l’esordio

 In Blog, I racconti del taccuino, Incontri con i lettori, la posta del cuore (?)

Sono attenta alle parole, qualche volta troppo. Le ascolto, le annoto in un taccuino mentale e le ricordo, rimugino, elaboro. Un amico scherza sulla mia memoria, dice che butto fuori a fiotti grumi di parole anche dopo anni, e sono capace di attaccarmi a questi grumi per riprendere una discussione o rinfacciare presunti torti, oppure per soffrire o gioire mentre chi li ha pronunciati non li ricorda più. Ha ragione. Conosco questo lato inquietante della mia personalità, un’ansia mai placata che prende forma nel tempo: lì per lì sembra che ogni discorso che ricevo scivoli via leggero, senza conseguenze, poi la mia lenta presa di coscienza fa scattare la digestione vera. E non so mai dove vado a finire.

Di recente mi è capitato di uscire con un lieve pizzicore in un punto indefinito del corpo, un’inquietudine netta anche se apparentemente inspiegabile da un incontro, globalmente molto piacevole e positivo, con un editore. Sono ritornata a casa con la nebbia sulla faccia e mi sono seduta sul mio vecchio divano, quello dove leggo e studio e scrivo. Non riuscivo a comprendere cosa mi avesse turbata: avevo ricevuto parole molto belle e una proposta interessante, proprio tanto interessante, perché un pezzettino di me non trovava collocazione adatta? Ho provato a distrarmi, ma niente. Il fastidio era sempre là. Conviveva con l’emozione bella e la felicità, era la punta di agro in mezzo al miele. Doveva essere esistito un passaggio critico in quell’incontro, un elemento che mi disturbava nonostante la soddisfazione.

Come sempre, sono arrivata a capire con un’illuminazione fulminea il giorno successivo. Avevo la testa ad altro e la verità è venuta fuori facile, una fotografia evidente. Come avevo fatto a non ricordare subito? Era stata una frase: “Per il tuo esordio vedrei bene…”. Il tuo esordio. Non che fosse una sorpresa: so che gli editori di una certa dimensione aziendale e con una buona distribuzione ritengono esordienti coloro che non hanno mai pubblicato con loro pari, e il curriculum, che tanto conta in medicina e scienza, nella scrittura è quantomeno opinabile, però non sono riuscita ugualmente a buttare via il disagio per l’espressione che non mi era piaciuta. L’esordio. Sono anni che scrivo e lui lo chiama così.

Ora vorrei spiegare che non si tratta solo di amore per i libri che ho scritto, ma di persone. In un istante mi sono ritornati alla mente gli editori che ho avuto: Gianluca Ferrara, Francesco Giubilei, Francesco Brioschi. E Valentina Filidei e Michele Quirici, e Marina Sarchi: hanno promosso i miei libri con grandissima generosità, sono persone fantastiche. Nelle parole che riguardavano il mio esordio implicitamente erano stati spazzati via, non erano mai esistiti. Incredibile. Gente che ha creduto in me e nella mia scrittura, che ha scommesso e investito soldi perde consistenza quando sono a colloquio con un editore più grande (dimensionalmente) e ricco. No, con me non funziona così. E non funziona neanche considerare nullo il lavoro che ho speso con i libri che ho già pubblicato. Ho scoperto con una certa sorpresa che le quasi cinquemila copie vendute di “Una storia ai delfini” non esistono (cinquemila di editore grande valgono, di editore indipendente no), e non esistono gli altri titoli che molti lettori hanno apprezzato o criticato, comunque conosciuto, e che ho presentato in giro per l’Italia macinando chilometri con ogni condizione atmosferica. Anche adesso, mentre ve lo racconto, faccio fatica a pensarci.

Detesto l’ipocrisia, quindi ritorno a dire che l’incontro è stato bello e positivo e ho accettato la proposta di questo editore, ma non a spese di una mia chiarezza. Della lealtà e dell’amore. Pubblicare e presentare libri è un’esperienza meravigliosa, lo è già stata con gli editori che ho avuto e continuerà a esserlo. Ma mai nessuno riuscirà a mettermi nel cervello e nel cuore che l’eventuale libro che uscirà in futuro con un editore “grande” (quando? Non lo so. Quale? Non lo so) sarà un esordio. Perché non lo sarà. Qualunque cosa potranno dire le leggi del mercato, qualunque cosa meravigliosa possa accadere saprò sempre quali siano stati i miei esordi veri, e quale la lunga, faticosa e istruttiva gavetta. E quali le persone che hanno creduto in me e mi hanno aiutata prima delle altre.

Ho sempre avuto una grande fortuna: essere certa di cosa significhi l’identità dello scrittore. Non serve necessariamente avere i libri esposti negli scaffali delle grandi librerie, anche se questo è il sogno di tutti (e mio), serve credere che per essere scrittori si debba soddisfare una condizione essenziale e unica. SCRIVERE. Scrivere sul serio, come bisogno e passione, come lavoro e godimento e sofferenza. Come necessità per sentirsi realizzati e sereni, e stimolati ad andare avanti. Scrivere come solo chi dipende dalla scrittura sa fare.

Scrivere. Onorare il verbo nella sua pienezza.

Perché sono sempre stata attenta alle parole. Anche quando incontro un editore.

SCRIVERE.

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Showing 3 comments
  • Bianca 2007
    Rispondi

    Ti ringrazio per questo bell’articolo sull’essere sè stessi sempre e ovunque.E questo vale anche per me.Ti abbraccio col cuopre.Mirka

  • MariaGiovanna Luini
    Rispondi

    Ti abbraccio anche io!

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