Perché scrivo erotismo
Tra le lettere ricevute in questi giorni e accumulate nella memoria e nel computer in attesa di risposte, questa mattina una salta agli occhi e muove riflessioni, mentre il vento piega le foglie fuori dalla portafinestra. Da ore spizzico scrittura e leggo, ho terminato “Il canapè rosso” che mi ha trascinata in lunghi treni e ricordi così diversi eppure simili a quelli dell’autrice nel nucleo profondo, e nella necessità di andare avanti e abbandonare i fantasmi a loro stessi. Ho scambiato un paio di battute su Facebook ma sono ritornata, circolare e insofferente, alla lettera inviata da qualcuno al mio indirizzo email personale. “Perché scrivi erotismo?”, chiede un lettore che chiamerò Cagliostro.
Perché scrivo erotismo, racconti erotici e, in un caso, anche un romanzo in cui l’erotismo sfiora la pornografia (su questo romanzo inedito i pareri sono discordi, secondo me la pornografia non c’è, il trauma per chi legge arriva da altro, non dal sesso esplicito e in parte patologico che ho voluto costruire)? In sé la domanda è sbagliata: non si chiede il perché di una scrittura. La scrittura è, e basta. La ragione per la scelta istintiva o ragionata di un genere letterario o di un argomento non andrebbe chiesta: la si accetta oppure no. Da lettrice avida vera (diffidate degli scrittori che si dichiarano avidi lettori, metteteli sempre alla prova su due cose: invidia per i colleghi e reale passione per la lettura, se avete un po’ di tempo da perdere) non mi chiedo perché uno scrittore abbia deciso di adottare uno stile piuttosto che un altro, o perché preferisca sorvolare su alcuni aspetti della vita piuttosto che insistervi sopra in modo ossessivo. Leggo, amo oppure odio, mi infastidisco se sono costretta all’indifferenza e tiro avanti. L’atto creativo non ha un perché esprimibile, anche se la domanda sulla ragione, sul motore della scrittura è tanto frequente e mortalmente noiosa.
Comunque. Perché scrivo erotismo? Perché sì, ecco ciò che il cuore mi dice. Lo scrivo e se non va bene ad alcuni non mi preoccupo: una pletora di libri esce ogni mese, non c’è bisogno di fissarsi sui miei se quelli che contengono anche erotismo urtano la sensibilità. Scavando a fondo, a tempo perso, posso articolare la risposta in modo da apparire meno scorbutica, presuntuosa e scostante: la parcellizzo e ne offro i dettagli, se vi fa piacere. L’erotismo è parte della vita come mangiare, bere, sognare, muoversi, pettinarsi, e ha una valenza emotiva fortissima. Può essere meraviglioso oppure storto, malato, può diventare pateticamente noioso o routinario, e condiziona il comportamento di ciascuno. Lo condiziona, e di questo andrebbe presa coscienza. Che piaccia oppure no, la presenza o assenza di erotismo e il grado di soddisfazione hanno un peso sul comportamento e sul modo di pensare. L’isteria, per esempio, e molti aspetti dei disturbi alimentari, l’altalena sesso-cibo, il cambiamento del carattere delle donne che entrano in menopausa e si convincono che la sessualità sia morta, l’aggressività: sono esempi qua e là, non necessariamente negativi a priori (chiamiamoli constatazioni) ma concretamente legati alla vita sessuale. La bellezza dell’erotismo supera, a volte, la capacità di dire: sfocia nell’amore, nel piacere assoluto, negli istanti indimenticabili che creano una differenza dopo, allargano la visione di sé e la restituiscono completa e positiva. Il sesso tira su l’autostima come pochi altri eventi di autorealizzazione. Oppure. La malattia, l’erotismo violento e imposto, la coercizione oppure la schiavitù, la pedofilia sottile o palese: ecco che eros, se ancora abbiamo il coraggio di chiamarlo così, si trasforma in mortale e potentissima arma che suscita dolore.
E tutto questo può essere raccontato. Lì sta il punto. L’erotismo può diventare oggetto di letteratura, non c’è ragione perché non lo sia. Sta alla volontà e all’ispirazione di chi scrive decidere se approfondirne o meno la descrizione. Lo scrittore può scegliere di tenersi leggero nei toni quando parla di qualsiasi aspetto della vita (quindi anche dell’eros), oppure di descriverlo. Negli anni recenti, la mia scrittura ha spesso dedicato alla descrizione delle relazioni erotiche tra i protagonisti parole chiare e spazi più lunghi di una riga. Ho deciso, in una buona parte delle mie storie, di parlare di erotismo come lo vedo, come, secondo me, è. Non ho un giudizio particolare su chi dissente, nemmeno sugli scrittori che invece trovano che l’erotismo squalifichi il testo e giudicano me (sorrido, mi piace stuzzicare la loro ritrosia, a volte, ma non mi importa). Scrivere (qualche volta) racconti erotici è una decisione che mi piace e rende giustizia al mio rapporto con la sessualità e, se è il caso, con l’amore: alzo le sopracciglia e ho una risposta preconfezionata quando mi si chiede se descrivo la mia vita sessuale (“Si descrive ciò che si conosce”, e ammicco), ma la verità è che, negli anni, il caos di illazioni e sospetti e battute che, stupidamente, sono andati dietro alla scrittura erotica hanno creato interesse e una forte dose di ironia. In me. Ironia di avere finalmente capito che non si scrive per essere interpretati, si scrive perché si è scrittura e perché ciò che nasce avrà una propria esistenza, un proprio percorso, affidato a mani occhi cervelli sensi che decideranno cosa proiettare sul testo e cosa invece eliminare a priori. Si disegnano gigantesche illusioni, più reali del vero, e se si pretende che il lettore dia della storia la medesima interpretazione che abbiamo dato noi si tradisce il patto di lealtà implicitamente ma rigorosamente stabilito dal consenso alla pubblicazione.
Caro Cagliostro, lei ha ripetuto una domanda che ho sentito più volte. Oggi mi è venuta la voglia di rispondere, anche se, lo ripeto, non ne capisco il senso. Ho scritto racconti erotici con gradi diversi di “calore”, ho infilato nei romanzi già usciti e in quelli che usciranno la descrizione delle relazioni fisiche tra i protagonisti, a volte liquidandola in poche battute altre volte insistendo sugli istanti. Certo non ho sbattuto in piazza la mia vita sessuale, ma cosa importa saperlo? Ciò che l’autore dice è filtrato dal giudizio di chi legge, ed è bello così: tanti continueranno a pensare di riconoscere me o i miei amanti passati, presenti o futuri. E’ il gioco della fantasia, e della creazione, ha un fondo di verità perché tutti conosciamo il sesso e sappiamo come si fa. Gli atti sessuali più o meno sono sempre quelli, dipende da come e chi li fa. Ho un manoscritto che racconta in modo quasi brutale la storia di una schiavitù voluta e mai fuggita, di un’ossessione sessuale e sentimentale: non so quando vedrà la luce per i lettori, ma esiste. Qualcuno ha definito MariaGiovanna Luini dura come pietra perché ha avuto il coraggio sfrontato di scrivere la pedofilia esattamente come accade in molti casi, senza mettere una musichetta e la scritta “intervallo” nelle scene più scabrose, altri invece riempiono la mia posta di messaggi e sogni e musica quando leggono l’amore erotico che descrivo. Accetto tutto questo come una conseguenza necessaria e ovvia, e saltuariamente rifletto sul potere devastante di eros nella sensibilità e nelle sovrastruttura religiose e culturali di ciascuno.
Poi banalizzo, e riduco alla verità del giorno dopo giorno. L’erotismo è vita, in ogni suo aspetto concreto o ideale. E la vita è oggetto e soggetto di scrittura. Voilà.
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Questa pagina è un manifesto letterario di grande equilibrio. Prima o poi, prendi in considerazione di farne una prefazione, o di ripeterla in qualche intervista. Nero su bianco, inchiostro su carta: non tutti approfittano del virtuale.
Sarebbe un peccato se non potessero leggerla tutti quelli che ti seguono
e bello leggerti
baci
ti leggo sempre con grande curiosità e leggerti mi restituisce rispetto e stima nei confronti di una donna intelligente e intrigante, un sorriso
grazie per i commenti!
@Lorenza: il fascino, il bisogno della carta riguardano anche me. Internet è uno strumento eccezionale perché ampio, democratico, accessibile ormai quasi a tutti. Richiede, rispetto alla pubblicazione su carta, la medesima cura, la stessa stima per i lettori. Probabilmente, come ha detto Gian Arturo Ferrari a VeDrò nel 2009, apprezzeranno fino in fondo la e-pubblicazione solo le generazioni cresciute interamente in formato elettronico!
A OGNUNO IL SUO PIACERE.
Personalmente mi piace filtrarlo in penombra.Ciao scrittrice.Bianca 2007
Il piacere fisico, lo scambio con un altro corpo sì, più spesso in penombra (anche se non è detto). Il piacere sottile dei sensi che ricevono godimento letterario dipende dalla qualità del prodotto letterario in sè
Un abbraccio mg!
Sei tra le mie scrittrici preferite, sempre.
Lo sai.
Ciao!
Ciao Maria Giovanna, vengo dall’averti letto su Le storie di Laura et Lory – E siano i mondiali- Mi corre, prima di tutto l’obbligo di ringraziare Cagliostro, senza il quale forse non mi sarebbe stato possibile leggere quello che tu hai scritto in modo così chiaro, direi lampante, a testimonianza di un certo scrivere e di certi contenuti che sono erotismo. La penso esattamente come te: ne scrivo anch’io confrontandomi con le diverse situazioni che lo richiedono e con la scelta di un percorso più o meno esplicito,di un lessico appropriato, ma sempre in funzione del contenuto perchè il sesso non è solo strumento di piacere, dolore e altro, ma anche la chiave per comprendere stati d’animo, reazioni comportamentali più o meno finalizzate, consciamente o no,all’esaltazione della propria natura.Ho diverse cose nel cassetto:racconti brevi e lunghi, un paio di storie da duecento pagine e qualche poesia.Se ti va un confronto scrivimi, mi farebbe piacere.Franco
Nell’URL indicato in precedenza c’era un errore. Il mio sito è rintracciabile digitando direttamente su Google Bluebirdtwice o http://uskaralis07.splinder.com Grazie,Franco Seculin.
caro Franco, mi va di leggere, certo. Non credo al confronto tra scrittori, lo trovo inutile e anche piuttosto autoriferito. Sono i lettori a confrontare implicitamente e involontariamente le scritture, e questo va benissimo. Tra scrittori dovrebbe esserci dialogo, scambio, arricchimento reciproco, magari anche diatriba o vere e proprie dispute, ma confronti tra scritture mai. Non hanno senso.