per la dignità delle donne, e per la mia
Dicono che dovrei scegliere il volto di una donna del passato, una che ha lasciato una traccia nella storia, e per un po’ di tempo sostituire la mia fotografia nei social network con quel volto. Dicono che in questo modo contribuirei a risollevare la dignità delle donne. Offesa. Sottovalutata. Fraintesa.
Dicono. Ma non lo farò, non userò la faccia di un’altra donna per difendere la mia dignità. Perché l’esempio non si delega, si imita o si usa per migliorare se stesse ma è anche, e molto, parte della propria personale responsabilità. Perché dovrei scegliere l’identità altrui per rivendicare la semplice, meravigliosa, complessa verità della mia vita? Perché dovrei sentirmi più valida o importante o onorata di fronte a casalinghe, operaie, avvocati, ballerine, pittrici, operatrici ecologiche sostituite temporaneamente da immagini di Maria Callas, Artemisia Gentileschi, Maria Gaetana Agnesi, Marie Curie? Soprattutto: perché devo cercare altrove qualcosa che so di possedere? La dignità, di questo si parla, e l’orgoglio di essere donna.
Tolgo di mezzo fraintendimenti e strumentalizzazioni: essere donna per me non è argomento politico. Non mi piacciono le quote rosa, non mi piace la discriminazione sbandierata per ottenere diritti che, in tanti contesti, già abbiamo. Non mi piace che la donna parta dal presupposto di essere svantaggiata senza avere tentato di essere adulta, responsabile e autonoma nella propria indipendenza. Non mi piace che si usi il genere per avere più diritti, quasi essere donna fosse una disabilità che richiede maggiore cautela, maggiore attenzione. Sono donna e non sono uguale a un uomo, ma non mi sento superiore e nemmeno inferiore. Mi sento donna, basta questo per avere diritti e doveri naturali.
Ciò che accade in questo tempo intorno, sopra, dentro, vicino alle donne mi confonde. Più di tutto, fuggo atterrita di fronte alla contrapposizione bieca tra bellezza e cultura, considerate inconciliabili e impossibili da trovare insieme nella stessa donna: è una contrapposizione che trascina con sé altri dualismi assurdi, come giovinezza – serietà, sensualità – intelligenza, allegria – profondità di anima. Se una donna ha raggiunto un livello culturale alto deve essere brutta o, almeno, poco attenta ad abbigliamento e cura del corpo. Se una donna è sensuale, non vi è dubbio che abbia raggiunto qualche traguardo grazie a favori erotici concessi a uomini di potere. E via così.
Ma no, non mi piace.
Mi chiamo Giovanna Maria Gatti, la fotografia che vedete è una delle tante. Perché se vi date la pena di cercare potete trovarmi a tante età e con un peso che, nel tempo, ha conosciuto le fluttuazioni più improbabili per un disturbo alimentare che ho descritto nel 2009 in “Diario di melassa”. Giovanna Maria Gatti è anche MariaGiovanna Luini, uno pseudonimo che ormai nasconde poco e che, comunque, è sempre stato un gesto di amore e di rispetto nei confronti dell’attività di medico. Uno pseudonimo che mi si è attaccato addosso e regala libertà, una piccola libertà dell’anima che mi piace.
Chi mi segue lo sa: ho due professioni. La prima è la scrittura: narrativa, scientifica, divulgativa, teatrale. Le seconda, non in ordine di importanza (dovevo metterne una prima e una dopo, e ho scelto questo ordine), è la medicina: sono senologa e comunicatore scientifico in un istituto oncologico a Milano. Ho una laurea in medicina, due specializzazioni e un master universitario. Altezza media (se considerata con ottimismo), sovrappeso altalenante, quasi 41 anni. Non ho figli, ho i miei libri. Vivo qua e là, non mi sento a casa ma confido di scoprire la pace, prima o poi. Sono umorale, irascibile, collerica, passionale, disordinata, e non so cucinare. Quando provo a rendere felice qualcuno con una cenetta in casa rischio di perdere amicizie e amori. E non ho senso estetico. Mezze misure mai: amatissima oppure odiata. Se mi arrabbio dico cattiverie agghiaccianti, mi pento subito e vorrei che tutto ritornasse a posto in un istante. Pigra anche se iperattiva quando qualcosa mi interessa, non porto i tacchi ma adoro guardare i piedi delle donne quando sono curati, con la pedicure perfetta (che a me non manca mai) e torturati da tacchi pazzeschi. Non indosso gonne o vestiti sensuali, non so farmi la piega ma affido il taglio dei miei capelli a un artista che si chiama Tommaso. Mi trucco, ho dovuto imparare e se devo essere sincera non mi importa proprio niente di farlo. Adoro mangiare, preferisco il vino rosso a quello bianco.
Ho scritto fiabe, romanzi con l’amore e la morte e il tormento, e ho scritto anche erotismo. Sono andata pesante con l’erotismo, in un paio di occasioni: “Cosa fanno le tue mani”, il romanzo più recente, è erotico oppure no? Chi lo sa, io credo che non lo sia. Ma la mia parola non fa testo. Tra i miei libri, anche due saggi sulla ricerca oncologica e sulla salute spiegata ai bambini (scritto insieme a Umberto Veronesi). Ho la erre moscia. Faccio parte di Vedrò (www.vedro.it), ma credo che nessuno dei miei amici vedroidi si sia mai posto il problema di chiedermi quale sia il mio voto alle elezioni politiche: questo è l’unico vero segreto, che tutelo con decisione. Prendo posizioni sociali, quasi mai politiche.
Detesto il telefono. Amo gli sms. Mi piace scrivere lettere, ma solo quando sono ispirata: di solito deludo chi mi manda email perché rispondo dopo mesi, anche se queste risposte sono a lungo meditate, e preparate con l’amore e la fantasia. Ho perso amici per l’invidia e il pettegolezzo, ed è capitato che intuissi chi, come e cosa senza però approfondire. Tanto, chi se ne va per un pettegolezzo senza verificare di persona non era destinato a rimanere. Sono insicura quando si tratta di corpo, amore, fedeltà e abbandono. Sono gelosa, possessiva, ma scappo dalla noia e non sempre sono fedele. Credo che sull’amore ci raccontiamo un sacco di stupidaggini, e l’Amore sia molto diverso dal sentimento che stiracchiamo egoisti a nostro uso e consumo. Alcune donne sottolineano con orgoglio di non essere mai state lasciate: “Ho sempre lasciato io”, dicono, come se perdere un amante o un fidanzato fosse una vergogna. Non posso mettermi nel gruppo: ho lasciato e sono stata lasciata, e non mi vergogno a raccontarlo. Ho pianto per amore, ho inseguito e corteggiato, ho avuto la gioia di scoprire persone stupende quando sono stata capace di mettere da parte l’ansia e accettare di essere amata.
Leggo, leggo, leggo. Ho imparato da sola quando avevo tre anni, e anche la scrittura è arrivata così, per imitazione delle parole che respiravo. Però non conosco la matematica e la fisica, mi sfuggono perfino i rudimenti. Non so stirare. Ho pubblicato con editori indipendenti, che è un altro modo per dire che sono molto più piccoli di altri: non per questo mi sento meno scrittrice, anzi sono fiera del percorso difficile, intrigante, pieno di speranza e soddisfazione e autocritica e studio e fatica e duro lavoro. Vado avanti, ed è una gioia: sono i lettori la mia casa editrice grande e ricca, il resto arriverà. E, comunque, le migliaia di copie vendute con “Una storia ai delfini” (uscito anche in Spagna nel 2010) e “Le parole del buio” rendono l’impegno e i viaggi per le presentazioni una soddisfazione ancora più vivida.
Ho amiche bellissime e amiche intelligentissime. La cosa straordinaria, quella che proprio rischia di sopraffarmi per l’emozione, è che nella maggioranza dei casi le amiche bellissime coincidano con le intelligentissime: sono stata io a scovare alcune rare selezioni naturali oppure c’è qualcosa che non va nel dualismo bellezza-intelligenza di questo nostro tempo? E, se parliamo di bellezza, che cosa è esattamente?
Insomma, amici, chi di voi frequenta i social network non avrà il piacere di scoprire il mio volto sostituito da una donna più famosa, colta, eterna di me. Manterrò la mia identità, con le cadute rovinose di ogni giorno ma anche con i successi intimi e veri, con i tentativi e la passione che metto in ogni azione. La dignità che porto in dono è la mia, insieme alla mia faccia. Sono donna, che questi vi basti.
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Brava, brava, brava
Hai anche spezzato molti cuori, ma sempre con eleganza. Sai amare fedelmente, sei un’eccellente alleata e amica. Sei intelligente, dell’intelligenza vera, e generosa. Sei unica e tanti ti imitano. Brava
Due uomini i primi commentatori di questo monologo. Riconosco a gf la parzialità e sorrido per l’affetto (i cuori spezzati hanno poi scoperto di essere stati miracolati, senza i miei altalenanti umori ora vivono felici e contenti).
Mi ha colpito molto l’iniziativa dell’adozione di un volto diverso, ho tentato di trovare il senso ma andava contro la mia idea di dignità. Vorrei essere Virginia Woolf ma senza suicidarmi, vorrei una passione e il conseguente carteggio con Vita e chissà cosa altro. Ma non posso rivendicare la bellezza di essere donna, la dignità, nascondendo me stessa dietro qualcuno più famoso. Forse solo le donne che nel passato hanno raggiunto vette che io stessa ammiro sono degne di cambiare in meglio il mondo? No. Voglio guardare la dignità del mio viso, del viso di tante e tante donne che non sono necessariamente famoso, ma le cui storie sono uniche e importanti.
Non ho sostituito la foto neppure io per gli stessi motivi da te sopra esposti in modo garbato, ironico, e stupendamente scritto. Mi sono riconosciuta in molte cose, forse ci hanno scambiato nella culla,anche se al contrario so stirare e cucinare.Sono felice e fiera di esserti amica e non mi importa gran che se faccio faccio parte delle bellissime o delle intelligentissime, delle mediocri o degli sgorbi, so che il mio essere donna vale molto di più e che la mia faccia ce la metterò sempre( non in un avatar) senza nascondermi o sostituirmi con qualcun altra, son già abbastanza impegnata a gestire il disastro di me stessa.Ti ringrazio di questo scritto e di questa lettura che, ancora una volta, mi conferma che essere donne è un ‘avventura a tempo pieno. Un abbraccio discepola.
Ho visto solo adesso questo splendore di autoritratto.
Rubo agli sms il loro linguaggio contratto.
Tvb
Caspita, questo e’ parlar chiaro. Ma a chi viene sempre in mente di farsi i fatti tuoi e disseminare consigli non richiesti???
Brava Gio’, non dar retta
Grazie a voi! Grazie per la lettura e i commenti ma soprattutto per l’affetto, che condivido e ricambio in pieno. Bellissime e intelligentissime, siete voi. Sono le persone che ho il privilegio di avere nella vita.
Enri, sai che questo pezzo su Facebook ha scatenato un dibattito interessante? Penso che i consigli non richiesti siano abitudine che non riusciamo ad abbandonare del tutto, ma non rappresentano il peggio: peggio è il giudizio che scatta automatico. Giudizio sulle libere decisioni della gente, sulle parole, perfino sulle fotografie scelte. Ho trovato particolarmente interessante osservare che scivolare nel giudizio è facilissimo, questione di un istante. Per questo, forse, l’uso delle parole andrebbe meditato di più. Quando ho pubblicato questo post sapevo che avrebbe suscitato reazioni (positive e negative), la fortuna di avere la scrittura come professione è avere capito che ogni frase, ogni pezzo, ogni libro diventano motivo di reazione. Altrimenti nascono morti. Non sono però certa che i commenti nei social network come Facebook abbiano sempre dentro la medesima riflessione preventiva.
BRAVA!
Questa è fierezza d’essere consapevoli che ciò che si E’ è valore che non conosce il prezzo di moneta.Un grande abbraccio,Mirka
Brava!
Mi piace molto. Cari saluti. Sandro
Grazie! Abbraccio.