vero?
Supplica. Bisogno. Ansia di averla per appoggiarsi a lei e cercare sollievo. Le iridi scure la scrutavano.
– No, Luca. Non ti abbandono. Sono con te. Lo sai.
La luce gialla del neon cadeva sulla sua fronte che sembrava ombra. Le sue mani si mossero all’improvviso: lo sentì stringere, il corpo teso le si avvicinò di più.
– Laura.
Sussurrò, e lei riconobbe lo sguardo.
– Luca, cosa fai?
La spinse contro il muro e le morse una spalla, premendo con il bacino contro di lei e strappandole il camice che cadde sul pavimento.
– Non qui, no!
Vide la sua testa scendere su di lei mentre le mani la spogliavano, le labbra la lingua i denti cercarono i suoi seni. Uno dopo l’atro i vestiti finirono sparsi sulla scrivania, sulle sedie, e il corpo di Luca premette tra le sue gambe.
– Laura ti prego, adesso, subito, Laura…
Le mordeva i capezzoli strappando gemiti di dolore, con la mano destra la costrinse ad aprire le gambe. La penetrò con due dita mentre lei afferrava il suo sesso eccitato.
-Luca.
Sentì i pensieri sciogliersi, il contatto con lui duro e pronto a penetrarla le fece perdere il controllo. Aprì le gambe e tirò il suo bacino sporgendo il proprio in avanti. Sentì il sesso dilatarla senza dolcezza e diede un colpo in avanti per accoglierlo.
Con le braccia la sollevò e la spinse forte contro il muro, e i colpi dentro di lei si fecero convulsi, cattivi. Il rumore del suo corpo sbattuto ritmicamente sulla parete, i rantoli di Luca, il sesso che la devastava fecero esplodere il suo orgasmo, cui seguì quasi subito quello di Luca che si spinse ancora più dentro e venne con un grido che sembrò dolore.
Rimasero fermi a recuperare il fiato senza parlare, con lo sperma che le colava tra le cosce. Si rivestirono lentamente, la baciò a lungo prima di uscire.
– Non lasciarmi Laura, ho bisogno di te.
Quando fu sola fece appena in tempo a sedersi. La porta si aprì, Fabrizio entrò e le porse un bicchiere d’acqua.
– E’ stato eccitante controllare la porta mentre scopavate. Il tuo uomo è un campione di astuzia, ma forse questo genere di colloquio con il padre di una paziente va oltre l’etica. Se vuoi ti ricordo che sei un vicedirettore di questa divisione di chirurgia, una donna che si è fatta un culo tremendo per arrivare dove è. Sei anche mia amica e non ho voglia di vederti mandare tutto a puttane. Adesso sei convinta oppure no? Hai bisogno di qualche giorno di ferie.

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