nelle pieghe di una crisi

 In Racconti, Racconti Brevi

–       Già a casa? Non dirmi che mi dai retta e ti prendi il riposo che ti serve, oppure è esplosa una scrivania e vi hanno chiesto di evacuare?

Le chiavi sul pavimento, si china e le raccoglie piano. Mancano i suoi occhi, lo sguardo solito non arriva. Non sorride. Si tira su, fa saltare il mazzo delle chiavi nel palmo e lo appoggia sul tavolo. Più o meno dove le vedo sempre. Più o meno. Perché i due o tre centimetri che fanno la differenza dicono quanto la sua testa china e fissa sulla punta delle scarpe.

–       Ehi, tutto a posto? Qualcosa non va?

–       Detesto che me lo chiedi. Tutto bene, cosa dovrebbe esserci?

Cosa dovrebbe esserci. Qualcosa c’è, non sa negare. E’ che ho sbagliato l’approccio, sono anni che non sono capace di adottare strategie sottili con lui.

–       Sei arrivato a casa presto, neanche un bacio o un sorriso e adesso reagisci male solo perché ti chiedo…

–       Solo perché siamo già all’interrogatorio. In questa casa non si vive più, non posso fare quello che mi pare. Mi sento oppresso, non ce la faccio.

–       Senti…

Non aggiungo parole. Ho detto senti, ma credevo che si voltasse per andarsene: le sue scenate sono coperture, servono a mascherare il disagio o la tristezza. O la delusione, anche. Alza la voce, aggredisce e si ritira. Ci vogliono ore o giorni perché sputi il motivo vero. Invece è immobile, ha tirato su lo sguardo.

–       Mi dispiace, scusami. Non ce l’ho con te. Mi fai incazzare con le tue domande, però questa volta esagero perché… Boh, non so, esagero e basta. Mi sento strano.

–       Avrai un motivo per sentirti così.

–       Ovvio che ce l’ho. Ma dai, niente, con tutte le cose che… E poi sai, sono le solite questioni. Inutile, non mi va di portarmi a casa i drammi. Sei tanto brava tu a lasciare fuori dalla porta il lavoro, sembra sempre che ti vada tutto bene, e magari ti va anche bene. Cioè, me lo auguro che ti vada bene. Io faccio fatica. Dai, una doccia e tiro via lo sporco, mi si pulisce anche la mente. Preparami un aperitivo dei nostri, ti va?

Fa un passo indietro, finge di accarezzarmi da lontano. La luce dalla finestra colpisce un angolo della sua guancia ma non riesce a illuminarlo. Sotto l’occhio destro brilla qualcosa.

–       Piangi?

–       Ma dai, scema.

–       Sul serio. Stai piangendo.

–       Drammatica, su, ma che piangere e piangere! Ho caldo, fa un caldo boia qui dentro, apri la finestra che vado a farmi la doccia. Su, forza, piantiamola.

Si volta, scarta a destra con un movimento piccolo e improvviso, forse ha notato la borsa nuova che ho lanciato sul divano quando sono entrata, convinta di essere sola.

–       Stefano.

–       Dimmi.

E’ alla porta, gli basta andare avanti un metro ed è fuori dalla mia vista.

–       Stefano, fermati.

–       Sì.

–       Non vuoi guardarmi?

–       Vado a fare la doccia, poi parliamo. Ti guarderò dopo. Prepara l’aperitivo. Poi magari facciamo l’amore. Ho voglia di te, facciamo l’amore.

Ma non si muove. Noto la sua schiena dritta, rigida, elegante, il collo contratto, i capelli sottili in un grigio uniforme, i fianchi snelli e le braccia tese. Non ho il suo viso, ma non serve.

–       So perché vuoi fare l’amore. Sei stato a letto con lei. Ti hanno detto che non le rinnovano il contratto, te lo aspettavi da almeno due mesi, e lei ha pianto. Allora siete usciti per bere qualcosa e sei andato a letto con lei.

–       Ma cosa…

–       E’ successo così. A grandi linee. Non negare.

Non prova neanche a protestare. Non so da dove sia arrivata la mia voce, ma ne ho riconosciuto il tono. E anche lui.  Ho materializzato un istinto, la forma di un pensiero, senza passare per la razionalità. Ho detto ciò che intuivo, e ho centrato in pieno.

–       E’ mia amica da decenni, noi non…

–       Voi andavate a letto insieme, anzi eravate amanti, venti anni fa o giù di lì. Poi amici, solo amici. Lo so e ti credo. Ti ho creduto sempre. Però la ricaduta me l’aspettavo, l’ho sentita arrivare quando hai iniziato a innervosirti perché volevano toglierle il contratto. Ti svegli la notte e ci pensi. Ha bisogno di lavorare, quattro anni fa ti ha chiesto di aiutarla a trovare un posto. So la storia dei suoi genitori e delle difficoltà che ha avuto, me l’hai raccontata. L’hai aiutata quando te lo ha chiesto e in tutto questo tempo hai fatto il possibile, adesso non puoi fare niente. Non dipende da te se le tolgono il contratto. E’ la crisi.

–       La crisi è una scusa. Sono io che ho fallito.

Potrei dirgli che non è così, che è lei che non è stata capace di tenerselo, il lavoro. Non servirebbe. Non è innamorato di lei, ma vuole proteggerla. Si sente in colpa, pensa che sia colpa sua se l’hanno tagliata fuori.

–       Ma il punto è che avete scopato. Siete di nuovo amanti.

–       Non siamo affatto amanti, né lo saremo. Non cominciare.

–       Però avete scopato.

Un metro ed è fuori dalla mia vista. Due passi e lo sento sulle scale, lo seguo immobile e immagino la porta del bagno, i vestiti che cadono sul pavimento e l’acqua della doccia. Toglie l’odore di lei. Ed è ora che io prepari l’aperitivo.

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Showing 3 comments
  • Bianca 2007

    Grande MariaGiovanna!
    Ma…perchè nonb posso linkare “anche” il mio sito? wwwdelviaggio.blogspot.com

    Buona doccia e tanti tantissimi baci che di bollicine han forse ancor più della doccia.Mirka

  • MariaGiovanna Luini

    Ciao Bianca Mirka! Non ho idea, non capisco perché non accetti il tuo link. Belle le bollicine!

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