tanto per parlare
Insomma ogni tanto si ritorna qui e non c’è un racconto, non esiste l’argomento. E non serve. La scrittura fa nascere o tira fuori, va oltre oppure si ferma e stuzzica la fantasia. E’ vero, un blog nella forma del diario interessa a nessuno: funziona se il diario dipinge stranezze o dettagli fuori dal solito, o dentro il solito ma con uno sfondo erotico, trasgressivo, contrario al pensiero comune. Erotico o politico (eros e politica si assomigliano, le sfumature, cinquanta o cento, hanno il medesimo odore di marketing) o sociale, là dove sociale significa banalità truccate da argomento forte. Quanti libri vendono solo perché parlano di Bosnia, Medio Oriente, Rwanda e affini? Scegliete un luogo disastrato, mescolate i dettagli della morte con una donna stuprata oppure vedova oppure povera oppure abbandonata da tutti in mezzo alle pallottole e il libro è fatto. Magari inventatevela soldato, tanto per divagare. Funziona. Peccato che funzioni meno la donna normale, riuscita il tanto che basta per non sentirsi sfigata o inferiore a un uomo.
Non ho luoghi di guerra da raccontare, passo dal blog per amore di chi legge e perché non voglio, non posso fare a meno di scrivere ogni giorno. Anche quando un libro deve ancora iniziare e sono nella fase di creazione in potenza, con la mente che si adatta all’idea di diventare altro ma ancora non sa cosa sia, l’altro. Ho uno schema meraviglioso scritto da Umberto Veronesi per un saggio che dovremmo scrivere insieme, per esempio. Scrivere con Veronesi è un miracolo di profondità. Se non ci fossero i messaggi SMS che ricordano che tra poco è San Valentino e i regali costano meno in questa o quella profumeria (quando vi ho dato il mio numero, a proposito?) potrei imbucarmi nello studio, dove adesso sono, e stirarmi i neuroni sullo schema di Veronesi per andare avanti con il saggio. Già nato in parte, aspetta che io ritorni. Eppure il languore di oggi, che assomiglia a una stanchezza stupita, esausta, passeggera come ogni mia crisi (Pesci ascendente Pesci, ogni dramma è enorme e non dura), sussurra di restare ferma. Scrivere per me e voi, divagare. Altro deve nascere.
Ho visto tramonti da levarmi il fiato, in queste settimane. In Eurostar, una volta, mi sono chiesta perché ci fosse gente ancora fissa sui telefoni cellulari, sugli schermi del computer, su ogni altro vezzo che distraeva da un cielo irripetibile. Verso Parma, ho creduto che fosse un dono. L’amica che viaggiava con me era in una mezzeria, nello spazio tra un vagone e l’altro: “Tra un attimo arrivo”, e si era messa al telefono. Da Milano, ancora parlava. Ho pensato che fosse triste per lei, là in bilico con corpi che passavano urtandola e niente a suggerirle di smettere per sciogliersi nel tramonto. Ho pensato che questa carriera di donne, questo successo che si sfiora e ti crea ancora più sete, non è altro che pallida ombra di una luce che trovo solo nei libri (citazione da Battiato, o quasi). Comunque. A distesa, nell’assoluto di una sorpresa mai annunciata, il tramonto era la commozione di un capolavoro. Andavo a Roma per alcuni incontri e una consulenza di sceneggiatura per un prossimo film di Ozpetek (persona stupenda, ho poi scoperto), in testa duemila ricordi non sempre comodi. Ma quel tramonto, quel tocco di cielo fuori dal treno a perdersi intorno… E a Roma, anche. Mi piace cogliere l’istante e tentare di ricrearlo, mai uguale ma ispirato, con la fotocamera del telefono. Cielo giallo e San Pietro, in fondo. Meno bello nelle immagini che nella realtà, ma non importa. Ci sono tramonti che uno si porta dietro, e salvano.
Mi salva ora il campanello che strappa alla scrittura. O forse no. C’è un tramonto interiore, di cuore e sentimento e abitudine. Lo vedrò presto, è lì che mi aspetta.
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Cara cara Pesciolina Tutta,al di là dei silenzi,in realtà solo apparenti, che la sostanza è nel pieno del sentire “in silenzio”,non ho mai perso un’orma dei tuoi passi,sotto e fuori acqua,guizzi di luce,sempre,nei tramonti che anch’io bevo e,nei quali spesso mi perdo. Mirka
cara Mirka, perdersi nei tramonti è uno dei piaceri che regalano senso, significato e oblìo
perdersi nei tramonti?
o specchiarcisi per ritrovarsi quando i nostri occhi non saranno più ciechi?