l’acqua in fondo, sul frigorifero
– Cambia l’odore della stanza.
– Come, scusa?
– Cambia l’odore della stanza, per favore. Apri e lascia passare il fresco, qui sa di chiuso. Sto soffocando, di là sentivo il sudore e ho stretto un milione di mani appiccicose. Che schifo, apri.
Donata si muove in fretta, strascica i piedi e apre i vetri.
– Ah, cambio aria. Hai ragione, è chiuso da un po’. Vuoi acqua?
– Non ho detto di cambiare aria. Cambia l’odore.
Accende una sigaretta, ci ripensa e la butta via, allunga le gambe su una valigia messa per traverso davanti alla poltrona. La voce di Donata squilla e dice parole che si aspettava.
– Oh, ma sei veramente pesante. Facevo per dire. Si apre la finestra e si dice cambio aria. In fondo l’aria cambia sul serio, circola e si rinfresca. Non è sbagliato.
– L’aria è sempre quella, circola anche con le finestre chiuse quindi tecnicamente cambia in continuazione oppure, se la guardi da un’altra parte, resta uguale. Sempre se stessa. Come noi. Siamo monoliti immutabili, nasciamo e arriviamo alla morte identici. Pensa all’aria, che è quasi eterna e assomiglia a se stessa per tutta la vita. Non invecchia neanche, resta lì e non può fare niente d diverso.
Donata si avvicina e porge un bicchiere mezzo pieno di acqua che ha preso dalla bottiglia in fondo, sopra il frigorifero. Era già aperta, Lorenzo l’ha notata quando ha lasciato indietro le voci e gli applausi e ha cercato rifugio chiudendo subito la porta. C’era la bottiglia in fondo, sul frigorifero, ed era aperta: ha pensato che qualcuno avesse bevuto durante il suo discorso, teso oppure a corto di saliva. Non ha voluto credere che si fossero distratti: è stato troppo importante per tutti, anche per loro, per la riuscita del progetto e per lo staff. No, qualcuno, forse Donata, ha bevuto e dimenticato la bottiglia aperta sopra il frigorifero. Oppure è stata Giulia, che detesta l’acqua troppo fredda quindi decide anche per gli altri. La toglie dal frigorifero apposta, dice che la vuole così e gli altri si arrangino. E’ sempre pettinata giusta, vestita giusta, con un fazzoletto stirato e candido in borsa, e beve acqua tiepida. La volta che l’ha portata a letto si è divertito: non è affatto frigida come pensa Donata, ci mette un po’ a scaldarsi poi tira fuori la passione. E gode, anche.
– Cosa c’è, Lorenzo? Dovresti essere al settimo cielo, è andata benissimo. Senti che ancora qualche gruppetto applaude e ti cerca, ti chiamano sul palco? Vogliono il bis, la tua faccia da guardare.
– Neanche per sogno. Mi hanno avuto come da contratto, rispetto ai primi tempi faccio bagni di folla che non credevo di riuscire a tollerare. Ora basta però. Non esco.
– Lo so, ma loro ti vogliono. Devi essere contento, invece hai una faccia da funerale.
Ai funerali non va. Forse perché non sa che faccia sia necessario adottare. E’ talmente abituato a scegliere l’espressione da pennellarsi in viso che i funerali rappresentano un problema, sono ignoti e imbarazzanti Trova sempre una scusa. E non può sopportare le frasi fatte, quante volte l’ha detto. Alza le spalle.
– Dicevo solo che l’aria non si cambia quando una finestra viene aperta. Dire che cambiamo aria è essere caproni che seguono il gregge.
– Pecore, semmai.
– Caproni, sono più brutti. Le pecore belano. Insomma, l’aria è come me e te e tutti quelli che stanno là fuori. Siamo uguali dalla nascita alla morte: cambia il fisico, siamo alti o grassi o magri, biondi o neri poi tutti bianchi o calvi, ma l’essenza rimane. Ed è banale e fissa, molto più di quanto ci piaccia ammettere. L’aria non fa altro che assomigliarci, vedi, è parte di noi perché nel nostro corpo c’è anche tanta aria e meno male altrimenti saremmo morti, l’aria è e sarà sempre la stessa cosa. Finestre aperte o chiuse, cambia solo l’odore della stanza.
La sua mano gli accarezza una guancia senza erotismo. Sono amici, lo sanno e non tentano più di sudare a letto. La complicità è di testa, di lavoro, di risate e confidenze astratte solo qualche volta. I corpi si sono abbandonati da tempo.
– Dai, Lorenzo, va bene. Spazio filosofia chiuso, andiamo sul leggero. Cosa c’è? Non sei contento del discorso? Seriamente, lo voglio sapere davvero perché l’abbiamo scritto mettendocela tutta.
Sorride, le prende la mano e la lascia andare, poi chiude gli occhi e appoggia la testa indietro. La luce filtra dalla tenda e colpisce metà della fronte, la sente calda e debole come il pomeriggio dell’inverno che arriva.
– Ma no, va tutto bene.
– Non tutto. Non capisco cosa, ma c’è un dettaglio che stona.
– Non si fa più sentire.
Donata trattiene il respiro, la frase gli è sfuggita bassa e casuale. Difficile che ne parli, perfino con lei. Si avvicina, attenta a non toccarlo, parla ai suoi occhi chiusi.
– Sul serio? Ma da quanto tempo? Mi sembra incredibile.
– Anche a me. Eppure sta succedendo. E per te non è incredibile, non fingere. So come la pensi. Non ha più risposto, chiamare non chiamava neanche prima ma adesso proprio niente. E non si fa trovare. Ha spiegato che vuole vivere, ha quarant’anni e ama qualcuno. Però l’amore non c’entra, insomma, non è perché ama che sparisce. Dice che sono un’ombra troppo pesante, che sta tentando di camminare da sola. Stronzate così, è in crisi. Forse sono i quaranta senza figli, che dici?
– Forse. Ma secondo me doveva succedere.
Spalanca gli occhi e strizza le palpebre, scuro sulle guance e incapace di tenere la rabbia.
– Cosa dici? Perchè? Non l’ho sempre trattata bene? Lei era… E’…
– Lei è, lo so. E credo lo sappia. Ma tu sei adulto e vaccinato, smetti di fingere. Hai famiglia, e che famiglia direi, e una carriera, e non siete più due quasi bambini che si salvano a vicenda. Hai fatto scelte che ti portano lontano, lo stesso ha fatto lei.
– Adulto e vaccinato, puoi smettere di usare frasi fatte?
– Era per dire. Elisa ha toccato e oltrepassato i quaranta, era ora che decidesse di andarsene per conto suo. Sai come la penso, per anni è rimasta nella tua ombra e vi siete dati e tolti troppo. Da tre anni la stai perdendo. Perché sono tre, più o meno.
– Non è vero.
– E’ vero invece. Siamo qui perché sono accadute cose, e lei dava segno di ragiornarci su, di mangiarsi quelle cose e berle e digerirle a fatica. Le ha digerite, a quanto pare, e ha capito dove vuole stare. Più facile di così. E’ una persona adulta che ha visto chi è, cosa fa, dove vuole andare. Magari non ha ogni risposta, ma cerca da sola le soluzioni.
– Era quasi mia figlia.
Donata si allontana, la bottiglia dell’acqua passa nelle sue mani. Versa in un bicchiere pulito, beve, poi versa ancora. L’aria sta diventando gialla, sono le luci dei lampioni che all’improvviso si sono accese. Lorenzo capisce che è tardi.
– Quais mia figlia, insomma, non si fa così.
La voce di Donata è molle, come se sapesse dove andranno a finire con un discorso che non avrebbero dovuto affrontare.
– Lorenzo, lei non era più tua figlia da un bel po’. Lo è stata all’inizio, quando era molto giovane, poi è diventata altro. A questa storia della figlia non credeva nessuno, nemmeno voi. Perché pensi che le tue fidanzate o compagne o mogli si siano sempre incazzate? Perché il segreto più totale, e la rinuncia a dire che lei esiste?
– Uffa, ancora. Loro si indispettiscono…
– Indispettiscono, eh, mettiamola così, Vai avanti.
– Detesto le parolacce, non servono. Insomma, si arrabbiano o arrabbiavano perché erano limitate, non riuscivano a capire. E sono affari miei. Quanto al segreto, a me non serve più.
– Non ti serve più? Vuoi dire che se questa storia…
– Voglio dire che non mi serve, è lei che si ostina. Dire che lei è parte del mio gruppo mi darebbe onore. Lei è…
– Appunto. Lei è. Proprio perché si è accorta di essere ha cambiato strada. Pare che ti abbia detto sono adulta, non ho bisogno di un genitore che non era più genitore ma amante o amico e confidente o chissà cosa, voglio amare e rischiare in proprio. Non puoi farci granché, se non sperare che sia saggia come io credo che sia e recuperi in futuro una visione più equilibrata, faccia un bilancio e intuisca che non serve chiudere del tutto, basta solo ridimensionare un po’. Se vuoi sapere come la penso, era tua schiava anche se da te ha ricevuto tanto. Ti ha dato, anche. Finchè, tre anni fa, ha deciso di interrompere una certa forma di rapporto con te, quello fisico, vero?
Si agita sulla poltrona, il bicchiere vuoto cade ma non si rompe. Lo raccoglie.
– Mi dai ancora acqua? Scommetto che è stata Giulia a lasciarla fuori dal frigorifero.
– Non so, l’ho trovata così.
– Grazie, ancora un po’. Così, grazie, basta.
Beve, pulisce la bocca con il polso, Donata spalanca gli occhi.
– Damerino, cosa fai?
– Scusa, parlare di Elisa mi fa stare così. Non so.
– E’ vero o no che tre anni fa non è più venuta a letto con te? Che avete smesso di stare insieme fisicamente?
– Non c’era niente di male, non l’ho mai molestata anzi io…
– Lo so, e lo sa anche lei. Penso ti volesse bene e tu fossi l’unica forma accettabile di erotismo con un uomo, sai? L’ho sempre creduto, ne ero certa.
Annuisce.
– Lo penso anche io. Ma adesso credo che sia tutto cambiato.
– Sì. Ho saputo. Tranquillo, non ho saputo cose precise, ma le donne queste cose le capiscono. Lo sviluppo della sua maturità è arrivato a un risultato, credo. Non si sente più parlare della sua donna, anzi so per certo che non stanno più insieme, e si è innamorata di un uomo. In sintesi, basta tutori, basta confusione, cerca la pace. Per me ha ragione. E per me troverete un accordo, vi volete bene. Devi solo accettarla, come lei ha accettato te.
– Accettato me?
Aspetta a lungo prima di parlargli ancora. Gli occhi ironici, poi tiepidi, poi seri gli dicono che è sciocco fingere di non sapere. Elisa ha accettato donne e amori, e relazioni passeggere. Ha raccolto umori e drammi, ha lavorato con lui e previsto il futuro. Ha accettato prima degli altri le sbandate e gli allontanamenti, poi le richieste di perdono. C’era, lei c’è sempre stata.
– Ti ha sempre accettato. L’ho sempre vista rimanere. Lontana il giusto, ma mai veramente divisa da te. L’ho sempre definita la tua migliore e più intima amica, lo sai, non ho mai bevuto la storia del rapporto paterno ma neanche l’illusone che tra voi ci fosse amore. Amore sì, ma non quello che ogni tanto vi faceva stare insieme di notte. Anche con me hai scopato, ma non abbiamo mai vagheggiato storie d’amore che in effetti non c’erano. Lo fai con tante, e lo facevi con lei perché ti piaceva l’idea che fosse tua. Sei sempre stato geloso, non volevi che le altre la prendessero. Le altre o gli altri, dipende da come la consideri nella sessualità che ha cercato come una pazza. Lei ti ha accompagnato e ti accettava, sempre. Adesso tocca a te.
Si alza. Appoggia il bicchiere in fondo, sul frigorifero.
– Questa acqua andrebbe tenuta in fresco. Giulia non ha il diritto di condizionare gli altri.
Sente i passi, la porta che si apre.
– Vado fuori. Non credo sia utile proseguire in questo discorso. Elisa ritornerà quando sarete amici, affettuosi amici. O forse non la rivedrai perché chissà cosa altro le verrà in testa. Con lei non si sa mai. Ciao, a dopo.
Brusio dietro, la sala ha ancora gente che si illude che uscirà a salutarlo. Infila le mani nelle tasche dei pantaloni. Anni fa avrebbe avuto Elisa lì, nascosta nella stanza, rossa di entusiasmo e gelida di repentine paure. Il suo discorso, suo di lei, sarebbe stato un altro passo avanti per loro.
– Amore, ti decidi? Vogliamo lasciare tutta questa gente così? Dai che ti vogliono, forza.
Non ha sentito la porta aprirsi di nuovo. Valentina gli va addosso, lo stringe.
– A cosa pensi così distratto?
– Non so. A niente. Mi riposo.
– Eddai, mi sono eccitata mentre parlavi. Andiamo a casa subito, su. I bambini sono via con i nonni, facciamo qualcosina da soli.
Sorride. Mette l’acqua nel frigorifero.
– Va bene, andiamo. Però la prossima volta ricordami di fare mettere più bottiglie in fresco, per colpa di Giulia ho dovuto bere acqua tiepida. Quanto alla gente, lasciamola lì. Andiamo a casa. E’ andata bene, è andata proprio bene.
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Chapeau. Racconto carveriano nello stile, luiniano nello stile e nei contenuti. Molta classe. Ci si chiede quale relazione abbia Lorenzo con Elisa e se lei ritorni oppure no. E se lui accettera’ di riaverla come amica e non amante eterna. Il fatto di chiederselo implica che il racconto crea pathos e coinvolge, si entra nella stanza con loro. Chapeau.
Grazie per il commento! Lo stile luiniano mancava alla collezione dei commenti, ma l’argomento ammetto che sia luiniano. Ogni tanto ritornano fuori figure storiche rielaborate dal tempo. Così ho vissuto io la nascita di Lorenzo in questo racconto.
Potentissimo e tecnicamente perfetto, grazie!!!
grazie a te, Paolo
SI.LO STILE ALLA CARVER C’E’
ed è perfetto.Ciononostante,dopo averlo letto,io dico: “E’ TERRIBILE!”
Ma sarà così anche nella verità dell'”ultima istanza?”…Penso alla disperata solitudine dell’uomo del racconto e,all’amore che mai ha conosciuto nella fusione di animae corpo pur con tanti tantissimi corpi spartiti e da spartire.Che l’AMORE E’ LA MORTE DI OGNI PASSATO e “qui” non vedo questo ma neppure “vedo” c’è stato.Ciao,cara scrittrice,Bianca 2007
Susciti spesso dibattiti su amore e non amore. Forse il modo di esprimere la stranezza di tante relazioni calate nel vero stimola reazioni incredule o, all’opposto, di identificazione
Amore e non amore. Che l’amore prenda la forma che deve, chi può sapere cosa sia amore e cosa invece non lo sia?