sui sogni premonitori… o no
Amo i post che parlano di follia e suscitano un solletico alle vibrisse o sulla nuca delle persone che confidano nella mente razionale. Li amo perché a lungo ho provato anche io a essere sempre, in ogni occasione, molto razionale: mi aiutavano gli studi scientifici con le due specializzazioni e il master, mi aiutava la convivenza professionale (anche fisica, scrivanie contigue) con Umberto Veronesi. Nessuno avrebbe potuto essere più razionale di me. La supremazia di una spiegazione scientifica, logica, superiore a ogni possibile divagazione superstiziosa era una certezza. Poi. Beh, poi ho scoperto che quando hai a che fare con la salute, la malattia e la vita della gente devi scendere a patti con le tue certezze: se sei rigido sbagli, se resti attaccato alle pagine dei libri scivoli sull’imprevedibilità della vita e della natura beffarda e giocosa. Ho esplorato idee e teorie, ne ho fiutate alcune grazie alle parole della gente che incontravo e bevuto altre come diretta conseguenza. Soprattutto ho imparato a tenere aperta, spalancata la porta dei neuroni. Più aperta è, meglio mi sento. Questo non significa abbandonare le tonnellate di informazioni che grazie agli studi finanziati da mio padre e da me stessa ho accumulato perché fossero elaborate in modo personale: resto convinta che per spaziare sul serio si debba conoscere ciò che qualcun altro ha già studiato. Apro i neuroni e le loro connessioni e studio, leggo, lascio libera la creatività. Faccio esperimenti, non permetto ad altri di propinarmi per vere cose che non posso verificare da sola.
Insomma, uso la razionalità ma provo a spingermi oltre. E meno male perché se fossi ferma nella posizione fissa di chi si attacca alla biologia, alle neuroscienze, all’anatomia come unico baluardo contro la paura di morire non potrei raccontare a cuore leggero ciò che accade dentro e intorno a me. Come i sogni, per esempio.
Questa mattina ho messo in Facebook un post che preannunciava qui una discussione sui sogni premonitori: puntuali, i commenti hanno confermato che tanta gente crede che esistano e altri ne abbiano paura. Qualcuno si è aggrappato a spiegazioni psicologiche. Ditta inconscio & C., gestione familiare. Più o meno mi aspettavo proprio questo.
Esistono i sogni premonitori? E cosa sono? Vi racconto e lascio a voi il giudizio, chiedendovi se possibile di commentare qui e non – come al solito – via email o in Facebook dove rilancerò il link.
Ogni tanto capita che alcuni sogni abbiano caratteristiche particolari: sono tanto vivaci nella mia consapevolezza da lasciare impressi i loro dettagli come se non fossi addormentata. Sono più sveglia di adesso, più sveglia delle ore diurne di veglia. Nel mezzo di un sogno “normale” i cui protagonisti ed eventi dimentico nella maggioranza, contorni e colori e fatti si fanno VERI. Non saprei definirli altrimenti. All’inizio non riuscivo a cogliere questa differente qualità, sapevo solo che nella mia testa entravano messaggi sotto forma di immagini e attribuivo a desideri, paure, fantasie ciò che restava impresso. Poi ho capito che esisteva un’inquietante sequenza in ciò che in sogno si manifestava e accadimenti della vita quotidiana. E sono stata più attenta.
Nella notte tra l’11 e il 12 gennaio 2012, per esempio, sognavo non so che e, a un tratto, il mio stato di torpore ha avuto il “salto” di attenzione che ormai riconosco: davanti a me c’era un’onda gigantesca, una specie di tsunami terribile che mi arrivava dritto addosso. Mi sono voltata per fuggire ma, per una magia, sono stata evitata dall’acqua. Una frazione di secondo dopo ero in piedi su una piccola isola e guardavo il mare, tranquilla. Sapevo che a me non era accaduto niente, e niente era successo a mio marito nonostante non fosse con me al momento dell’onda. Davanti ai miei occhi, a pochi metri dalla riva, una gigantesca nave giaceva sdraiata su un fianco. Era grande e bianca, una nave da crociera.
– Ho sognato una tragedia, una metafora del nostro matrimonio! Sta naufragando! Ho visto un’onda, mi sono ritrovata su un’isola molto piccola e davanti avevo una nave, l’ho vista travolta dall’onda. Era sdraiata su un fianco, a pochi metri da me. E’ il nostro matrimonio, lo sento!
Sentirsi apostrofare così al risveglio non deve essere una bella esperienza: mio marito ha strizzato le palpebre, chiamato a raccolta le reti neuronali e mormorato “Ma va”.
Indomita, ho scritto sul mio diario (che ancora esiste, quindi c’è prova documentale di quel sogno) ciò che avevo visto, e – ancora non paga – ho raccontato tutto alla mia psicanalista.
Il 13 gennaio sera la Costa Concordia si è sdraiata su un fianco, e lì è rimasta. Precisa al sogno.
Mio marito e la mia psicanalista, successivamente, hanno esclamato quasi all’unisono: “LA NAVE SDRAIATA!”.
Nella notte tra il 29 e il 30 settembre 2013 dormivo beata in una notte di inusuale assenza di insonnia. Nel mezzo di un sogno immemore mi sono ritrovata in una stanza d’albergo che non riconoscevo: niente di strano, viaggio talmente tanto che a fatica mi ricordo dove mi trovo quando provo a pensarci su. A un certo punto ho visto acqua sul pavimento, ho alzato gli occhi: tanta acqua sul soffitto. Mi sono spostata e, in un momento, una valanga brutale di sassi e acqua e caduta davanti a me. Illesa e per niente spaventata assistevo a una frana, anzi peggio: al crollo di tutto ciò che avevo di fronte, e il cielo era bianco e non si vedeva più niente, solo roba che cadeva e sprofondava. Frastuono, e disastro. E io ferma lì a guardare.
Lunedì 30 settembre a Verona, dove alla libreria Feltrinelli era appena terminato l’incontro con i lettori del mio romanzo, un’amica mi presenta un uomo. L’uomo parla un po’ di sé, chiacchieriamo di vita e morte poi dice:
– Mi ricordi tantissimo la mia amica C. Veramente le assomigli tanto.
– E’ vero, l’ho sempre pensato! Assomiglia a C.
Questo il commento della comune amica, di rimando. E mi spiegano che C. è una dottoressa morta tragicamente: ritornando da un turno in ospedale è rimasta intrappolata nella frana della strada a causa di smottamenti per una pioggia torrenziale. Spalanco gli occhi e taccio: la frana! L’acqua, i sassi, i detriti!
Martedì 1 ottobre scartabello giornali e note, apro le solite pagine di quotidiani e ANSA: fa parte della mia curiosità ma anche del mio lavoro. Leggo, scruto, ricordo oppure no. Finché una notizia appare fulgida ai miei occhi: “Crolla parete di roccia su Sorapis Cortina“.
Bene, se sul secondo sogno possiamo aprire dibattiti immensi il primo sembra davvero un po’ lontano da ogni interpretazione razionale. Oppure no?
Al via i commenti, se volete.