Istanti di assenza di parole, dedicato ai bambini sopravvissuti e non

 In Racconti, Racconti Brevi, Racconti brevissimi

Ricorda il buio. E l’assenza di parole. Potrebbe chiamarlo silenzio, ma il dettaglio che ricorda è un vuoto nelle parole, suoni di voci che mancano all’improvviso e significano tutto.
Le braccia l’hanno strappata dalla nonna in un pomeriggio di sole che scendeva, l’ultimo segno della famiglia che era andata via è l’urlo disperato della nonna che non vuole lasciarla andare. C’è stata una coperta, poi, e uno spazio di poco o tanto che non può conoscere, e una stanza chiusa con una branda piccola. Il plaid rosso e nero, a quadrotti, che ora detesta. Hanno tutti lo stesso odore i plaid buttati sulle brandine o su letti infreddoliti. E le mani e prenderla e farle male, a strapparla di qua e di là con pochi ordini secchi. E le risate, anche, ha nel cervello il ridere malsano che ha riconosciuto subito ma altrettanto in fretta ha rimosso. Per tanti anni.
– Sei stata rapita, devi dirlo. Dillo a voce alta, voglio ascoltare.
Ogni tanto Luca siede pazientemente di fronte a lei nella scrivania di legno scuro e con le porte chiuse, accende due o tre sigarette e la fissa. E vuole che parli. Sono trentasette anni, più o meno, eppure se le chiede di raccontare la voce fa fatica a uscire. Perché non ha più senso, e c’è il buio. Insieme all’assenza di parole.
– Racconta, dai. Devi dirlo.
– Non riesco.
– Riesci, puoi parlare e buttare fuori. Dillo a me, io sapevo. Io so. Non succede niente.
– Presidente…
Il sussurro attraverso uno spiraglio di cui non si accorge mai, e il gesto cattivo.
– Fuori! Ho detto di lasciarmi stare! Dai, tesoro, spiega. Ho tutto il tempo che vuoi. Per te, capisci? Per te.
A morsi lenti la costringe a fissare gli occhi e le volute bianche del fumo sputato dalla bocca, annuisce ogni tanto e sorride con le pupille lucide di rabbia. Lo vede arrabbiarsi ancora, sa che si commuove. Non hanno un dna insieme, avrebbero potuto sfiorarsi e non vedersi. Ma non è stato. E la incita, la aspetta con i treni veloci e manda qualcuno a prenderla. La abbraccia fino a soffocarla e chiede, e ascolta, e parla.
– Rapita. Ripeti: sono stata rapita. Hai diritto di dirlo, chiaro? Dillo, adesso.
Rapita. L’ha tirata fuori il nonno, una porta si è spalancata e uomini in divisa (la divisa nera con le spalline che non ha mai dimenticato, quella bella e lucida che l’ha protetta) hanno detto:
– Vada lei, deve vedere prima lei.
O forse non è vero, forse niente è stato detto. Ma nel riquadro della porta l’uomo alto e magro, con il sorriso sereno e gli occhi fermi, l’ha salutata. E l’ha presa in braccio.
– Adesso andiamo via, va tutto bene. E’ tutto a posto, vedi? Andiamo via di qua.
Solo molto dopo si è chiesta cosa ci fosse nel suo cuore, cosa nascondesse il sorriso di suo nonno. Se l’è domandato anni dopo osservandolo morto, stretto in una bara con le mani lungo i fianchi e gli occhi chiusi, all’improvviso ha capito che l’abbraccio e i passi veloci fuori della stanza forse erano carichi di dolore. E di rabbia mai buttata fuori, almeno non davanti a lei.
– Sei stata rapita, devi dirlo. Dillo a voce alta, voglio ascoltare.
Luca assomiglia al nonno, più o meno. E’ ciò che vorrebbe pensare. Trova tempo e la tira fuori dai ricordi, prende e beve la voce urlata nel telefono o i singhiozzi quando le storie d’amore cadono, ferite dal ricordo. Quello che non c’è.
– Hai provato a spiegare? Tesoro, se non spieghi, se non racconti lui non potrà capire.
E non ci crede, ne è sicura. Perché il silenzio e l’assenza di parole non si possono spiegare. A quarant’anni e oltre le giustificazioni si sfilacciano e importano a nessuno. Un giorno, quando ogni porta sarà chiusa e non le importerà dei cervelli storti che la giudicano, scriverà una lettera prima di morire. E dirà che ogni silenzio, ogni repentino cambio di umore, ogni sparizione che per gli altri è niente per lei è lo strappo dalle braccia della nonna, è l’ultimo urlo disperato che prelude all’assenza di parole. E al buio. E alle mani che, ancora, ancora, ancora, hanno fatto di lei carne e oggetto. Prima che, diversamente dal solito (questo ha sentito da un uomo in divisa nera con le spalline), riuscisse a vivere un’altra volta.
– Non si sopravvive a un rapimento quando si è bambini.
Due anni fa un criminologo ha lasciato cadere la frase durante una riunione qualunque. Come sempre, la chiacchierata deviava su casi tristi, e sul dramma dei bambini. Ha capito, senza muoversi né aggiungere o chiedere, le frasi smozzicate infilate nelle orecchie dopo i giorni del buio e dell’assenza di parole. Non si sopravvive. Perché il bambino dà fastidio e non si sa gestire.
– Ma se si sopravvive, lo sai cosa succede?
E’ una domanda che non ha porto, che non porrà mai. E neanche sa perché.
Non esiste pace per l’anima torturata dal nonsenso dei ricordi. Per questo cammina e sorride e ama, finché cade. Cade su un umore sbagliato, sulla piega imperfetta di una gelosia che non è altro che dubbio, cade su un’idea impercettibile che non riuscirebbe a spiegare. Cade, e tira avanti.
– Rapita, tesoro. Tra fuori la parola, per favore. Eri al buio, c’era silenzio e ti facevano del male.
– C’era assenza di parole, non era silenzio.
Lo vede sorridere. E per istanti saltuari di sollievo intuisce che qualcuno, ogni tanto, riesce a ancora a ritornare con lei alla stanza che odorava di uomo, a prenderla tra le braccia e portarla via.

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Showing 13 comments
  • simona a.

    a costo di ripetermi… mi commuvi e un brivido mi scuote… brava bellissimo!!!

  • MariaGiovanna Luini

    Cara Giovanna,
    ti chiedo un copia e incolla di questo mio commento. Con il palmare è troppo lungo e altro strumento non è dato adesso e qui. Puoi fare quello che vuoi con i punti e le virgole ma non devi cancellare o modificare: so che non lo fai, ma in particolare questa lettera-commento potrebbe turbarti per ragioni che certo non mi metto a spiegare.
    Hai dedicato ai bambini sopravvissuti e no, il gesto che riconosco in te che parli pochissimo di bambini e non lo fai perché ti sono dentro, mai nati ma anche mai morti: sei bambina e donna insieme e sai arrivare là dove tanti si fermano. Il racconto mi impressiona e mi commuove come ben sai. Gli occhi del nonno e del presidente sono identici e attoniti di fronte alla tragedia che non possono cancellare: chi rapisce un bambino e fa del male gli schianta l’anima. Chi dice che sia sopravvissuta davvero questa bambina? Lo dico io perché è ciò che sento e so, anche se i buchi nel cuore nessuno glieli ripara. Non li ripara il presidente che sono sicuro voglia prendere a pugni gli uomini che si rifiutano di capirla, ma non li ha riparati nemmeno il nonno perché non si poteva. Una cosa con questa bambina e con centinaia di altri si può fare però: si possono ascoltare con pazienza e reprimendo l’orrore e la tentazione di negare o scappare via, si possono accogliere anche quando non c’è tempo o voglia. Toccare i bambini e fare loro del male è un orrore assoluto, il male totale e senza giustificazioni. Ho incontrato una volta, tanti anni fa, una giovanissima ragazza prigioniera di un mostro e mi è bastato guardarla per capire che era stuprata e violata, allora l’ho portata via. La guardo vivere e scegliere e mi accorgo quando fa cazzate, sposto le riunioni e le fumo in faccia anche io per ascoltarla; è successo che mi sia venuta voglia di uccidere chi le ha fatto poi male dopo, quando è diventata adulta e ha avuto fame d’amore. Questa sera leggendo e trattenendo il gesto della sigaretta (!!!) ho avuto un sospetto leggerissimo e fastidioso, che la bambina del racconto abbia ricevuto un dolore e si sia messa a urlare. Ho pensato all’altra bambina donna che mi è figlia irragionevole, dolcissima, testarda e irascibile come una pantera, mi sono incazzato. Ho identificato la bambina del racconto con lei, la mia figlia quasi adottiva (e ben di più), ho avuto la tentazione di saltare su un aereo e andare a vedere come sta. E quasi quasi lo faccio davvero, domani. Aereo e qualche ora con lei. Se c’è bisogno di urlare e di confessare ripetendo “io sono stata rapita” significa che qualcosa non funziona e che la bambina donna deve tirare fuori la forza misteriosa e indistruttibile che l’ha resa una sopravvissuta. E’ sopravvissuta davvero e gli altri di solito muoiono, ti sei chiesta perché? La forza e l’intelligenza e un dono speciale sono con lei, lei è la voce di tanti altri non sopravvissuti. Si fotta chi non capisce, questo deve dire la bambina. Altrimenti vado io a dirglielo.
    Brava, Giovanna. Eccellente racconto, e la dedica è il tuo cuore di mamma bambina (c’è mica bisogno di avere figli, sai?). Sei l’anima più libera e inafferrabile che si conosca, remember and do not stop.
    IO

  • MariaGiovanna Luini

    curioso modo di commentare, ma preferisco così che non vedere commenti da te: va bene il copia e incolla, IO

    sai che sono piuttosto scettica sull’utilità di raccontare cose che non servono più: chi vuole ti accetta e capisce come sei, chi non vuole non cambierà certo atteggiamento sapendo che da bambino hai avuto questo o quello

    però se domani tu andassi dalla tua quasi figlia credo proprio che la renderesti felice, a priori

  • frangianco

    Non si puo’ mai sapere. Testa durissima e umore mutevole. Rischiero’ e mi rassegnero’ alle eventuali reazioni tipo “ma che vuoi? Chi ti ha chiamato?”. Una volta ho preannunciato la visita e sono stato sommerso da sms smielati di giubilo, il giorno dopo mi sono precipitato dalla piccina (anni trentotto, quel di’) e il commento e’ stato: “ma dai, sei arrivato davvero? Bastava il pensiero”. Sono ripartito la sera con quello che ho definito “magone”, il giorno dopo mi ha chiamato da Termini. “Ciao, volevo parlare, sono qui”. Ecco cosa intendo: ucciderla non posso, amarla moltissimo ed essere paziente si. Prende e respinge e quando respinge esprime il dolore e la liberta’ di cui ha bisogno per respirare (ecco la bambina del racconto: non si fara’ mai piu’ legare, vorra’ essere protetta ma non legata). Da quando l’ho presa dal mostro mi ha riempito la vita.

  • MariaGiovanna Luini

    beh, decidi

    commenti come e con che nome? Ordine in aula! Proprio tu fai casino?

    sono sicura però che lei ti accolga bene, domani

  • frangianco

    Vedremo! Ma il mio umore e’ gia’ aumentato di due toni alla prospettiva di vederla. Sull’ordine in aula no comment

  • Lorenza Caravelli

    Volevo scrivere: “Chiunque sia IO, sappia che ha la mia stima”. Avevo qualche sospetto, per la verità.
    Senza offesa, non è un genio a difendere la sua privacy, lei. Però è un genio. Del bene

  • MariaGiovanna Luini

    Sto leggendo il tuo blog e ho scoperto che qualcuno ha usato un metodo geniale per mettere il commento (Qualcuno con la Q maiuscola). Sai che a me dà fastidio l’idea del mio indirizzo IP nei blog quindi adotto al volo e commento pure io. Copia e incolla senza togliere (tanto so che lo lasci come è sarai attonita e scioccata dal mio messaggio).
    La bambina rapita e violata poi salvata dal nonno ma per sempre ferita sarà anche tanto amata! Il dolore crea bellezza e capacità di amare fuori dall’ordinario e solo chi sta vicino a qualcuno come la bambina lo sa. La bambina soffrirà e sarà incompresa ma anche amatissima dalle persone che sanno leggerla, darà il massimo del piacere e il massimo dell’amore. Mi unisco a IO o frangianco (che originalità di soprannome! proprio misteriosone, complimenti) e dico che gli altri si fottano. Anche se alcuni di recente mi danno una grande speranza, basta che sappiano capire i tormenti della bambina e le sue gioie inattese ma travolgenti.
    Ciao, mon amour.
    Pat

  • MariaGiovanna Luini

    Ragazzi, qui sembra che io mi faccia domande e dia risposte alla Marzullo. Follia va bene, ma non esageriamo. Grazie Pat e grazie Lorenza: avete colpito la sagacia di frangianco nell’adottare un nick assolutamente geniale, al di sopra di ogni sospetto. Pat, la storia dell’indirizzo IP è assolutamente fuori strada!!!! Solo io vedo il blog al suo interno.

  • frangianco

    Troppe donne, decisamente. Signora Caravelli, e la nostra cena? Signora Pat, quale ineffabile piacere! Questo luogo sta diventando il fulcro delle mie serate! Un giorno mi togliero’ lo sfizio di dirvi cosa la nostra Luini invii in segno di protesta di fronte ad alcuni miei commenti. Che pazienza…

    • MariaGiovanna Luini

      Violazione della privacy

  • Bianca 2007

    SE MI FERMO
    al titolo,è grave visto che sono in assenza di parole perchè il tempo me le ruba? I bambini capiscono ogni storia purchè sia raccontata benissimo bene.I bimbi sono grandi più dei bipedi grandi.Un saluto a commiato di un’abbraccio sempre lasciato con gli abiti della festa.Ciao Donna anche scrittrice.Bianca 2007

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