il programma perfetto
“Ho scritto poi l’ultima parte, ma non voglio anticiparvela… No, neanche un indizio: la storia a un certo punto… Beh, proviamo a dare qualche accenno ma senza sciupare la suspence, cosa ne pensi?”.
“Penso che debbano comprare il tuo libro, è una storia poderosa! Po-de-ro-sa!”.
Prova ad aggiustare l’espressione del volto, ignora il crampo che da alcuni minuti tormenta la sua gamba e si sposta. Pochi centimetri, forse nemmeno: va a destra con il bacino ma sa che è un movimento fittizio, regala l’illusione della novità e del sollievo se le articolazioni fanno male. Il sollievo dura niente, e si ritorna come prima.
“Manca molto?”.
Il sussurro di Angelo le stuzzica un sorriso, lo nasconde subito perché ha scelto una sedia che, per le misteriose regole delle platee, si incunea dritta in un corridoio di spalle e colli e vuoto, e sia la scrittrice che il suo entusiastico relatore la vedono bene. Ha la faccia nelle loro mani, più o meno, anche se è in ultima fila. Le capita di scegliere la seconda o terza fila e trovarsi davanti gente che non sta ferma: poche ore fa avrebbe voluto ascoltare Andrea Vitali e osservare il suo volto, magari scambiare con lui due occhiate, ma il ragazzo inquieto con la maglia di cotone nera e un disegno dark sulla schiena era una rana instabile, si spostava a destra e a sinistra e creava un paravento da vertigine. Adesso che vorrebbe nascondersi, adesso che si è seduta solo perché ha deciso di riposarsi e aspettare la presentazione successiva, quella che realmente le interessa, la gente è disposta in modo tale da renderla visibile e palese.
“Non farmi ridere, quelli mi notano”.
Angelo scuote la testa come a dire “chissenefrega”. Sta giocando con l’iPhone, manda messaggi a qualcuno. Sta sempre scrivendo a qualcuno: testa bassa, occhi fissi sullo schermo, dita in fregola. Gianna si chiede spesso a chi scriva, ma finge di non volerlo sapere. Le piacerebbe essere l’unica amica di sms, ma l’illusione è svanita da tempo: lo vede aggrappato all’aggeggio luccicante, mormora a labbra strette e ride quando gli sms che riceve lo divertono. Sempre così. Qualche ora fa gli ha inviato una cosa anche lei.
“Spegni quel telefono, segui il discorso!”.
L’ha visto ridere, le ha mandato un bacio disegnato con la faccina giapponese. Il programma dell’iPhone che lei stessa gli ha proposto. Parlano anche di questo, dei programmi cretini che finiscono per comprare. Parlano di tutto o quasi, una volta è capitato che inviasse a lui un messaggio erotico destinato a Fabrizio: ancora la prende in giro, anche se sono trascorsi due anni.
Il dolore alla schiena ritorna. Si sposta di nuovo, questa volta la pelle sfrega la sedia.
“Ma lo sai che un tizio ha detto che un termine che ho usato nel romanzo deriva dal mio uso di una lingua dialettale?”.
“Dialettale? Ma se sei impettita che sembra che tu abbia una scopa in c…”.
“Sssshhhttt! Sei pazzo?”.
“Capirai chi mi sente, i due là in fondo mi hanno sfinito. Perché non facciamo un giro? Tanto possiamo lasciare le due borse sulle sedie e le occupiamo”.
“Idea grandiosa, ho la biografia di Carver nella mia borsa. Se me la fregano me la ricompri”.
“La biografia di Carver. L’hai letta sul Kindle in inglese e adesso hai il feticcio dell’edizione cartacea italiana. Un genio, veramente. Meno male che guadagni tanto”.
Non gli risponde. Sa che il discorso degli ebook è pericoloso. Prima o poi lui si arrabbia, pensa che siano la rovina dei libri. Tace e lascia cadere l’argomento. Fissa per qualche minuto il relatore, lo vede muovere le labbra e magnificare il romanzo che ha in mano. La donna deve averci messo anni, saranno ottocento pagine. Ci vuole coraggio a pubblicare ottocento pagine, le viene la curiosità di scoprire chi sia l’editore. Una donna si stacca dal gruppo, si è alzata di scatto e saluta con la mano, si avvicina al relatore che la presenta come un’autrice Mondadori. Gianna cerca nella testa ma non riconosce il suo nome. E nemmeno il titolo che il relatore sciorina con orgoglio, non lo riconosce ed è strano. Scrive ma legge anche, e tanto. La scrittrice Mondadori sputa parole di compiaciuto elogio: romanzo unico, anni di studio e riflessione, talento vero, fosse stato per lei l’avrebbe tenuto nel cassetto ma meno male che non l’ha fatto eccetera. Clichè. Nessuno tiene un manoscritto nel cassetto, e se lo fa non pubblica, ma il Salone è pieno di fenomeni scoperti per caso perché scrittori più noti scartabellano invadenti nei cassetti altrui. Strana mania, quella di ficcare le mani nei cassetti dei talentuosi timidi.
“Ehi, che fai?”.
Angelo la scuote.
“Sorrido, e allora?”.
“Sentimentale. Scommetto che ridi delle due tizie che si elogiano a vicenda. Film già visto. Sarà sua cugina, oppure la sua ghost. Sai quanta gente fa scrivere un ghost poi si trova costretta a patrocinarne l’esordio letterario. A parte che a me ‘sta scrittrice Mondadori suona ignota. Tre copie vendute, contando anche quella di suo marito”.
“Smetti. Ognuno fa quello che vuole. E magari hai torto. Tutte le case editrici pubblicano libri che vendono di più e altri libri che vendono meno, ma non sono certo meno belli”.
“Vero, qui hai ragione”.
Angelo fa un cenno, soliti discorsi. Lo abbandona con lo sguardo, sente il collo che scricchiola felice quando volta la testa a destra. Uno stand, una ragazza che sistema alcuni libri nello scaffale e una musica. Musica. Si muove di più, sposta le spalle. Saranno cinque o sei metri.
“Oh, santo cielo”.
Sussurra piano, ma non abbastanza.
“Cosa c’è?”.
“Niente, niente”.
Angelo segue la direzione dei suoi occhi.
“Ammazza, che strafiga. Dove l’hanno trovata?”.
Non sa ribattere. Tre uomini alti, la pelle quasi nera e i capelli a treccine, sistemano una coreografia semplice e imbracciano strumenti musicali. Due donne, di spalle, si muovono per scaldarsi. Sono bianche, il contrasto con gli uomini è perfetto. Inizieranno a suonare, forse, e le donne danzeranno. Una di loro fa ruotare le anche, flessuosa, un sorriso concentrato si intuisce appena.
“Mamma mia, che roba”.
Non ascolta più la voce di Angelo. La bocca è asciutta, niente saliva, le labbra semiaperte all’improvviso. Ne è consapevole, le sente aperte ma può fare niente per modificare l’espressione stolida che sa di avere. La donna ha un paio di pantaloni rosso mattone, di quelli di lino, semplicissimi, una cerniera al lato del fianco. L’addome nudo e magro, ma non secco come quello dell’altra, sale sinuoso fino al seno, che nella posizione obliqua è un disegno pieno e assoluto, morbido e sodo insieme, protetto da un top nero con le spalline a filo. Le braccia aperte ai lati, la donna danza, prova i passi e chiede se va bene. Si vede, ci tiene a fare bella figura. Il collo eretto, i capelli sciolti sulle spalle (sono castani, senza una piega, lisci, tenuti indietro da una fascia che ha il colore dei pantaloni), il profilo le cui proporzioni sembrano studiate da un artista. Danza, e danza, e danza.
Gianna è ferma, ha dimenticato la posizione scomoda e i tizi che dal tavolo possono vederla. Le dita della mano destra aggranchiate alla sedia, la BIC caduta e rotolata chissà dove. E’ ipnotizzata dal movimento, dalla musica muta che fa muovere la donna, dal ritmo sensuale delle forme perfette e dolci, pulite da metterci le mani.
“Sii gentile, dai un segno di vita. Cosa succede?”.
Angelo prova a sfiorarle il gomito.
“Tutto a posto, lascia stare”.
Ma la voce è a frammenti, spezzettata. La bocca non si chiude, resta aperta come gli occhi, spalancati e fissi. La donna si è voltata, danza verso di lei, in piena luce. Danza e tira su la testa, lo fa due o tre volte, poi scuote la massa liscia dei capelli e ritorna molle, lenta, in una piacere concentrato che diventa lascivo. Gli occhi: non li vede, non può indovinarne il colore. Ma luccicano, e sono su di lei.
“Mi sa che guarda te, non me. Ma come cavolo fai? Ti odio, troviamo una così e si incolla a te”.
Angelo è deluso ma ha ragione, la donna sta guardando Gianna. La scarica di adrenalina e desiderio ha colpito entrambe. Per certe cose è inutile cercare conferme: si sono viste, hanno letto oltre la distanza, si sono piaciute. Infatti la donna aumenta l’ampiezza del giro delle anche, lo fa con voluttà, con la voglia di provocare. I tre uomini si fermano e sorridono, l’ironia e il compiacimento scatenano un battito di mani. E’ un frusciare leggero di foglie, le foglie del fitto del bosco spaccato in due dai raggi del sole. Gianna finalmente si muove sul serio, tira indietro le gambe e si alza. Lenta, senza staccare gli occhi da lei. Abbandona la borsa sulla sedia, non ci pensa proprio a portarsela dietro. Scuote da sè la polvere della noia, della fatica e raddrizza le spalle.
“Ciao. Balli molto bene”.
La donna si ferma, nello sguardo un trionfo intasato di voglie.
“Grazie. So chi sei, io mi chiamo Michela”.
So chi sei. Sbrigati, facciamo in fretta. Evita le moine e i convenevoli. Anche lei sorride.
“Michela”.
“Eh, sì. Michela”.
Sulla pelle ha un velo di sudore in microscopiche gocce profumate, il petto va veloce e il respiro caldo colpisce il volto di Gianna. Ancora il pensiero, la sensazione di un fogliame intersecato, vivo, l’energia della terra e dell’aria sulla fantasia nuda. Calcola che abbia dieci anni meno di lei, spera che non siano di più. Si ferma sul viso, anche se i corpi così vicini (come è accaduto che si stiano quasi sfiorando?) intuiscono i seni e i capezzoli improvvisamente tesi. Il suo top nero è casto, senza paillettes, e sotto non c’è reggiseno.
“Cosa fai, dopo?”.
“Vengo a cena con te”.
Ride.
“Mi sembra un programma perfetto”.
La donna le tocca un fianco a mano aperta, con il palmo, e le dice all’orecchio dove la aspetterà. Poi, prima di staccarsi, morde piano. Morde il suo lobo. E si volta e va via, segue gli altri senza guardare indietro.
Gianna si perde. La voce di Angelo, da qualche parte. Ma la mente non sa altro che il dopo. La cena con Michela, e i suoi pantaloni di lino e il top. Il ricordo remoto di una bosco, del sole che si infila tra le foglie. E la pelle giovane, liscia, gli occhi verde scuro e le dita. Michela. Il suo programma perfetto.
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[…] Leggi tutto >> […]
Appero’! Molto bello. Imprevedibile lo sviluppo, mi piace. Ma hai tenuto l’indirizzo di Michela? :-DDD
Ho tenuto la biografia di Carver.