rediviva, mai doma

 In I racconti del taccuino, la posta del cuore (?)

10609707_10153140146872388_9037922977176067576_nOggi ho parlato con un uomo tenuto prigioniero. Uno che non avrebbe la necessità di lasciarsi imprigionare. E ho capito che se si sente prigioniero lui può capitare a tutti. Per questo rido felice di ogni vincolo ora sciolto.

Rieccomi a voi, amici. Nella luce di un settembre, nelle pieghe di una vita sempre interessante, sempre in evoluzione e qualche volta da strizzarsi le ciglia con la punta delle dita, eccomi al mio blog con le parole e i pensieri e le emozioni. Questo blog così seguito (grazie di cuore a tutti), così sbirciato e così partecipe anche là dove si finge di ignorarlo. Non ho mai avuto dubbi: le mie parole, così come le parole di chiunque abbia accesso all’attenzione dei lettori, sono sempre state comode o scomode in base agli occhi che le leggevano e certo questo spazio così popolare – anche oltre le mie stesse aspettative – ha suscitato qualche sospiro e due o tre singulti di invidia insieme ai tentativi palesi di rendermi afona. Il problema è che per zittire non devi mai alzare la voce o imporre punizioni: per zittire devi farti amare, e non tutti hanno questa sottile intelligenza.

Che periodaccio, amati lettori e viandanti del Web. Non che sia mancata la bellezza, anzi: c’è bellezza in ogni singolo giorno, perfino quando hai le lacrime o la rabbia o l’incertezza perché gli eventi si sono incastrati uno sull’altro. Bellezza perché si è vivi, bellezza di esistere e avere ancora il fiato per parlare. Un fiato più potente di prima, per la verità, perché la parte migliore di ciò che è accaduto è che la libertà – prima in interessante abbozzo – ora è caduta nelle mie mani come fanno i giocattoli nuovi e inattesi. E’ lì che mi guarda e sorride, due o tre sberleffi perché non la attendevo così, tanto presto, e perché devo ancora prendere le misure per usarla, ma il sorriso mi incoraggia a sperare. Un periodaccio perché il mondo si è ribaltato con la morte di Mario (non ripeto lo spiegone, chi non sa legga i post precedenti) e ha avuto un relativo scossone con le vicende IEO di cui si è parlato troppo e male. Periodaccio anche per un paio di altri aspetti che non cito qui perché riguardano persone che amo e hanno il diritto alla tutela della privacy, periodaccio perché a un certo punto qualche buontempone che voleva forzare la mano a qualcuno perché prendesse una certa decisione ha chiamato la prima giornalista inesperta e ha messo su un teatrino che alla fine ha fatto bene a nessuno.

In fondo, a rifletterci con la calma di una scrivania immersa nella natura autunnale, la persona che meglio e con più luce si salva sono proprio io. Perché niente è come la libertà, e scrivere su una tastiera con questo respiro largo e senza l’ombra di chi – leggendo – potrebbe farsi venire la calura al volto e il sudore alle mani è una gioia impagabile.

E sono libera. Mai come oggi sono stata libera. Libera di parlare, di scrivere, di pensare. Libera di non temere più che i miei passi risuonino troppo acuti nei corridoi dando fastidio a orecchie sensibili ma (temporaneamente) potenti, libera di essere ciò che sono. Bene, male, con o senza originalità, sono. Ho avuto la gioia di un sostegno enorme da parte di amici, conoscenti, decine e decine di pazienti: quel sostegno è stato ed è il motore della rinascita che – di nuovo – mi porta a osservare il mondo attraverso le stesse pupille ma con i neuroni che hanno cambiato registro, e il cuore che batte a un ritmo più musicale. Più volte mi sono chiesta perché nelle comunicazioni più difficili non si scelga la via che ha la probabilità inferiore di creare dolore: se ci pensiamo bene, dire una cosa con tatto o senza può avere conseguenze etiche, legali, di scrittura (narrativa e non) molto profonde anche a lungo termine. Ma pochi pensano a questo, ahiloro, e non starò a preoccuparmi per libere scelte che non sono stata io a prendere. Dovrebbero tutti, forse, pensare alla delicatezza delle parole: chi lavora con i pazienti oncologici intuisce subito che la comunicazione abbia un ruolo importante nella reazione di chi la riceve, ma forse non tutti comprendono sul serio quante e quali conseguenze possa avere. Un aspetto inquietante della comunicazione che crea guai è che dieci, quindici volte più persone avrebbero avuto l’opportunità di salvare il mondo con un discorso empatico fatto bene, ma le occasioni sono sfumate e i giorni hanno accumulato solo peggiori scorie e più acute incomprensioni. Le parole uccidono, il silenzio anche. Inutile caldeggiare corsi di intelligenza emotiva e organizzazione del tempo e delle relazioni se non si coglie la mano tesa quando c’è.

Benvenuti ancora e di nuovo, amici. La mia vita ora si divide tra le visite ai pazienti e la scrittura – comunicazione. Le visite sono in IEO e in via Plinio (più un’altra sede che vi dirò presto): in IEO sono senologa e in via Plinio applico la medicina integrata (olistica) energetica (Reiki, Pranic Healing, theReconnection) e la floriterapia. Ci saranno presto altre visite in almeno un’altra sede, sempre con la medicina integrata: vi dirò subito dove trovarmi. La scrittura vive e continua, è il tempo giusto per il romanzo nuovo mentre si perfeziona il saggio che ho scritto con Umberto Veronesi in uscita nel 2015. Intanto viaggio, viaggio, viaggio con “Oltre il dolore” (Cairo) e sempre con “Il male dentro”. Sono qua e là anche con “Le età della donna”, il libro che ho donato ai pazienti di IEO attraverso il sostegno alla Fondazione IEO.

La vita è così. Una ricerca di senso che arriva a una destinazione solo quando si constata che quella destinazione non è altro che Amore. Quanta energia usata male, quanti sforzi inutili nella cecità assoluta: basterebbe aprire gli occhi e scoprire che siamo perfetti così, e se non siamo capaci di amarci reciprocamente è solo per una stortura educativa e per la paura fottuta di essere ultimi là dove in realtà non esiste ultimo e non esiste primo. Ma andiamo a tentoni, vagabondiamo in un affanno inutile finché qualcosa ci insegna sul serio, finché la luce spacca il muro buio della mente che mangia se stessa.

E se avremo altre puntate di questa o quella saga cui, volente o nolente, ho partecipato sarete i primi a saperlo. Nell’attesa della storia raccontata bene, grande e impietosa con tutti i personaggi e interpreti (anche i timorosi nascosti dietro la tenda). Esistono eventi ed emozioni che possono spiegare al mondo cosa sia l’illusione e cosa sia la paura, e la scrittura ha il dovere (la missione) di gettare luce nei cuori. Libera di parlare, ora, no?

 

 

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Showing 9 comments
  • Bianca 2007

    Grande Mariagiovanna! Vero. Se la libertà interiore dà la fermezza di dire con semplicità il vero,l’empatia può dare il senso dell’unione con la gioia e nel dolore,il senso che affratella e,forse, anche il senso ultimo di vivere per continuare a tessere un invisibile tempo tangibile. Il tuo libro (il male dentro) cattura per la realtà dura e al tempo stesso così sfumata per le infinite differenze nell’affrontare il dolore. Verrà un giorno che ne scriverò. E sarà nel più scavato dei piaceri. Mirka

  • alessandra

    Posso annusare la tua serenità. Ne sono felice davvero. Non mi è ancora chiaro quali siano le vicende che ti hanno vista protagonista.
    C’è modo di colmare la lacuna? 🙂
    Un abbraccio

    • MariaGiovanna Luini

      La serenità è ciò che rinasce quando si scopre che la Vita ha logiche e leggi assai diverse da quelle che alcuni hanno preteso, invano, di conoscere.
      La lacuna sarà colmata quando una storia sarà scritta, e ciò avverrà in un tempo che ancora deve arrivare con le dovute e piacevoli licenze poetiche, oppure può essere colmata in modo tendenzioso e falso, con versioni che cambiano in base al momento e al luogo, con la pletora di pettegolezzi e frivole, inutili maldicenze che sono sorti intorno a due o tre eventi. La lacuna su Mario invece è molto più importante per me: rileggi i miei post precedenti e vedrai che alludo a Mario Sideri.
      Non intendo essere misteriosa o vaga, semplicemente credo che il passato sia chiuso e non più significativo. Conta ciò che siamo ora. Oltretutto davvero penso che alcuni eventi, alcune relazioni, tanti personaggi siano meravigliosamente adatti alla narrativa quindi basta aspettare…

  • Lorenza Caravelli

    Conta ciò che siamo ora. Dovrebbe leggerti l’universo mondo.

  • MariaGiovanna Luini

    Chissà perché è così difficile staccarsi dalle immagini, dagli stereotipi, dai rancori, dal dolore, dai legami, dalle relazioni e dai pensieri del passato. Dalle abitudini! Se solo riuscissimo a visualizzare l’ombra nera che – a priori – il passato getta sul presente quanto saremmo più liberi e felici. E creativi, anche.

  • alessandra

    La vicenda di Mario ce l’ho ben chiara. Alludevo ad altro e mai ti avrei chiesto una risposta pubblica. Ri-abbraccio

  • lucia

    Chissà perché quando leggo ciò che scrivi, immediatamente ti vedo. Quel che penso te lo dirò presto, di persona accompagnato da un abbraccio affettuoso.

  • MariaGiovanna Luini

    un abbraccio anche adesso, allora!

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