Con la testa altrove
“Ti invidio da morire…”. E’ il commento del poeta-recensore Gian Paolo Grattarola nella mia pagina Facebook. Mi invidia perché ho annunciato la mia partecipazione all’incontro con Paola Mastrocola e Maurizio Cucchi a Parma il 28 marzo alle ore 21. In fondo, anche se l’invidia ha per me un valore negativo quasi a priori (sono cresciuta con l’odio per gli effetti nefasti dell’invidia degli stupidi), non so dargli torto: le iniziative di Mariangela ed Eleonora Guandalini sono nutrimento per la mente e per l’anima come pochi altri, ogni anno le aspetto con l’ansia frenetica di chi ha bisogno di aria per ridurre il rischio di asfissia. E Paola Mastrocola con Maurizio Cucchi che parlano di poesia…
Insomma, mi invidio quasi da sola e parto, il 28 aprile termino l’ambulatorio e corro a preparare la valigia, la butto nel bagagliaio della macchina e mi metto in viaggio. Musica a volume medio, pensieri segreti e bellissimi in testa, prefiguro l’incontro e la cena successiva, e la notte allo Stendhal che mi piace tanto. Lo Stendhal, appunto, mi accoglie: con calma mi rinfresco ed esco, cammino un po’ scomoda nei sandali pazzeschi su pedicure rosso sensuale che ho voluto mettermi per l’occasione e raggiungo la Casa della Musica. Respiro, sento il profumo di Parma e di strade che viaggio dopo viaggio diventano note e accoglienti, riconosco i cantoni e i locali, ricordo momenti e persone. Abbraccio la Casa della Musica con lo sguardo, una parte di me è già seduta di sopra, nelle prime file, con i libri nelle mani da sfogliare nell’attesa dell’inizio. Sto bene, sono felice.
La Casa della musica, l’avete mai vista? Ha una piazza e qualche panchina davanti: su una di queste panchine scorgo Eleonora Guandalini, un gioiello di donna messo sulla terra da un miracolo (in lei la bellezza diventa fusione oggettiva di canoni estetici indiscutibili e intelligenza), che parla al telefono. “Ecco, c’è Eleonora. La lascio finire e la saluto”. Per una rara volta decido di essere discreta, passeggio lontana convinta che sia questione di istanti: quando la telefonata sarà finita ci saluteremo e saliremo insieme nella sala dell’incontro.
Tre, quattro minuti. La mia mente persa dentro sensazioni che solo parzialmente ho voglia di raccontare (il piacere di Parma, per esempio, e l’ansia di sciogliermi nell’unico ambiente davvero mio) cerca il contatto con Eleonora e non la vede più: la panchina dove sedeva è vuota. Gli occhi, allora, seguono il probabile tragitto delle sue gambe fino all’ingresso della Casa della Musica: è chiuso. Serena, su due nuvole dense e candide che mi sostengono, mi avvicino e spingo la porta di legno antico e spesso. Clac. Niente, è chiusa. Chiusa davvero. Il cervello fa qualche sforzo per spiegare a se stesso la curiosa vicenda: Eleonora significa evento Ugo Guanda, cioè Paola Mastrocola e Maurizio Cucchi, l’evento è alla Casa della Musica alle 21, quindi l’ingresso deve essere aperto. Per forza, è la legge naturale della logica: per entrare a un incontro con i lettori bisogna passare attraverso una porta aperta. Un colpo con il braccio sfidando la periartrite: bum, rimbalzo indietro. Un cartello recita: chiusura ore 18, salvo prenotazioni (più o meno). Con la sicumera degli stolti, in tre secondi scarsi decido che Eleonora e Mariangela abbiano prenotato, quindi alle 21, cioè l’ora segnata sul mio orologio al momento, la porta debba essere aperta. Debba. Essere. Aperta. Non lo è.
Meno male che una parte di me è ricercatore clinico: quella parte mi ha aiutata a pormi finalmente il dubbio. Qualcosa nell’evidenza dei fatti non coincideva con le mie aspettative, con l’ipotesi di base di una mia partecipazione all’evento delle ore 21. Avendo, come è ovvio, dimenticato in albergo il programma senza avergli dato l’occhiata dei saggi prima di partire, ho mandato un sms a Sara Caminati: “Scusa, ti è possibile dirmi a che ora fosse e dove?”. Conosco il volto di Sara, so che riderà quando leggerà il mio sms, e Stefano, il suo compagno, scuoterà la bella testolina ricciuta con un grande sospiro. “E’ senza speranza”, diranno così. Ma non so cosa altro fare, qualcuno deve dirmi cosa sta succedendo!
“Hai scritto su Facebook che è alle 21, ma guarda che l’evento si è svolto alle 18. Oltretutto hai pubblicato tu stessa una nota su Facebook con il link a un sito, e in quel sito dicono 18”.
Cosa succede quando da Milano si va a Parma senza computer per scrivere, senza un libro perché tanto lo si comprerà all’incontro con gli scrittori, con un paio di sandali sensuali ma orrendamente scomodi e senza avere controllato il programma? E quando si prende coscienza di essere incurabilmente avulse dalla realtà? Punto primo: si dà a Sara il permesso di ridere in modo palese senza autostimolarsi un attacco di asma nel tentativo di partecipare con finta serietà al mio sgomento. Punto secondo: si decide eroicamente di cercare l’allegra brigata, cioè Mariangela ed Eleonora Guandalini, Paola Mastrocola, Maurizio Cucchi, Guido Conti e Luigi Brioschi al solito ristorante. Le cene che seguono questi eventi durano ore, e sono fantastiche: almeno parteciperò a quella.
Pochi metri, metto il piede nel ristorante: “Mi scusi, il gruppo vacanze è qui?”. Ovviamente la domanda non è questa, ma ci siamo capiti. La ragazza carina con i capelli lisci e neri scuote la testa: “No”. Insisto: “E’ sicura? Perché veniamo sempre qui. Le assicuro che non sono una molestatrice di professione (o forse sì, qualcuno avrebbe da obiettare), sono un’amica”. La testa ruota a destra e sinistra, la posizione delle spalle indica che è l’ultima volta che risponde: “No, non ci sono”.
Mi rassegno. I quaranta mi stanno insegnando anche questo, la rassegnazione. So che non avrei dovuto domandare, solo fare qualche metro in più fino alla saletta di sinistra del ristorante senza curarmi delle domande della graziosa giovinetta. Ma non l’ho fatto, mi sono comportata come una compita dama cui si può dire di no. Esco. Con il favore delle tenebre passeggio claudicante (tanto chi mi vede?) fino allo Stendhal e mangio da sola con un giapponese che mi fissa e talvolta ammicca, all’altro tavolo. Niente può più toccarmi: ho dimenticato il cavo per ricaricare il telefono cellulare (e il cellulare è quasi defunto: le ultime chiamate a Mariangela, che comunque statisticamente risponde una volta su diciassette perché tiene il cellulare muto sepolto nella borsa, l’hanno tramortito), non ho libri né computer, se un buco nero mi inghiottisse nessuno si accorgerebbe della mia assenza per ore. Oltretutto c’è anche l’Inter che gioca con qualche squadra estera, figuriamoci.
“Ma guarda tu chi c’è!”. La voce squillante di Eleonora mi coglie all’uscita della sala ristorante. Getto lo sguardo pigro sui divani della hall e li vedo (quasi) tutti: Guido Conti, unico uomo, beatamente circondato da Mariangela, Eleonora e Paola. L’espressione esterrefatta è solo di Paola, che ancora non mi conosce: gli altri hanno già capito al volo. “Hai sbagliato l’orario!”, dice Eleonora che, essendo la più giovane, ha ancora tutta l’attività neuronale in picco fervido di prontezza anche dopo le 23. Annuisco, ho sbagliato l’orario, e tento di dare la colpa al programma. “Ma no, guarda, c’è scritto 18!”. Eh, lo so che c’è scritto diciotto, anzi non lo so ma lo immaginavo: sorrido e mi siedo, mentre Paola Mastrocola, in preda a ilarità e pietosa compassione insieme, scrive la dedica sul suo libro; non ve la racconto, è solo mia, ma termina con “… dedico questo libro, ma soprattutto… la poesia a pagina 15!”. Volete conoscere questa poesia che secondo Paola è tanto adatta a me? Ve ne regalo un brano.
“La testa altrove
E noi che siamo con la testa altrove,
dimentichiamo i compiti e le leggi,
ombrelli, occhiali, borse
e i soldi del mese
chissà in che lercio anfratto del muro,
e li troviamo dopo anni
– che vuoi che siano un po’ di anni? –
nell’angolo dismesso,
in un cartoccio di cartone scuro,
tra i libri o maglie
tarlate di montagna,
in un pacco di conti della spesa…”.
(da “La felicità del galleggiante”, di Paola Mastrocola, Guanda)
Insomma, mi avrà anche conosciuta da due minuti, ma ha capito bene. Ho la testa altrove. Voilà.
PS: i miei amici erano in effetti nella saletta a sinistra del ristorante dove li avevo cercati. Brunetta capricciosa, ti ricorderò nelle mie preghiere.
mi ci ritrovo anche io… la testa altrove ultimamente mi accompagna….
Luini. Sublime.
Meravigliosa!!! Ieri sera è stato divertente, ma leggerlo è davvero stupendo! Potrei allegare la versione integrale dei messaggi di ieri sera, cosa ne pensi!?
Oh, cielo. Sto leggendo “L’amore non detto”, e porta la mia testa piacevolmente altrove. Il libro di poesia di Paola Mastrocola è veramente bellissimo. Comunque, care ragazze, ve ne regalo una così, estemporanea: mi è capitato di partire in automobile per un viaggio di lavoro lasciando sul marciapiede la valigia (il trolley, Caravelli, proprio quello) e accorgermi solo a Cesena di essere senza cambio di vestiti o altro genere di prima necessità. Il trolley è stato recuperato da una pietosa vicina.
Sara, non pensarci nemmeno! Quei messaggi sms resteranno nella nostra TACITA memoria.
Caravelli, medito un report su uno dei nostri viaggetti letterari. Strapuntini compresi.
fantastica e surreale, un sorriso
ho certezza, Lucia, che troverai molti consensi con la definizione di me “surreale”
è come mi sento
molto belli anche i versi di Paola Mastrocola e la sua prontezza nel dedicarti la poesia di pagina 15
Sara, ero preparata a questa prontezza perché la seguo da un po’ e agli incontri con i lettori ho sempre avuto la sensazione di un’intelligenza svelta, ironica e pungente. Libri compresi, che leggo con curiosità perché cambia angolo di visuale e spiazza. Certo, la scelta della poesia ha stupito anche me. L’ha letta per me, è stato emozionante.
Conosco una donna che e’ riuscita anche a sbagliare orario nell’appuntamento con il Presidente del Senato. E’ una scrittrice medico, scrive come pochi. Conosci?
Non farmici pensare. Pat era quasi impassibile, bella e altera, io avevo occhi sgranati e certezza della fine.
Testa completamente staccata dal corpo…
Vi faccio compagnia! Un abbraccio mg! Sandra