panna, latte intero, fragole, frutti di bosco

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Acqua, e onde. Panna, latte intero, fragole, frutti di bosco. In tasca il taccuino rivoltato con la lista della spesa, su un braccio appende la sporta e la macchinetta per registrare i prezzi e fare più in fretta. Panna, latte intero, fragole, frutti di bosco. Non è difficile. Ci sono altre cose nella lista, ma chissà perchè le ha scartate appena ha gettato uno sguardo sulla pagina. L’ha scritta bene, in ordine, la sera prima: convinta, ha ragionato su ciò che mancava e premuto la BIC sulle righe per non dimenticare qualcosa. Ma adesso, con la gente che si accalca e la Smart parcheggiata fuori in mezzo alla neve sporca, niente sembra così necessario.

Da anni non succedeva. Prima che iniziasse la psicanalisi si aggrappava al respiro, chiusa in casa e sola, e contava. Uno, due, tre, quattro. Si chiamavano attacchi di panico, lei credeva che fossero la fine della vita. Panna, latte intero, fragole, frutti di bosco.

Un attacco di panico non è niente altro che un’aggressione della mente, non stai morendo e nessuno ti minaccia. Lo ripete mentre, come a Venezia, il pavimento ciondola e preme sulle piante dei piedi. Le scatole, le parole di un gruppo di persone senza volto, la ricotta che assomiglia a yogurt e la carne rossa, troppo. E’ iniziato due ore prima, era un’ansia vaga che non trovava un posto giusto. Un pranzo, e gli occhi belli di un amico. Poi la spesa. Rimandava da giorni, sperava che qualcuno andasse al posto suo. Ma non è così, non può accadere. La Smart e la strada, la radio accesa non sa bene dove. Il parcheggio con la neve sporca. Ha i pantaloni aperti ma non lo sa, si accorgerà dopo. Quando avrà pagato, buttato in una borsa panna, latte intero, fragole, frutti di bosco e sarà uscita. Barcollando, il cellulare nella mano destra.

Chiamare qualcuno. Dire qualcosa. Un attacco di panico non è un’aggressione vera. E’ la mente, e la mente si può fermare.

Come a Venezia, la laguna ti sbatte qua e là. Panna, latte intero, fragole, frutti di bosco.

Apre la portiera, butta la borsa sul sedile. Un’occhiata: ha lasciato indietro metà della roba sulla lista. Si pentirà quando sarà tardi. L’aria gelida dell’inverno della città grigia le apre i polmoni. Il cuore a tuffo in un bianco indecifrabile.

– Non mi aveva detto di soffrire di attacchi di panico.

– Ho iniziato a venire da lei per questo.

– Ma non me lo aveva detto.

Undici anni. E la solita, banale storia. Credeva di conoscerla, anche lei che le analizza il cervello. Invece no, esiste un dettaglio da niente sempre sfuggito. Gli attacchi di panico.

Panna, latte intero, fragole, frutti di bosco. Uno, due, tre, quattro. Lo scriverà, dopo. Accavallerà vocali a consonanti e avrà paura. Una paura che non si può dire.

Fermati, adesso. E’ ora di mettere fine.

A questa catena di NO che non sai dire.

Amen.

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Showing 2 comments
  • Fabio

    Sembra quasi di viverlo.

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