Intermezzo, pomeriggio nell’isola

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– Fa tanto caldo che mi sembra di vederlo.
– Cosa?
– Come?
– Cosa ti sembra di vedere?
– Ah, intendi questo. Il caldo. Mi sembra di vederlo, come se fosse un vapore denso e trasparente da prendere in mano.
– Cosa vedi?
– Da qui? Il solito. Il mare, la nave grande.
– Si è rifugiata là durante il Levante della notte scorsa.
– Me l’hai detto. E’ ancora là, aspetta la sera. Poi vedo una vela che ha tirato giù tutto, fiocco e il resto, è immobile tra noi e Palmarola.
– Come fa a essere immobile?
– Vieni a vedere, sembra ferma.
Alza le spalle. Manda avanti un braccio, muove le dita e ride.
– Non ho voglia. Vieni qui tu, invece. Mi ritorna un’altra voglia, molto più interessante.
Paola scuote la testa, non si sposta. Con la mano destra tiene ferma la tenda bianca sottile, con la sinistra si accarezza i fianchi e forse non se ne rende conto: sono movimenti automatici e lenti, pigri, involontari. Osserva la vela ferma nel mare, e la nave con la catena enorme tuffata in acqua.
– Come sta lui?
– Lui chi?
– Il tuo amante.
Silvia sospira.
– Oh, dai. Non ricominciare.
– Ho solo chiesto come sta. Non sono abituata a pensarti con un amante. E se per caso scriverai un racconto con noi due dentro, noi due adesso, ricorda di scrivere un amante senza apostrofo. Amante uomo.
– Non metterò l’apostrofo, ma ho già scritto di noi, di te in piedi dietro la tenda di quella finestra.
– Lo so, mi sembra di stare nella tua scrittura. Ma hai scritto anche di lui, e si sentiva che ti piace.
– Certo che mi piace. E’ bugiardo ma mi piace. Sa fare e dire cose che altri neanche sognano. E per le bugie pazienza, fingo di non accorgermi.
– Non lo sopporterei.
– Cosa?
– Che sia bugiardo.
– E perché? Ci sono caratteristiche peggiori, e poi credo che abbia qualche motivo per mentire su alcune cose.
– Quali cose? Nessun motivo è valido per mentire, se tiene a te.
– Non è vero. Non mi piace, ma posso anche arrivare a capire. Mi dispiace solo che non  me lo dica.
– Cosa, che ti mente? E’ un controsenso. Te lo immagini? Amore, ti mento ma non prendertela. Sono un bugiardo, che vuoi farci.
– Non è così che intendevo.
– E’ un controsenso comunque, Silvia, ammettilo.
– Non lo è. Un conto è mentire sperando che io beva ciò che dice, un altro conto è offrirmi una parziale verità: cioè mento perché devo, non mi fare spiegare perché sono cose mie ma credimi, tengo a te. Insomma, lascia perdere. Chi se ne frega, in fondo. Ci vado a letto, non lo devo sposare.
– Vorrei vedere. Ma dimmi su cosa mente con te, non mi piace che lo faccia.
– Niet. Ferma. Lo sai. Tu e io abbiamo segreti, ma li ho anche con lui.
– Questo mi fa incazzare.
– Fa niente, lo devi accettare.
– Dio, come si fa? Non ci credo. Hai un uomo, ci vai a letto, ma che schifo.
– Senti chi parla.
– Non iniziare tu, adesso. E’ diverso.
– In cosa? Bruno non ti tocca?
– Mi tocca. Gliel’hai visto fare, anche.
– E non mi sono divertita granché.
– Ma è diverso, e se ci pensi lo sai.
Paola gira appena la testa.
– E’ sempre stato diverso. Bruno esisteva prima, come Salvatore. Poi Salvatore grazie al cielo ti ha lasciata.
– Che carina, grazie.
– Sai cosa intendo. non riesco a pensare che sei stata finalmente libera e solo mia e ti sei messa con un altro.
– Egoista. Non è andata così.
– E come allora? A te della coppia non frega niente, potevi scoparlo e basta.
– Scusa, che discorsi sono? Sono affari miei, non ti toglie proprio niente.
– Mi toglie te.
– Figuriamoci.
Paola mormora qualcosa, ma Silvia non riesce a sentire. E’ bella da togliere il respiro, è quello il suo problema. Ha sguardi e desideri incollati addosso, cammina senza il beneficio dell’anonimato e non sempre è pronta all’attenzione che la segue. Esibizionista per gioco, timida trasformata in donna fatale. Silvia non sa guardarla senza volerla spogliare, senza ricordare il gusto sodo e salino della sua carne e il rumore agghiacciante delle sue urla di piacere. In un tempo passato l’ha amata, adesso gioca con il suo corpo che la abbatte, la lega a sè più di quanto sia disposta ad ammettere.
– Noi due, contiamo solo noi. Hai capito, Silvia? Ho bisogno di te.
– Non dire così. Mi hai, e comunque non hai bisogno di me.
– Sì, ne ho. Non ce l’ho fatta senza te.
– Il problema non si pone. Sono qui.
– Certo. Oggi. Ma decine di volte non sei venuta da me quando te l’ho chiesto.
– Uffa!
Silvia butta una gamba fuori dal letto. Piega il ginocchio ma la forza di alzarsi sparisce. Non ne ha voglia. Se Paola smettesse di parlare sarebbe molto meglio, perde tempo e non capisce che i minuti non vanno sprecati. Dovrà ripartire. Presto, riparte sempre più presto. La vuole nel letto, l’odore del suo corpo è ancora sulle dita e la spossatezza dei muscoli lascia spazio al desiderio. Non passa, il desiderio di lei non se ne va, non muore neanche quando immagina il suo corpo perfetto nelle mani di Bruno. Le mani che odia. Basta che Paola sorrida e muova le labbra, basta che la sovrasti dai tacchi alti delle scarpe che sa portare anche in mezzo ai sampietrini e la volontà cede. E diventa voglia, e bisogno, e piacere.
– Vieni qui, adesso.
– No.
– Perché?
– Lo devi lasciare.
– Paola, sei impazzita? Non ci penso proprio.
– Perché? Non hai bisogno di lui.
Potrei dirti che non ne ho bisogno e lo so, potrei lasciarlo per amore o acquiescenza o noia, tanto per renderti contenta e lasciarti assaggiare di nuovo il potere, ma non lo farò. Non adesso, non per le tue parole. La guarda e sorride, pensa cose che non dirà. Paola sa che non lascerà Mario, Silvia sa che Paola non crede sul serio di convincerla. Ci prova, è gelosa del piacere. Perché sono questo per te, piacere puro. Il massimo del piacere, dici, e temi che lo sia anche per lui, e che sia lui a darlo a me. In vece tua. Allunga il braccio, lo tende e vede la pelle abbronzata luccicare per un attimo.
– Vieni, amore. Vieni qui.
– No.
– Non essere stupida. Ti voglio, avvicinati.
Fa tre passi indietro ma non si volta, cammina e rischia di inciampare. Non le dà la soddisfazione di guardarla.
– Non so se riesco a fare l’amore con te, adesso. Penso a lui, mi viene in mente che ti tocca e ti fa godere.
– E tu cancellalo dalla testa. Ci penso io, fai altri due passi. A letto, qui. Fidati di me, lo dimenticherai. Vieni qui.
Indietro, ancora. Paola siede sul letto. Le tocca una coscia.
– Non voglio che mi abbandoni per lui.
– Abbandonare. Che verbo pesante e arcaico. Perché dovrei farlo, comunque? Lui è pieno di donne, e…
– Anche tu sei piena di donne. Lo sa, lui?
– Attenta. Questo è un argomento che non vale, tra noi.
– Lo sa, lui, che le donne ti adorano?
– Ma piantala.
Silvia la tira su di sè, sente il suo corpo tonico aderire, cerca le labbra. Con la lingua le forza, e succhia il suo sapore. Poi le sposta i capelli dal viso.
– Sei la mia unica donna. E lui l’unico uomo. Nessuno di voi due ha da temere, e non credo lui tema granché. Sei tu che ti inventi paranoie inutili nonostante l’evidenza. Sono soddisfatta e libera, non prometto niente ma non cerco altro. Per ora va così.
– Mi tradisci, l’hai sempre fatto.
– Anche tu.
– Non è vero!
La bacia di nuovo. Certo che mi tradisci amore, potrei elencarle tutte le donne che hai visto negli ultimi mesi. In parte sono le stesse che vorrebbero anche me, in parte arrivano con il vento del pettegolezzo e dell’intuizione. Ma ti conosco, so chi sei. Sono il tuo massimo piacere, ne sono sicura e non perché sei tu a dirlo. Ti guardo, ti ho vista prima mentre cercavi aria e voce per resistere ancora un istante e lasciare andare l’orgasmo appena dopo, appena più in là, lo vedo quando ti incazzi a morte perché rifiuto i tuoi inviti a cena. Lo vedo, e lo so dal tuo corpo. Sposta le dita sul suo seno. Il capezzolo le riempie il respiro, lo stringe e la sente gemere.
– La smettiamo con le menate?
– Non sono menate.
– Oh, sì, lo sono. Gigantesche. E io ho voglia di fare l’amore.
– Sei peggio di un uomo.
– Lo so, amore. Mi vuoi per questo.
La spinge di lato, il suo corpo rotola e il sudore lo copre. E’ sottile, a piccole gocce.
– Mi fai dannare, Paola.
– Sei una stronza, Silvia.
L’aria condizionata al minimo smette di fare rumore, Silvia se ne accorge all’improvviso. Tra poco avranno ancora più caldo. Non ha voglia di alzarsi per farla ripartire: ci penserà dopo. Piano, spinge le gambe di Paola e le divarica, poi scivola in basso. La sentirà gridare, ed è l’unica cosa che importa.

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Showing 4 comments
  • frangianco

    Oh ma che splendore, bricconcella!
    Stile pulitissimo, immediato, dialoghi vivi e veri. Perfetto. Si sente Carver, e azzardi salti che prima virgolettavi. Brava! E molto bricconcella. Ma si sapeva

  • frangianco

    Aggiungerei che la decisione di ritrarre tempo dopo una situazione analoga a quella gia’ descritta in un precedente racconto e’ abile e audace insieme. Specchio ed evoluzione di un se’ letterario, diverso dal vero se’ ma ugualmente reale. La relazione tra due donne che si amano carnalmente (ma Silvia ama ancora Paola?) crea lo scenario per il resto, per l’amante bugiardo che tuttavia e’ amato e forse sfugge, sbagliando, alla fiducia di Silvia. Bello, lo rileggo e mi piace. E il desiderio di Silvia e’ maschile al punto giusto: donna che ama Paola quasi come un uomo, ma ama Mario come una femmina perfetta. Brava.

  • MariaGiovanna Luini

    ma grazie! Che commenti interessanti e lusinghieri. Non mi aspettavo interventi dei lettori, la bisessualità di solito ammutolisce l’uditorio letterario

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