social network e lettura

 In Blog, la posta del cuore (?)

Anni fa diffidavo degli spazi virtuali chiamati “social network”. Non che avessi remore sulla privacy: tutelare la propria privacy è ormai impossibile, chi si illude di farlo non tiene conto dell’uso di aggeggi che contengono GPS, delle carte di credito, delle potenzialità di internet e della condivisione delle informazioni tra Enti dopo veloci e sbadate firme che autorizzano al trattamento dei dati personali. Avete mai provato a togliere il vostro numero di telefono dalle liste che le aziende possono consultare per le orrende, fastidiose, moleste chiamate per marketing? No, diffidavo perché in generale faccio fatica ad aderire alla moda. Accade con i libri, con gli abiti, con i film, con le idee. Mi iscrivo a qualsiasi cosa perché il senso di appartenenza mi eccita, poi mi annoia e dimentico. Rifuggo dalla dipendenza, forse è questo. Comunque così fu anche per i maggiori social network. Finché qualcosa cambiò: mi resi conto che internet non era solo il blog che da anni gestivo con un riscontro di letture lusinghiero (sono arrivata alla pubblicazione del primo romanzo proprio grazie al blog), poteva essere altro, un insieme di spazi e parole e letture in grado di arricchire la mia rete di conoscenze, dare visibilità alla scrittura ed essere fonte di bellissime scoperte. Iniziai con il supporto di esperti che mi hanno insegnato tantissimo e hanno tuttora con me un meraviglioso rapporto professionale e personale, e subito mi resi conto di volere gestire di persona la mia faccia. Bene o male che fosse, le parole e le idee dovevano essere le mie. In fondo essere in un social network è mostrarsi (non chiedetemi di mascherare il mio volto, non lo farò) anche quando il risultato non è sempre brillante.

La scoperta di Facebook fu tanto piacevole e rapida da spingermi a proporre l’apertura di una pagina ufficiale anche per IEO: mi convinsi che si poteva creare comunicazione moderna, aperta, empatica e scientifica in un social network. Credetti che social network significasse il recupero della cultura, della lettura per tante persone ormai lontane da queste passioni. Da questi bisogni.

In parte sbagliavo. Solo in parte, per fortuna. Ormai mi considerano esperta di comunicazione scientifica e letteraria attraverso blog e social network: diffido dalla definizione di “esperto” a priori, ma so di avere accumulato ore e ore e pratica, apprendimento, errori, studio, ottimi risultati. Addirittura premi. Il fatto è che per alcuni argomenti Facebook funziona, in altri casi invece no. Per esempio, là dove vedevo potenzialità per la lettura ero immersa in un’illusione.

Per strano che possa sembrare, non è detto che chi frequenta Facebook (o Twitter) legga sul serio. Triste, molto triste ammetterlo, eppure è così.

Per chi non è frequentatore di Facebook, spiego che in quel social network si pubblicano frasi e note (i cosiddetti post) che si condividono con le persone “connesse” con chi pubblica: gli “amici di Facebook”, che sono amici virtuali e in teoria se hanno voluto esserci un motivo esisteva. Quando vedo un profilo cioè una persona che mi incuriosisce, mi interessa e voglio seguire chiedo la sua amicizia oppure mi scrivo alla sua pagina ufficiale: la conseguenza è (o dovrebbe essere) che in media seguirò la sua attività, leggerò ciò che scrive, vorrò condividere e conoscere. Nel caso di uno scrittore come me, si presume che, a parte i compagni di scuola delle elementari, gli iscritti alla pagina apprezzino o almeno siano curiosi di ciò che scrivo. Nel caso della pagina ufficiale di un istituto scientifico di livello mondiale, si dà per scontato che gli iscritti abbiano anche la voglia di sapere cosa succede. Gli apprezzamenti si esprimono con un click su “mi piace” e/o con un commento nell’apposito spazio sottostante.

Ebbene, ecco la grande sorpresa. Vado per punti.

1. Funzionano meglio i post sulla vita personale, il pettegolezzo, il commento politico o sociale, la battuta ironica, la fotografia con amante, fidanzato/a, VIP trascinato davanti all’obiettivo quasi a forza. Se l’argomento invece è un libro, oppure un pezzo in un blog, un racconto, una rilfessione si raccolgono interessanti commenti e apprezzamenti o critiche dai soliti noti (benedetti voi, vi amo) oppure, e qui il dato è stupendo, commenti che niente hanno a che vedere con l’argomento. Tipo “scusa, hai visto che tuo cugino ha organizzato una pizza per il 23?”, scritto sotto un post che apre una riflessione su Proust.

2. Quando si lanciano iniziative e le si spiegano anche con chiarezza nel post, la reazione sarà così distribuita: 89% generici “mi piace”, 5% commenti di adesione con richiesta informazione su come fare (ma se te lo spiego nel post!?), 5% di reale comprensione di ciò che si deve fare per aderire all’iniziativa, 1% di pizza con il cugino il 23. Un esempio? Il lancio dell’iniziativa per la raccolta di firme per la candidatura di Umberto Veronesi a senatore a vita è stato accolto da un trionfale numero di rilanci, “mi piace”, commenti di adesione: la modalità corretta, spiegata molto chiaramente, è la spedizione di una semplice email all’indirizzo veronesisenatore@gmail.com. Volete sapere quante email sono arrivate? Vi risparmio il dato, ancora ne arrivano quindi meglio tacere, però il trionfale “faccio subito”, “io ci sono e coinvolgo i miei amici”, “subito, sì, meraviglioso, fantastico” rimane confinato in Facebook dove oggettivamente serve a poco. Eppure letture, gradimento e rilanci sono impressionanti, numeri enormi. Allora. Ci fai o ci sei? Hai capito come devi fare o ti diverti con il click senza approfondire?

3. Pubblicare un racconto o un pezzo di scrittura è un’avventura gustosa e rassegnata. Alcuni “mi piace” giungono nel tempo di valore europeo del record di lettura veloce, tanto veloce che i conteggi non si muovono di mezzo numero. Anche qui i soliti noti sono di grande e fattiva consolazione: commentano, criticano, rilanciano, lasciano da parte invidia professionale (il mondo della scrittura è micidiale) e sono con te. Ritengo di essere tra i soliti noti: leggo con gusto, rilancio, trascino gente alla conoscenza di scrittori meravigliosi. Pubblicizzo libri perché ne sono innamorata, sottolineo profili di colleghi che fanno parte della mia personale superclassifica letteraria. E, guarda caso, gli scrittori meravigliosi fanno lo stesso: sono quelli che non hanno bisogno di temerti, certi di se stessi che anzi se trovano un interlocutore lo amano, lo coccolano, lo tengono accanto. Gli scrittori a mezzo se possono soffocarti con un cuscino sulla faccia sono felici.

4. Gestisco la pagina ufficiale di IEO e altre due pagine ufficiali di gruppi scientifici. I commenti spettacolari arrivano lì. Un esempio? La pagina del bellissimo progetto “Insieme per la Salute dei Giovani“, che vede insieme IEO, Croce Rossa Italiana, Fondazione Rotary Milano, ASL e Comune di Milano: riguarda la vaccinazione contro il Papillomavirus di giovani ragazze rimaste escluse dalla precedente campagna vaccinale a causa di scarsa informazione e stato di degrado o profonda difficoltà socioeconomica. In questa pagina abbiamo pubblicato articoli, video, link, materiale illustrativo scientifico sulla vaccinazione, sul virus Papilloma e sul tumore dell’utero. In pratica, la pagina ne è zeppa e un colpo d’occhio di trenta secondi lo dice. A parte le banalità agghiaccianti sui presunti complotti terroristici delle industrie sui vaccini e le informazioni su guai mai dimostrati né esistiti in seguito alle campagne vaccinali (c’è sempre qualcuno che conosce qualcun altro morto a causa di un farmaco o di un vaccino, peccato che poi sfugga il nome…), un commento di ventiduenne, epico, recitava: “invece di pubblicizzare il vaccino fate informazione, dateci informazioni sul virus, sul tumore e sulla vaccinazione”. Aveva visto solo un post, non aveva badato alla pagina, niente approfondimento, ed era partita con un commento sciocco, qualunque e critico a priori. Per non parlare degli scambi di auguri natalizi nel mezzo dei dibattiti scientifici.

Bene, sono intransigente. Lo so. Ma anche delusa. Perché anche le critiche possono avere un senso, possono migliorare lo stato della nostra cultura. Il problema è che pochissimi ormai si danno la pena di leggere. Mezza allusione a un argomento, scattano il “mi piace” o l’insulto e si passa al post successivo. Speravo che con i social network si ritornasse a leggere, a condividere sul serio, a lasciare andare l’idea qualunque per porsi domande, avere dialoghi costruttivi, dimostrare l’amore per la lettura o la scrittura.

Tanti sono i soliti noti, e mi danno la gioia di esserci, ancora. Tanti nel tempo imparano, capiscono. Tanti altri però continueranno a non sapere dove mettono il “mi piace” e aspetteranno la pizza di mio cugino il 23.

PS: è uscito l’ebook su Rita Levi Montalcini che ho scritto con Daniele Dell’Orco e Francesco Giubilei. Lo trovate QUI a 0,99 euro.

Recommended Posts
Showing 14 comments
  • Gian Paolo Grattarola

    Cara MariaGiovanna, condivido il tuo stato d’animo, le riflessioni che hai scritto dalla prima all’ultima parola.
    Gian Paolo Grattarola

  • Lippa

    La risorsa che meno abbiamo e piu’ sprechiamo, non e’ il petrolio ma il tempo.
    Si spreca leggendo milioni di post inutili di gente piu’ o meno interessante.
    Si schiaccia un “mi piace” per dire: si ci sono, ti ho letto, simpatico, ma non me ne volere: tiro oltre, verso gli altri post.
    Rispondere e’ ancora piu’ difficile che leggere. occorre formulare un pensiero, parafrasarlo in modo che sia magari non grammaticamente corretto, ma almeno abbia un senso.
    Tempo.
    Si’, per scriverlo, sottratto alla lettura degli altri cento post in attesa del piccolo click. Sia mai che il proprietario ci rimanga male se dovesse essere snobbato per troppi post mancati. Ha un sussulto di malinconia, di “a me non mi capisce mai nessuno” (errori e singhiozzi di solitudine compresi)se non vendicativo: “ma come? ti ho dato la mia amicizia e non clicchi “mi piace” per cosi’ tante volte? Che amico falso che sei”.
    Alla fine questi minacciano pubblicamente pulizie e purghe di liste. E’ un avviso ai naviganti: O mi segui ad ogni click, o cancello la tua esistenza. Si fa a gara a chi ne ha di piu’, forse illusione Freudiana.
    Poi, le discussioni.
    Accenni che “tira” di piu’ il gossip del tumore.
    ma va? (sarcastico). Che ti aspettavi?
    Pallone e Fica sono cio’ che “tira” di piu’ in Italia (“pun” intended). Facebook ha aggiunto anche I gattini, foto di bimbi e, ultimamente, Snoopy in versione filosofa.
    Perche’? Non lo so.
    Anche io azzardo risposte solo a cagate pazzesche ormai (presente esclusa, ca va sans dire). E’ la sola cosa che posso fare. DI recente (basta leggere I miei storici su FB per vedere se mento) un post per ricordare la strage di Piazza Fontana, in poche righe si e’ trasformato in una disgressione grammaticale sull’uso della particella “di”. Un dibattito su come evitare in futuro le stragi nelle scuole americane, di elaborate discussioni su come modificare una pistola a 9mm in un AR15 (arma da fuoco paramilitare).
    Agghiacciante.
    Altri, poi, sono luoghi intoccabili, dove se non ci si allinea al proprietario del post originale, si viene tacciati con le piu’ orribili etichette, o bersagliati di messaggi privati. Evviva il libero dialogo della libera rete.
    Poi foto di cibi, gatti, cani, aforismi, dubbie poesie, cazzate immani su completti di facebook a danno nostro e sonetti a dir poco mielestrazio. Quando li vedo nel profilo di una persona cara, mi si accende il lanternino del sarcasmo.

    Quindi perche’ fermarsi e perdere tempo in una conversazione intelligente su cui, e’ probabile, si e’ gia’ daccordo e, se non lo si e’, finisce in litigata?
    Meglio il gossiping: non impegna, non occorre tornarci sopra per approfondimenti, da piu’ spazio al prossimo gossiping, leggero, come le amicizie di Facebook, come la fragilita’ di cui siamo fatti: eterei inconsistenti in cerca di certezze che, di sicuro, non avremo “in rete”.

    Ecco, ho impiegato 19 minuti a scrivere questo, nel mio italiano buzzurro e bislacco, potevo mettere una 50ina di “mi piace” ad altri post, e fare sentire un pochino piu’ importanti un altra 20ina di persone.
    Spero ne valga la pena.

  • MariaGiovanna Luini

    E’ vero, si sceglie come spendere il tempo che ci è dato (che ci diamo). Quando ho letto questo tuo commento ieri sera ho provato a immaginare una chiacchierata tra amici o semplici conoscenti: dove si va a finire quando si parla, si tiene alto l’argomento iniziale o si finisce a un AR15? Dipende. Forse anche nel mondo non virtuale le pieghe di una conversazione sono imprevedibili e restare o meno su piazza Fontana sta a chi anima la conversazione stessa. Si rifugge dalla pesantezza, perché impreparati (chi ormai potrebbe dire di conoscere i dettagli di piazza Fontana? E’ scoppiata una bomba a Milano in una banca, sì, poi?)oppure perché la cultura media, affievolita a colpi di marcia televisione e marci esempi, sfiora il pavimento al livello del mare. Televisione parzialmente assolta se ci ricordiamo le uscite di alcuni libri nei tempi recenti: non conta se sai scrivere, conta se hai una faccia più o meno riconoscibile in TV. La leggerezza è un dono che abbiamo ricevuto dai tempi, è tipica dei social network o possiamo sperare di più?
    Avevo inteso uno spazio virtuale con un (libero) scambio come un’opportunità. L’opportunità di farmi leggere e leggere, di avere contatti con persone interessate, curiose, motivate alla condivisione e al confronto. Pensavo che un uso intelligente del social network potesse dare una mano, diffondere la letteratura, la cultura come una volta si pubblicavano sui giornali racconti delle grandi firme editoriali e la gente era felice di leggere. Mi illudevo che i dibattiti, magari anche accesi o accesissimi, portassero alle meravigliose diatribe, alla crescita di idee. Parzialmente è così, ma sempre tra i soliti noti. Scopro scritture interessanti, imparo molto, colgo per esempio suggerimenti di lettura che, a posteriori, mi paiono fondamentali. Nelle discussioni qualche volta ho lo stimolo per ragionare, criticare me stessa o alcune posizioni che mi sembravano giuste. Insomma, non tutto è da buttare in un computer spento.
    Ciò che meno tollero è il post con la frase fatta, la citazione, l’immagine smielata. Come tu dici, la filosofia di Snoopy, il gattino, la manina o, peggio, molto molto peggio, l’abuso di fotografie di bambini magari ammalati di tumore con frasi strappacuore e strappabuonsenso. I rilanci con il “se mi vuoi bene tienimi un’ora sulla tua bacheca”. Poi la controinformazione, che un po’ va bene ma ormai è diventata a pieno titolo informazione (tendenziosa, falsa, ma informazione) perché fa sentire più scaltri leggere qualcosa “contro”.
    Un dettaglio del tuo commento è molto forte, indica una deriva verso la mente di massa e l’intolleranza (strano, la Rete non dovrebbe essere democratica e tollerante per definizione?): il commento che non va bene viene attaccato pubblicamente e in privato, oppure scatta il “ban”. Bannare, orrido verbo per escludere, bloccare, incatenare, buttare fuori. Nella scienza le diatribe sono la fonte della scoperta, in medicina se non discuti con i colleghi e valuti anche le loro posizioni rischi di sbagliare, in filosofia non parliamone… Eppure disimpariamo la critica sana, la discussione che non porta al desiderio di disintegrare l’altro ma a un livello differente, più alto si spera, nelle convinzioni personali. Come dici tu, si deve essere già d’accordo, e allora commentare non è altro che ribadire senza evolvere, oppure si litiga.
    Ma poi forse tutto questo ha una spiegazione semplice. Se il social network è un confronto, e il confronto scatta inevitabile in una contesto dove ci si vede, ci si legge, ci si frequenta con colpi che dovrebbero essere geniali o degni di interesse, allora vengono fuori le insicurezze. Nel confronto, che poi scivola nel paragone, ecco la voglia di strillare più acuto. Come in ogni confronto, resta attaccato a una normalità di dialogo chi ha certezze, chi è riuscito almeno un po’ a sapere chi è e non si sgretola di fronte agli altri

  • Bianca 2007

    Che dirti MariaGiovanna? Hai ragione su moltissimi punti e, ampiamente condivisibili.Solo una cosa mi permetto d’aggiungere.Quando si è adulti la strada della conoscenza o quella per realizzare le proprie curiosità,debbono restare delle libere consapevoli scelte.Scelte basate sul proprio grado di evoluzione,di esigenze personali,di sensibilità,di voglia a mettersi in gioco col nuovo e tutti gli inevitabili rischi.
    Baci,Mirka

  • Lorenza Bonomi

    Ho letto attraverso le tue righe di questo scritto di rara bellezza molta amarezza.Concordo su tutto e anche sulle ferite che spesso l’indifferenza di molti infligge solo con un semplice click.Meglio non mettere niente, non prendiamoci in giro.Forse ha ragione Lippa quando parla del tempo, dipende sempre però che tipo di valore diamo al tempo e come lo applichiamo.La vita spesso travolge con drammi personali e isola ma questa non è una giustificazione.L’assenza, l’indifferenza, la superficialità non sono mai una giustificazione anche se si è immersi nei dolori più laceranti.Faccia libro è lo specchio della vita, di quel genere di vita che molti scelgono, di facciata appunto o di immagine come si preferisce.Chi ” vive dentro” forse è sempre meno adatto a frequentare questa vetrina anche se ha creduto all’inizio potesse rappresentare un’occasione imperdibile.Tutto si perde invece e si resta soli a considerare quante occasioni si sprecano per essere migliori.E io mi auspico che questa solitudine sia il momento per molti di riflettere sul senso del nostro vivere.Perchè il senso c’è basta volerlo guardare e non rifuggerlo.Un abbraccio.

  • MariaGiovanna Luini

    Cara Mirka, condivido il pieno la scelta di libertà. Fino a poco tempo fa avrei taciuto o abbozzato, poi ho capito che la libertà vale anche per me. Lo dicevo in un post recente, che partiva dal titolo “Siate liberi”. Per fortuna, avendo rinunciato all’illusione di avere “la ragione”, ho capito che DIRE sta nella libertà. Cioè in un mio spazio, pure condiviso, ho la libertà di raccontare ciò che penso. Magari domani il pensiero sarà cambiato, chissà, ma almeno ho tirato fuori la voce.
    Verissimo, chi popola un social network è libero di comportarsi come crede, e fino a questo punto siamo d’accordo. La libertà, che vale anche per me, è anche quella di criticare o sollevare argomenti e dubbi. Poi chissà.

  • MariaGiovanna Luini

    Cara Lorenza, penso che Facebook sia davvero una riproduzione fedele della vita. Non esiste troppa differenza tra là e qua, intesi come Facebook e vita reale. “quante occasioni si sprecano per essere migliori”: hai sintetizzato in modo perfetto ciò che sento.

  • Lippa

    .. visto? alla fine ci si ritrova tutti daccordo. ovvero: scrive 2 righe solo chi si trova in quanto scritto sopra. Dubito seriamente qualche contrario si mettera’ a distruggere le nostre disillusioni da FB.
    Ecco. Mi e vi chiedo: perche’ le aspettative citate di cui sopra, sono state assegnate ad uno strumento cosi’ frivolo come FB?
    Che c’entra FB?
    Un bar di citta’ allargato: non ha mai preteso di essere niente altro. Anzi, non si e’ definito proprio, cosi’ che l’evoluzione naturale ne ha fatto il suo successo (insisto nel mio cassandrismo: ha un solo futuro. La sua rapida scomparsa non appena una nuova piazza piu’ invitante (non per forza stimolante) si presentera’ illusoriamente “gratis”).
    Siamo forse noi che gli abbiamo attribuito, appunto perche’ non definito, il compito di esaudire i nostri desideri di essere culturalmente stimolati?
    In qualche modo ci e’ riuscito: ora conosco voi, conosco altre persone che preferisco non conoscere, mi ha connesso con gente piu’ o meno importante della mia vita, mi fa essere meno orso, piu’ frivolo, meno innocente.
    ma non ci basta mai, eh?
    Vogliamo l’oggetto perfetto, l’incontro che fa migliore la nostra vita, che attizza i neuroni del cervello un po asfissiati dai troppi bombardamenti, ma a basso costo, alla portata di un bottone del telefonino. Un po di cibo per la mente, visto che non possiamo piu’ frequentare cosi’ spesso i magnifici balletti della Scala e i salotti “bene” sono stati sostituiti dagli happy hour al bar dell’angolo, ex circoli Reduci&Combattenti, ma da casa nostra, sul tram, annoiati in una pensilina.
    Un po come guardare i film di Antonioni degli Anni ’70. Dolcevita scuri, attori immobili, gran quadri, dibattiti intrecciati, ma senza pagare il biglietto e la fatica di fare miglia per raggiungere il cinema d’Essai gestito dal parroco dall’alito aglioso. Sono “costi” anche questi.
    Al solito, se non lo troviamo questo oggetto dei nostri desideri, questa piazzetta di cui sopra che ci stimoli ci annoiamo, sbuffiamo, ” Eh si’, signora mariuccia, non ci sono piu’ le mezze stagioni”, dal sarcasmo passiamo all’amarezza, poi al silenzio che crediamo essere rumoroso, e poi ad un bel ‘fanculo, condito da tazza grande di te bollente, libro tristissimo di poesie del 800, uno splendido Corale sullo stereo, possibilemnte di Bach che aggiusta sempre tutto, maledetto lui e i suoi 11 figli.
    Rimanete su FB per piacere.
    Fate vedere le foto dei vostri banchetti, dei cagnolini bislacchi, delle vostre scarpe sexy, evitate i repost mielestrazio, cretini o di denuncia farlocca. Avrete il mio “like”. E leggero’ quando scriverete cose che muovono istinti interni, spunti dinamici, magari comprero’ pure il vostro libro, se ne scriverete uno che stuzzica il mio appetito limitato. Sono uno in mezzo ad un milione. O frose decine in mezzo a centinaia, non esiste censo. Quando si scrive per se stessi, non importa sapere quanti vi leggono. Ma se ve ne andate nei vostri silenzi, io non potro’ piu’ fare il mio click, e allora, che ci siamo conosciuti a fare?

  • Gian Paolo Grattarola

    Io stesso, nel mio piccolo, utilizzo la pagina del diario su Facebook per dare spazio a libri, spettacoli teatrali, recensioni di opere liriche e mostre d’arte. Cerco di fare di questo social network uno strumento che offra spunti culturali, visibilità ad artisti che altrove non la troverebbero, per sollecitare riflessioni che possano aiutare tutti noi a crescere e arricchirci. Ma devo constatare, con amarezza, che troppo spesso le persone disertano o si limitano a mettere un salomonico “mi piace” preferendo utilizzarlo per farne una vetrina ove esporre se stessi e raccogliere unicamente consenso alla propria vanità o consenso alla propria frivolezza…
    Rendo omaggio ancora una volta, cara MariaGiovanna, alla Tua straordinaria capacità di andare a mettere il dito là dove occorre con una sensibilità e una capacità di analisi che rendono merito alla Tua persona e alle Tua capacità letterarie.
    Non è piaggeria la mia. Chi mi conosce sa bene quanto io sia sincero nel rinoscere meriti e stima a ci li meriti.
    Gian Paolo

  • MariaGiovanna Luini

    In effetti le mie aspettative su Facebook avevano dentro la voglia di vedere e farmi vedere. Non mi piace mentire su questioni che gridano palese la propria evidenza: per chi scrive, per esempio, trovare il modo per farsi leggere è una benedizione. Per chi legge con un’affezione quasi patologica anche. Leggo, e tu leggimi. C’è poi la questione dell’incontro tra persone. Mai avrei creduto che da Facebook nascessero amicizie, invece è accaduto. Per esempio con Caterina Bonvicini, che per me era una grande scrittrice e ora è una grande scrittrice amica. Con alcuni il rapporto pre-esisteva ma è diventato più profondo, altri invece sono stati ri-trovi, ri-scoperte. Insomma, non si butta via Facebook con le potenzialità di connessione.
    Mi piace il paragone con il bar. Dal bar non ti aspetti altro che qualche ora piacevole, chiacchierate che non impegnino e leggerezza. Poi però se ci vai troppo spesso, se hai il tuo tavolo personale e le ore prefissate per esserci, inizi ad affezionarti, a conoscere le abitudini degli avventori, ad avere simpatie e antipatie. E investi in aspettative e delusioni, amore e disaffezione. Il bar non è più il bar.
    Quando si scrive per se stessi non importa quanti leggono, vero. Il punto è che la scrittura a un certo punto perde la definizione. Può capitare di scrivere per se stessi, certi che non esista altro destinatario, per poi comprendere dopo che si condividerà. O comprendere che scrivere è sempre per sé, in quanto bisogno, ma con l’occhio ai lettori. Scrivere solo per gli altri è impossibile.
    Trovo buffa in Facebook la doppia dimensione: sono in pubblico ma mi illudo, avendo un certo numero di amici, di essere “solo” con una cerchia di fidati. Avanti, miei prodi! Qualche tempo fa un giovane aspirante scrittore che aveva con me un’amicizia virtuale piazzò in bacheca un post che con assoluta e lampante evidenza mi attaccava brutalmente. Perché ho pubblicato (secondo lui) meglio e più di lui, non meritandolo. Chiaro che non mettesse il mio nome, ma la descrizione, peraltro piuttosto acida, non lasciava spazio a dubbi. Ebbene, gli feci notare la cosa con calma dopo alcuni mesi e negò. Naturalmente non alludeva a me (deve esistere una gemella da qualche parte). Mi divertì molto tutta la vicenda perché rispecchiava le piccole diatribe dell’infanzia o al massimo dell’adolescenza: parlo male di te agli amici, ma se lo vieni a sapere nego ostinatamente. In uno spazio virtuale e pubblico come puoi negare ciò che hai scritto? Non hai sussurrato in un orecchio o bisbigliato al bar, eppure credevi di averlo fatto. Diventiamo sempre gli stessi, ritorniamo noi stessi anche quando fingiamo di essere migliori nel virtuale.
    Un altro fenomeno divertente è il pettegolezzo. Non credevo potesse esistere nello spazio virtuale, invece c’è. “Sai come si parla di te in Facebook”. Non lo so, o forse sì: so perché capisco, indovino, leggo oltre. Lippa, i “mi piace” sono significativi quanto la loro assenza, non credi? Sai quante volte mancano “mi piace” di persone che si dichiarano follemente innamorate di ciò che penso e scrivo? Colgo il mi piace e la sua assenza. Oppure il modo in cui rilanciano scritti miei o di altri. C’è modo e modo, in tutto, e il social network ha inventato e reinterpretato parole e canoni. Nuove modalità comunicative che gente preparata sta studiando.
    Insomma, questo Facebook mi affascina. Mi delude quando è prestampato, basato su frasi fatte, quando parla della lirica o mistica dei figli, della malattia, dell’amore, delle cene natalizie, della quotidianità che – ammettiamolo – interessa a nessuno a meno che si parli di Berlusconi. Non mi aspetto più che Facebook sia un luogo ove condividere passioni letterarie, non mi aspetto che promuova libri (miei e di altri), anche se nei piccoli numeri ciò accade.
    Ho solo da tarare la mia (im)pazienza. Un piccolo dono a me stessa, ieri sera: un tizio di cui ignoravo l’esistenza tra i miei amici ha piazzato un post offensivo su un’amica che lavora in televisione. Click, eliminato. Non per la critica ma per l’offesa. Ecco, quel click valeva davvero la serata.

  • loredana

    ho letto l’ebook sulla montalcini e l’ho apprezzato molto complimenti per l’idea ho commentato qui spero di aver fatto bene

    • MariaGiovanna Luini

      Grazie!

  • Lorenza Caravelli

    Considerazioni intelligenti, gran bel dibattito!

pingbacks / trackbacks

Start typing and press Enter to search