la scienza e il cuore

 In Blog, I racconti del taccuino, la posta del cuore (?)

Un evento che ho seguito oggi da spettatrice mi ha portato a riflettere su quanto sia utile mettere insieme scienza e cuore. Il cuore fisico è già nella scienza, ne è parte necessaria, ma il cuore come sede metaforica di sentimenti, emozione e modi di essere può essere visto come un compagno, un supporto, una contrapposizione o addirittura un’antitesi della scienza. Uno dei partecipanti al dibattito mi ha incuriosito quando ha chiesto per la divulgazione scientifica una parte maggiore di scienza in contrasto all’eccesso di emotività e cuore del recente periodo: il senso del discorso mi era chiaro e concordo con lui, stiamo assistendo a una pericolosa deriva che vorrebbe sostituire ai dati scientifici alcune fantasie mai dimostrate vere che però hanno il merito di conquistare i sentimenti più forti e immediati della gente. Accade che sull’empatia sbandierata come valore assoluto si fondino teorie che, purtroppo, niente hanno di scientifico: sono teorie che rapidamente diventano difficili da confutare perché criticarle significherebbe dimostrarsi cinici e privi di “cuore” (appunto). Ciò che mette in discussione enormi, enfatici principi di emotività è destinato a trovare forti resistenze e critiche a voce molto alta.

Scienza e cuore, dunque. Mettiamo da una parte il cuore e scegliamo la scienza, di questo la popolazione ha bisogno. In parte è vero: il motivo per cui sono lenta a scrivere nel mio blog su “Il Fatto Quotidiano”, per esempio, è che ogni affermazione scientifica anche semplificata a uso dei lettori raccoglie una pletora di commenti che partono da punti di vista pseudoscientifici talmente irreali e folli che il dibattito non è solo difficile, ma addirittura impossibile. La scienza dovrebbe ritrovare un posto centrale nell’informazione e nella verifica di ciò che si pubblica nei media (internet in particolare), e per ritrovare questo posto centrale deve sbarazzarsi della quantità inaudita di notizie, notiziole e bugie che si spacciano come verità (di solito “ostacolate dalle big pharma”) e fanno troppo rumore. Alcuni eccessi di ignoranza spacciati per cultura o, peggio, contro-cultura (termine che dice proprio niente ma è tanto di moda) sono dannosi per la società perché contribuiscono a diminuire il tasso di consapevolezza e la capacità di decidere per sé. Il punto è che per ritornare al centro la scienza non dovrebbe soppiantare il cuore. Sarò illusa, ma è ancora possibile – e ne abbiamo un bisogno estremo – ritrovare emozioni, sentimenti e purezza di pensiero anche parlando di verità scientifiche. O di dubbi scientifici, che hanno la medesima dignità e devono essere discussi in modo aperto, realistico e leale di fronte alla gente (che ha il diritto di sapere). Sono scrittore, medico e comunicatore scientifico cioè divulgo i contenuti della medicina e della scienza rendendoli, se possibile, più comprensibili per i diversi gruppi di persone di volta in volta destinatari: penso che prendere su di sé la responsabilità di informare la popolazione debba significare anche conoscere i mezzi che si vogliono usare, i linguaggi possibili e le probabili conseguenze. Ma in nessun momento della mia attività dimentico che esista il cuore. Che non è in contrapposizione con la scienza, ma la completa e la rende accessibile, umana e utile. Non esiste scienza senza etica, e l’etica dovrebbe immediatamente fare pensare al cuore.

Di recente ho avuto l’opportunità di pensare a quanto il linguaggio quotidiano, a casa e nelle relazioni di lavoro, spesso sfugga a un controllo sulla forma e sull’empatia con cui è usato. Mi sono chiesta, per esempio, perché da medici e infermieri si pretenda che migliorino nella relazione con i pazienti e usino parole e toni rispettosi della sensibilità altrui e tale richiesta invece non valga per altri professionisti, per ogni persona che debba o voglia comunicare qualcosa a un’altra. Al di là di una questione ovvia di eleganza e stile (non sono in dote a tutti, ma si possono imparare), c’è l’emozione che nell’altro si suscita: siamo certi di considerare sempre con la doverosa attenzione il dolore che potremmo provocare? Siamo proprio sicuri che quel dolore sia inessenziale e non caricherà sulle nostre spalle un fardello futuro? Non parlo di Karma o roba simile, parlo dell’inevitabile aggravarsi di faide, inimicizie, incomprensioni in seguito a un uso poco attento delle parole e dei toni. Parlo anche della perdita di stima che si può indurre nell’altro con un semplice discorso uscito male. Abbiamo voglia di non essere stimati perché non badiamo a ciò che esce dalla nostra bocca? Medici e infermieri devono essere attenti, altre categorie professionali o amici e familiari no: esiste una ragione? E in fondo anche in questo caso si tratta di cuore. Non si incute più rispetto alzando la voce, ma usando la voce con la dovuta fermezza e, sempre, con attenzione alla sensibilità dell’altro. Poi alcuni scivoloni capitano: basta ritornarci su e chiarire, e la stima non se ne va.

Ritorniamo a scienza e cuore. Perché empatia, emozioni e sentimenti dovrebbero essere vissuti come un opposto dell’approccio scientifico? Il motivo non esiste. L’eccesso di emotività può contrastare il passaggio di informazioni scientifiche e può, talvolta, rallentare la ricerca (esistono argomenti capaci di suscitare tanta e tale emotività nella gente da rendere impossibile un dibattito scientifico, e alcuni media a volte giocano biecamente sulla paralisi delle funzioni razionali indotta da questi argomenti “forti”), ma un uso costante e pacato del cuore non può creare danno. Si usa il cuore quando si decide se consigliare o meno un esame diagnostico, si usa il cuore nella scelta delle terapie, si usa il cuore quando si decide quale tono mantenere nel comunicare una realtà dolorosa. Si usa il cuore senza mettere sotto la suola delle scarpe la scienza, è ovvio. La scienza dona il titolo a parlare, il cuore conferisce invece il titolo ad ampliare questo parlare a una popolazione più grande: solo chi si rende davvero conto delle conseguenze delle parole e, per questo, filtra la scienza con i sentimenti dovrebbe accedere alla dignità di comunicatore scientifico.

Non ho mai incontrato difficoltà quando ho tentato di spiegare alla gente un contenuto scientifico, e spesso mi capita che mi si chieda come faccio a “dire certe cose in frangenti delicati”. La mia risposta è più o meno la stessa ogni volta: apro bocca sulla scienza solo se conosco bene l’argomento e le ultime, più credibili scoperte, ma ho anche cura di osservare chi ho davanti per adottare il linguaggio e i toni che con maggiore probabilità aiuteranno la comprensione in modo accettabile. La verità si può dire quasi sempre (ho messo il “quasi” perché voglio tenere conto di tutte le possibili evenienza della vita), ma deve essere lavata, sciacquata, riscaldata o raffreddata dall’intuito, dall’esperienza e dalle emozioni. Altrimenti non aiuterà, non potrà contribuire a salvare o guarire la gente, non farà altro che spaventare o ottenere scetticismo e rifiuto. E avrà mancato il bersaglio.

 

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Showing 2 comments
  • Bianca2007

    La scienza è un cimitero di ipotesi,lasciò detto B.Pascal. Sono anch’io d’accordo,ma guai se non ci fosse. Il sentimento supera anche la scienza,a mio avviso e,spesso risuscita chi si credeva morto. O perlomeno illumina i viaggi…e scalda quando il freddo ammala,se non provoca una lenta agonia che conduce a morte certa. Un grande infinito abbraccio di sano Sentimento e…sempre Evviva dentro quella marcia. Mirka

  • MariaGiovanna Luini

    Sentimento e scienza. Insieme possono stare, a patto che nessuno dei due pretenda di cancellare l’altro. Abbraccio!

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