il sabato delle parole

 In Blog, I racconti del taccuino, la posta del cuore (?), Racconti Brevi

20131228_115314Non è così strano essere qui oggi, a una scrivania nota che considero mia ma ogni giorno precaria, temporanea, destinata ad altri temporanei come me. E non è strano avere alla sinistra della tastiera un mucchio di giornali ancora da leggere, un mazzo di chiavi tenuto insieme da un corvo di pezza, e di fronte un attaccapanni che regge il camice bianco appeso a una gruccia e un piumino rosso fuoco lucido, appariscente. I miei: il mio camice, il mio piumino. Non è strano che sulla scrivania manchino fotografie che sono troppo intime e non mi va di lasciare esposte ma ci sia un cappello di panno giallo, a foggia cinese: alla festa di IEO, qualche tempo fa, lo feci indossare a qualcuno che poi lo restituì la mattina dopo, e nessuno da allora è venuto a prenderlo. Ho due angeli, uno di legno e l’altro di compensato e vola legato a una lampada, una cassettiera dove tengo pochissime cose (la precarietà e una mano di troppo che in mia assenza fruga, apre, curiosa, spia, strappa) e un telefono.

Nel piazzale davanti all’ospedale due o tre automobili, se ne andranno veloci perché lì non si può stare. Mi piace venire a lavorare nei giorni di silenzio. I pazienti, loro ci sono: puoi dire a chi sta male di scegliere il giorno per esserci? E ci sono i medici (io una tra loro), ci sono gli infermieri, ci sono gli ausiliari e gli amministrativi. Ma c’è silenzio, il silenzio dovuto ai giorni di pseudo-festa che qui si trasformano in un curioso rallentare del pensiero. Gli oggetti sono sempre gli stessi, almeno lo è la loro percezione, ma i colori sembrano quieti. I piccioni che da qualche settimana hanno deciso di appollaiarsi sui tetti volano a raffiche, a onde, stormi: sono folate di ali e colore scuro che spaccano improvvise e armoniche il bianco latte, grigio sporco, azzurro (qualche volta) del cielo.

A che punto siamo. Siamo in chiusura di un anno e all’inizio del prossimo, è banalità raccontarlo. Siamo, cioè sono, con due libri da scrivere e un sito internet (IEO) da rivedere nel suo editing, e il piano di comunicazione di una persona (che non sono io) da curare. Sono con un blog sul Fatto Quotidiano dove compaiono i commenti più bizzarri, inattesi, folli, simpatici, orrendi, incomprensibili, intelligenti, saggi, perversi e una rubrica su “Starbene” che è una finestra di divulgazione e mi fa sentire utile. Sono con “Allacciate le cinture“, il film di Ferzan Ozpetek e Gianni Romoli che uscirà a marzo e mi ha dentro, mi commuove, mi ha scardinato noia e e muri dell’anima e riempito di gioia: ho lavorato a questo film con Ferzan e Gianni ed è stata una felicità, una gratificazione umana e (con identica importanza) professionale.

Sono con “Il male dentro” che ancora vive e continuerò a portare qua e là.

Meno male che il tempo non esiste, se esistesse dovrei provare un’angoscia soffusa e concreta. Dovrei chiedermi se ce la farò, ma chiederselo è la mossa primigenia, la mossa sbagliata: so che ce la farò, e chiuso. In tutto questo sento il rumore, il calore, le emozioni dell’ambulatorio che per me è la fonte e il risciacquo dell’anima, il ricordo e la promessa, il ristoro e l’equilibrio. La tendenza bipolare tipica degli scrittori è nel mio DNA, spesso dico che se non avessi la mia parte da medico cadrei nel baratro che leggo sulle guance, negli occhi di tanti amici che scrivono. Chissà. Devo l’equilibrio e il temporaneo furore dell’ansia alle persone che incontro come pazienti, anche.

Non è così strano che nelle settimane recenti io abbia deciso di essere ciò che sono. Merito di tanto, di tanti, e merito mio. Merito dei maestri traumatici e di quelli pazienti. Merito anche delle persone che hanno una voglia feroce di criticarmi in pubblico ma per farlo non trovano altro modo che buttare lì pareri irrisolti nelle librerie online o creare identità false nei social network che poi fanno sparire appena piazzato il commento cattivo (“Cerca vicino” mi dice la mia guida interiore, cerca vicino… Non c’è bisogno che tu me lo dica, guida: lo so).

Un’immagine sacra appoggiata di traverso sulla mia scrivania mi ricorda la festa di Natale qui in Direzione Scientifica. Una festa strana e diversa dalle altre: ogni momento è diverso da tutti i momenti che l’hanno preceduto, ma quella festa è stata proprio… Altro rispetto a tutto ciò che ho vissuto negli anni scorsi. Meglio così, mai restare attaccati a ricordi e rievocazioni. E forse il segreto vero è che io sono diversa e l’ho scoperto solo da un mese. Diversa dentro, in fondo, nello sguardo e nel pensiero, e ho aspettato tempo prima di capire.

Diversa, ecco. Così.

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Showing 8 comments
  • Lorenza Caravelli

    Diversa. Complessa e semplice, ricca e povera, profonda e leggera. Buona di una bontà furente quando è necessario. Presente, e bella. La mia amica.

  • MariaGiovanna Luini

    Love U, Caravelli mia

  • lucia

    Diversa, meravigliosamente diversa, attenta, concentrata nei miei occhi quando mi parla, disponibile sempre e subito, creativa anche dove la creatività fatica ad intrufolarsi, sorridente, ma mai leziosa perchè il suo sorriso ha origini profonde, bella come il sole, ti adoro.

  • MariaGiovanna Luini

    Lucia, forse mi tatuerò questo tuo commento su una parte del corpo. Il braccio, così riesco a leggere bene. Ti voglio bene.

  • renzo ardemagni

    Dott.ssa Luini,Lei riveste un ruolo pubblico,e come tale,deve confrontarsi ed interagire con i pareri,i commenti e le espressioni di garbata critica che provengono da varie parti.
    Sui Blog e sui SN,l’emotivita’,invece della riflessione,caratterizza spesso i commenti.
    L’emozione,promossa dal contenuto dell’articolo,sia autorale che redazionale e’ facilmente domabile.
    Meno controllabile e’ quella che scaturisce dalla lettura degli altrui commenti.
    La giornata di ieri sul tema “Caterina” e la ricerca scientifica e’ stata esemplare in merito.
    Sembrava di muoversi in un’arena impazzita.
    Commenti rabbiosi si alternavano a buonismi di maniera,il tutto fuori tema,o quasi.
    Penso che nel confronto mediatico,piu’ che del moderatore,in futuro,ci sara’ bisogno dell’educatore.
    Cosa ne pensa?
    Le auguro un sereno e felice anno nuovo.

    • MariaGiovanna Luini

      Carao Renzo, la divulgazione scientifica e anche – in modo evidente per me – la professione di scrittore di narrativa e saggistica chiedono la presenza e le parole, e chiedono anche un equilibrio. La mia natura passionale sta imparando molto: ascolta, vede, spesso (ancora troppo spesso, forse) reagisce con veemenza oppure con pacatezza. L’impatto con internet, in particolare con alcuni commentatori anonimi nei blog (un esempio per tutti il blog che ho sul portale de Il Fatto Quotidiano) è stato una sorpresa: ammetto che le mie aspettative in termini di civiltà, preparazione e disponibilità al dialogo intelligente da parte dei lettori fossero molto più alte di così. Ma affermando questo non rendo giustizia alle tante persone garbate anche nella critica, motivate e spinte da genuina voglia di dibattere. Insomma, forse là dentro il preteso anonimato induce a esagerare, porta anche i cosiddetti amici a nascondersi dietro un nickname per sfogare frustrazioni e invidia, o semplice rabbia per chissà cosa quel giorno a quell’ora. Poi c’è chi disturba per professione, e allora mi auguro che essere pagati per questo abbia un effetto positivo sulla vita futura.
      Ciò che più mi dispiace è che esistano persone belle, motivate e pronte al dialogo schiacciate dalla follia completa di altre: mi scrivono in privato dicendo “ci ho provato, sa, avrei tanto voluti partecipare ma come si fa…”. Perché in realtà esistono commentatori anonimi che la psichiatria non farebbe fatica a definire deliranti, e allora… Beh, allora si sceglie ogni volta: leggo i commenti sotto il post oppure no? Lancio il sasso e lascio che si sgozzino tra loro? La mia natura partecipativa, la voglia di divulgare sul serio mi spinge a leggere, la mia passionalità spesso mi fa restare molto male perché la malafede è impossibile da confutare. C’è gente che piazza tante e tali bugie millantando cultura, e lo fa con una sicumera così evidente da trarre in inganno altri che vorrebbero invece informazioni vere, controllate, genuine. Insomma, è un mondo. Mi sono buttata in questo mondo con voglia, passione, amore. E andrò avanti a farlo, in fondo ogni volta che comprendo qualche pezzo in più divento migliore. Imparo, mi costruisco, e forse posso essere più utile agli altri.
      Quanto alle notizie di cronaca legate alla scienza o pseudoscienza: mettendo insieme scienza, ricerca e cuore (cioè il dramma di chi sta male, per esempio) dovremmo essere tutti attentissimi, dovremmo pensare a come ci sentiremmo noi se leggessimo questo o quel commento, questa o quella bufala, questo o quel disfattismo su cure, medici, centri, innovazione. La libertà di parola è meravigliosa, ma dovrebbe avere un limite: quando scopro che usando parole a vanvera, arrabbiata con il mondo, sto creando dolore ad altri dovrei proprio fermarmi. Perché provocare dolore? Perché non usare equilibrio e soprattutto silenzio? Perché non aspettare un po’ prima di affermare ciò che non sono certa sia reale?
      Un aspetto che accettiamo tutti male della scienza, medicina in particolare, è il “non lo so”. Spesso questo oggettivo e temporaneo “non lo so” da parte dei medici crea il vuoto, la paura (comprensibile), e allora la reazione emotiva porta a creare una realtà parallela non sempre valida e qualche volta addirittura pericolosa. E internet è un luogo molto facile ove dare spazio a tutto ciò che la mente umana ha voglia di creare, senza troppi filtri.

  • Bianca2007

    Qui?… Auguri d’ogni successo e bene. Mirka

    • MariaGiovanna Luini

      auguri e abbracci!

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