il bagno in acqua e sale
Dicono faccia bene. Una vasca piena di acqua tiepida (o calda, dipende dalle versioni) e un chilo e mezzo di sale. Ci si immerge e si resta lì, con la beatitudine e la certezza di ripulire corpo e pensieri. C’è chi aggiunge profumo ed essenze, chi aziona il motorino dell’idromassaggio, chi accende incenso e candele e accosta a portata della mano un bicchiere pieno di champagne. Conosco una donna che canta Mantra di guarigione, un’altra che aziona iPhone con la registrazione di una meditazione guidata, un’altra ancora si attacca al telefono e racconta di sè alle amiche disposte ad ascoltare.
Il bagno in acqua e sale. Sgonfia e riduce la ritenzione idrica? Chissà. Tira fuori le tossine per disperderle nei meandri della Terra madre? Non saprei. Inutile provare a capire, alcune dicerie vanno mantenute come doni. Non credo che qualcuno si sia dato la pena di verificare, e in fondo non importa scovare l’evidenza scientifica in una pratica che costa poco e garantisce un’umanità più tranquilla e pulita. Abbiamo l’illusione che da noi esca il peggio, che lo stress scivoli fuori e scappi via mulinando nello scarico della vasca.
I tasti che fanno rumore risvegliano il gatto, si muove un po’ per cambiare posizione. Si addormenta sulla scrivania e, quando scrivo, ogni tanto si tira su e cammina verso la tastiera. Si acciambella oppure occupa lo spazio dello schermo per afferrare, giocando, le lettere che vede formarsi secondo dopo secondo. La portafinestra zitta affaccia sui palazzi nuovi. Un caldo da non credere, là fuori.
Ho trascorso il tempo con le foglie gravide di sole e osservato occhi. Ho salutato sorrisi con una mano.
Amo il colore dei fiori.
I tulipani sono la mia anima di carne.
E’ l’ora delle domande che da grandi si fanno piccole. Ho ripensato al pianeta alieno che ho provato a descrivere ne “Il male dentro“. Prima di sedermi alla scrivania ho sistemato nei cassetti della mente ricordi, obblighi e appunti e mi sono resa conto che in una vita come la mia, così immersa nel pianeta alieno, è impossibile stabilire priorità perché tutto è più importante. Tutto passa prima, esiste solo la testa della classifica e mai una metà o una coda. Quando il novanta per cento della gente che ti cerca perché ha bisogno di te è ammalata di cancro la stanchezza non è ammessa, l’impossibilità di rispondere al telefono è blasfema, il moto di inquietudine assomiglia a un insulto. Eppure ce l’hai, quella stanchezza. Sei come gli altri ma non dovresti, nessuno ti perdona se cedi un attimo.
Esistono domande che nessuno osa porre. Perché non vengono in mente. “Come sta?”, eccone una. Certo può sembrare frequente e quasi abusata, ma quante volte ci chiediamo come stia qualcuno di cui abbiamo bisogno? Qualcuno che ha il dovere di essere lì ad aiutarci, perché lo ha scelto oppure perché – semplicemente – è il suo ruolo. Deve aiutare e basta, e deve farlo con la gentilezza, la preparazione, la freschezza, la pazienza, la professionalità, il tatto più giusti per noi. Come sta il medico? Come sta l’amministratore delegato di un’azienda? Come sta un presidente? Come sta il soccorritore che estrae corpi dopo un terremoto? Come sta un’infermiera durante un turno massacrante? Come sta un vigile nel mezzo del traffico dell’ora peggiore, con i SUV tracotanti che lo sfiorano beffardi?
Sono domande che diventano piccole, e non hanno risposta. Il cielo appannato di afa muove appena le punte degli alberi.
Le ore si accavallano ai giorni e scopro che ho detto pochi no.
Sogno di trattenere la luce senza permettere all’inverno di ritornare.
Un bagno in acqua e sale. Lasciatemi l’illusione di una schiuma densa che scivola via.
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Cara Maria Giovanna, come stai? Te lo chiedo sentendo importante questa domanda.
Laura
🙂
La mamma di Umberto Veronesi pare gli abbia insegnato che a questa domanda si deve sempre rispondere “bene”! Per qualche strano legame, anche io rispondo sempre così. Sto in rivoluzione. Cambiamento, solitudine in mezzo a troppa gente e disagio. Come se non esistesse il luogo per me. E neanche l’interlocutore cui raccontarmi. Osservo me stessa attraverso gli altri, e leggo ciò che ho mostrato. Non sempre mi sento proprio quella persona lì.
Com’e’ cambiata la tua scrittura. E quanto sei cambiata tu. Ogni parola di questo pezzo aggiunge e regala qualcosa a chi legge. E’ bello volerti bene.
Un abbraccio in acqua e sale, un sorriso e uno sguardo di ammirazione. Ti voglio bene.
che belle le mie amiche!
Un’umanità talmente densa di tutto,la tua,che,se è impossibile da dimenticare,resterà sempre il dubbio in fondo al cuore,d’aver mancato in qualcosa,anche con i tuoi libri sparsi un pò dappertutto,l’ultimo,ancora da finire,per obbligate priorità,”concrete” quasi come un cancro al quale non si deve cedere ma solo affrontare, con fiducia e con tutte le forze di cui si dispone, anche se scarse,smisurate per testarda volontà di vita. Ti voglio bene,Mirka
Come stai ? ” bene ” …..in solitudine in mezzo a tanta gente …..