lui

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Ci sono giornate come questa. E giornate differenti. Questa è bigia nei colori, flemmatica nelle emozioni e intrisa di ricordi che saltano qua e là, senza nesso e senza un disegno capace di delinearsi reale agli occhi.

La luce cade ovattata sulle scrivanie, intorno voci delineano parole nei telefoni e mani si sporgono per afferrare pezzi di carta, forbici, matite. Lui è arrivato dalla sala operatoria, ci siamo salutati con un gesto perché rispondevo, intanto, alla chiamata di una paziente. Vestito di verde, il camice bianco sulle spalle, si è seduto tre metri in là, alla sua scrivania, e ha appoggiato le mani su un libro grosso. Ho imparato che il libro contiene documenti, sul frontespizio “alla firma”. E firma, la grafia sottile e regolare, piccola e netta come un colpo di bisturi. Tanta gente pensa che non operi più, lui ci ride. Ridiamo insieme ogni volta che sale al secondo piano, la mattina presto, e scende un paio di ore dopo, o di più. Mette in tasca il cappellino di carta e tira giù la mascherina sul collo. Chissà come è nata la leggenda che non operi, forse per l’età o per invidia di tanti. Ridere è la soluzione.

Ha mosso le dita tra fogli di importanza leggibile, firmato e chiesto un caffè. Un caffè per tutti, non beve mai da solo il caffè. E non mangia. Il digiunatore, si definisce così. Ogni tanto lancio uno sguardo indietro, a sinistra: sono tredici anni che conviviamo, giorno dopo giorno, in stanze attigue a portata di voce. Quando scrive è chino: la penna nelle dita forti, grosse, quasi sparisce.

–          Lo schema per il libro è pronto.

Porterò con me questo, anche. Il suo schema. Quando scriviamo un libro insieme il primo segno della nascita della scrittura è lo schema: preciso, dettagliato, compare all’improvviso e ha in sé, perfetto, il germe del libro. Mi basta guardarlo, ormai, per intuire, anzi per vedere il resto compiuto. Se fossi un editore comprerei questi schemi per farne un libro a parte, il genio è raro a vedersi e qui si vede. Comunque quando mi mette in mano lo schema per il nostro libro nuovo corro a fotocopiarlo un paio di volte e ne scannerizzo l’immagine. Non tengo oggetti, niente simulacri o feticci, ma queste pagine accompagnano la mia scrittura e le riflessioni e sono altro, altro dallo schema semplice per un libro solo. Sono lui.

Si alza. Via la divisa della sala operatoria, via il camice. Ha una riunione in centro.

–          A più tardi.

Esce, ritornerà. Quando sarò in ambulatorio entrerà, darà un’occhiata per controllare chi c’è e chi no e darà il via alla danza delle visite, delle riunioni, degli incontri. Tutti hanno una domanda per lui. Anche chi ne disprezza le idee, anche chi, dopo, ne commenta la postura o l’età o lo sguardo o due o tre frasi. Tutti passano, si inchinano perché è un onore e chiedono qualcosa.

E’ un giornata così. Tic tac dei polpastrelli sulla tastiera, la mia tastiera e quella di altre due donne che lavorano intorno. E’ il mondo delle donne, tranne uno. Lui. Che è stato definito, anni fa, “donna ad honorem” per ciò che ha fatto per noi. Per la femmina che si tiene il corpo quando cerca la salute. Penso abbia fatto di più. E’ entrato nelle nostre menti, l’ha fatto anche con la mia. Lui, primo e assoluto, ha deciso che avrei dovuto scrivere. Scrivere sempre, anche nella mia identità di medico e ricercatrice. Scrivere e comunicare. L’ha capito da un niente che è diventato tutto.

Lui. Tanti hanno raccontato la loro parte di verità, la loro storia, tanti affiggono alle pareti fotografie con lui. Potrei allungare la mano e toccarlo, ogni giorno. E questa parte di vita, credetemi, è meravigliosa.

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Showing 4 comments
  • Alessandra
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    è quasi un essere divino, ho avuto questa sensazione quando l’ho visto camminare nei corridoi dell’ospedale. immagino che sensazione lavorare così vicino a lui! un abbraccio

  • lucia
    Rispondi

    Io sento ancora la sua mano sul mio viso che si è aperta in una carezza della quale conservo il calore e la sua voce, musica meravigliosa, che mi dice dolcemente, ma con fermezza “Lucia ci proviamo”. L’ho amato subito

  • MariaGiovanna Luini
    Rispondi

    Alessandra, lavorare con lui è un’esperienza assoluta. In ogni sfumatura, anche nelle criticità. Sono certa che abbia determinato tanta parte della mia vita, scrittura compresa.

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  • lui

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