di tutto un po’: crisi, scuse, amore, dolore, vita

 In la posta del cuore (?), Racconti

Quando i pensieri stanno a zero il mondo inizia un giro nuovo. I tempi recenti  mi hanno costretto a pensare tanto e spesso – forse troppo spesso – alle idee preconcette appese al cervello a condizionare il mio modo di vedere la vita. Sono idee varie, tipiche del bisogno di stabilità e indipendenza, della curiosità feroce, famelica che a lungo ho finto di non possedere e ora assecondo con voluttà, della formazione letteraria ampia e variegata. Senza un logica, se non le strade che si aprivano una dopo l’altra partendo da uno stimolo iniziale. Quelle idee si sono costruite, aggiunte, affastellate e hanno creato un sistema di comportamento di cui ho coscienza piena solo da alcune settimane.

Ho sempre creduto, per esempio, che i fatti avessero significato maggiore rispetto alle parole, e le parole – a me così care nell’essere scrittore – assumessero concretezza solo quando pronunciate in alcuni contesti e nei tempi appropriati: per intenderci, mai avrei sospettato che parole buttate fuori per invidia o cattiveria o assurde quanto inutili (patetiche) trame professionali e personali potessero avere influenza su una realtà di gesti reali, di azioni, di dimostrazioni evidenti piuttosto che di dicerie. Convinta che essere significhi porsi un certo modo nel quotidiano e non badare troppo ai discorsi, in qualche modo ritenevo invulnerabile (là dove conta esserlo) chiunque con i fatti dimostrasse lealtà, correttezza, ottima volontà. E non crediate che sia così naif: se dovessi elencare i pettegolezzi e le cattiverie raccolti negli anni in tutti i luoghi e contesti non avrei il problema della pagina bianca. Per ogni persona che dissemina pettegolezzi a mio carico potrei stilare una sinossi ragionata con migliaia di ulteriori pettegolezzi che la medesima persona ha affibbiato ad altri, in particolari coloro che prestano loro orecchio come se si fidassero. Ne avrei per secoli, per tre o quattro vite da scrittore.

Il fatto è che i Maestri, le persone che fino qui mi hanno insegnato la parte migliore e più importante della vita, mi hanno messo in testa che la cattiveria verbale è come il vento: crea fastidio ma, a meno che sradichi un albero già debole alle sue fondamenta, non lascia troppo danno. Ho sempre agito di conseguenza: ho ascoltato e non assunto a parametro di comportamento ciò che qualcuno mi riferiva a proposito di persone assenti. Mi ricordo tutto, ma niente ha lasciato radici: guardo chi ho intorno nel suo agire, non nelle favole che si raccontano. Se la persona non c’è non può dire la propria, non può agire e nemmeno difendersi: credetemi se dico che ho rimbalzato con indifferenza le peggiori insinuazioni senza chiederne conto a chi amavo, alle persone che avevo intorno nel lavoro o nella vita privata. Solo perché per me ha sempre avuto valore la relazione diretta, non una mediazione assai dubbia nei propositi e nei contenuti.

In modo simile ho sempre avuto grande fiducia nella capacità di giudizio di chi stimavo. Per me la stima ha un che di istintivo, è una questione di azioni (certo) ma anche di aura, di colori del campo energetico, di intuizione che nasce da sfumature. Se stimo, credo che quella stima sia riposta bene perché molto raramente mi è capitato di sbagliare nella percezione del valore speciale della gente. E chi stimo di solito ha la saggezza di accogliere le parole del mondo usando il senso critico, ma se non lo fa non perde facilmente la mia stima: so che è difficile da capire, ma ci sono persone che stimo nonostante una relazione personale diventata molto negativa. Questa semplice certezza mi ha accompagnato in tanti anni, anni forse troppo fiduciosi ma animati da una spinta all’apertura che male non deve avere fatto. Ho confidato tanto, ho investito umanamente e professionalmente convinta che unire fosse meglio che dividere. Ho contato sull’intelligenza altrui e sulle enormi potenzialità del dialogo.

Ho sbagliato? Non lo so, ma nello scardinarsi di valori e condizioni di vita sono sicura che userò l’Arcano Maggiore Senza Nome (da alcuni scorrettamente definito “la Morte”) per fare pulizia intorno senza cadere nella tentazione di un inasprimento cretino della personalità. Molto più sola, ma a disposizione di tante più persone. Con gioia e amore.

Il problema è che il sistema di pensiero oggi si frantuma in una crisi salvifica ma anche complicata. E dolorosa. Secondo alcuni amici era troppo facile prevedere che i traguardi positivi raggiunti (i libri, il film con Ferzan Ozpetek, la partecipazione a Ottoemezzo con Lilli Gruber) avrebbero scatenato una carica di invidia ai massimi livelli, e forse razionalmente arrivavo anche io a immaginarlo; tuttavia, così come per altre idee preconcette, la convinzione che l’invidia fosse palese per tutti e non solo per me mi spingeva a sentirmi abbastanza serena. In fondo, chiunque può capire che certe cattiverie nascono da chi “rosica” e per questo non c’è da preoccuparsi. La mente, la nostra meravigliosa mente ha il potere di distinguere, di creare e salvare, può essere usata per il massimo del bene. Ma – dimenticavo – può anche distruggere. Non ho mai avuto grossi problemi ad ammettere i problemi che incontravo sul cammino: non credo all’immagine vincente a tutti i costi anzi ritengo vincente chi affronta la vita nel suo eterno fluttuare, ridendo e piangendo con coerenza, sono una donna stupenda come tutte le altre quindi “normale”, se cado mi rialzo e se piango non chiedo scusa perché scusarsi per il dolore non ha senso. Ho la mia parte di grandissima, luminosa fortuna, ho la mia gioia, ho l’orgoglio di un percorso professionale positivo e ricco di soddisfazione ma ho anche una serie di dolori, di eventi e pensieri tristi, ho il tradimento di chi sembra provare un piacere speciale (o avere un tornaconto di qualche genere) di fronte alle mie difficoltà. E a 44 anni mi trovo a fare i conti con  la rivoluzione, ancora.

E’ una rivoluzione di persone e idee, di convinzioni che non esistono più (magari è meglio) e una forza che ho scoperto al fondo di me e mi sostiene, mi fa tenere lo sguardo alto quando incontro chi butta gli occhi sul pavimento. Sapete, c’è una certezza che non è andata via nonostante la rivoluzione: se osservo il tempo piccolo chiamo “crisi” un’evenienza negativa che provoca dolore, ma se mi concedo un’osservazione media o lunga comprendo che si chiama evoluzione. Lo stato della vita non è immobile, non può essere stabile, alcune situazioni hanno bisogno di un colpo brutale per sbloccarsi mentre altre si snodano in un progressivo cambiamento. Preferisco il mutamento progressivo e pacifico, ma non sempre si può scegliere. E c’è la visione: oggi più di sempre posso affermare di essere nata con una sensibilità particolare che, nonostante me cioè nonostante la mia volontà che spesso fuggirebbe dall’altra parte, mi dice con drammatica e luminosa esattezza cosa accade e accadrà a chi ho intorno. E a me. Vedo le bugie e i pensieri, spesso mi si infila nel cuore e nel cervello ciò che sta per accadere con una chiarezza che a lungo mi ha spaventato. Non mi stupisco più per le stranezze e le dimostrazioni eclatanti di questa sensibilità, accetto e basta. Questa sensibilità non mi impedisce di sconvolgermi, gioire o disperarmi, stare in ansia o rilassarmi come tutti nel fluire della vita, ma lo schermo globale è lì da vedere. E nella maggioranza dei casi lo vedo. O meglio: lo so.

In questo post sto dicendo tante cose e niente, non ha un argomento alla base. Sto dando fiato alle parole ed energia alle dita sulla tastiera. Sto ammettendo sconfitte e dolore, ma anche rivendicando la bellezza pazzesca di essere viva. Da Pesci ascendente Pesci affronto male i cambiamenti ma poi so nuotare molto bene. L’aspetto più difficile per me è lasciare indietro le persone perché vorrei sempre tenerle tutte: mi piacciono anche quando la relazione è difficile, mi incuriosiscono, non riesco a provare sentimenti troppo negativi anzi vorrei trovare ogni giorno mille, duemila opportunità di riallacciare rapporti che sembrano perduti. Ma le persone hanno il diritto di essere ciò che vogliono senza che mi metta in testa di giudicarle.

Guerra chiama guerra, io mi tiro fuori. Ai pettegolezzi che ultimamente hanno davvero esagerato rispondo con la scrittura (ora e in futuro) e niente altro. La mia fiducia in voi, voi tutti, è sempre stata risposta bene anche quando mi avete tradito o io ho tradito voi. Sono cose che succedono, a voi chiedo scusa: a ciascuno di voi che (lo so) leggete chiedo perdono per tutte le volte in cui vi ho ferito. Sono sicura di non averlo voluto, e in qualche caso non mi sono nemmeno resa conto. Tra le meraviglie di questo periodo ci sono relazioni nuove e appaganti e relazioni che hanno tanti anni e si rivelano sempre capaci di modellarsi alle esigenze di oggi: per queste relazioni bellissime ripeto il mio grazie.

Insomma, ragazzi cari, alcuni di voi mi hanno fatto male: se lo scopo era provocare dolore è stato raggiunto. Ma oltre non potrete andare perché secondo me, amici (e non sono ironica), nel fondo di voi tutta questa soddisfazione non c’è: il problema non sono io e lo sapete. Da me niente guerra, è solo una perdita di tempo e ho mani per scrivere, cuore per amare ed energia per prendermi cura di chi sta male.

 

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Showing 3 comments
  • silvia
    Rispondi

    Avanti tutta! Con simpatia e stima

  • silvia
    Rispondi

    Avanti tutta! Sempre e comunque!

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