il bivio e le parole, a Cesare Casati

 In Blog, I racconti del taccuino, la posta del cuore (?)

Casati-Cesare

E c’è il dubbio se scrivere o no. Non che manchino le parole, è solo che l’emozione – il dolore – disegna agli occhi (ai piedi, alla mente, al cuore) due strade possibili: lasciare le dita libere oppure tacere. Perché il dolore non si dice, o si dice troppo. L’aspetto curioso e comodo dell’evoluzione, dell’avere studiato, sentito, elaborato, scritto di dolore è che conosco il meccanismo e ne osservo il flusso da una distanza minima ma sufficiente per considerarmi anche spettatore esterno. Ma è solo uno degli aspetti possibili: gli altri raccontano una dimensione differente, l’urgenza di lasciare libere le reazioni normali dell’amore che soffre.
Invito spesso le pazienti a non chiedersi perché. Perché è accaduto questo? Perché a me e non a un altro? E’ il medesimo perché di oggi, di un mese fa, della settimana scorsa. Perché a distanza così breve da un altro dolore che ha portato via qualcuno che per me era baluardo e roccia, confidente e sollievo (Mario Sideri) una persona con significato simile ha voluto andare? Conosco la risposta, la sento vera. E so che la morte del corpo è l’unica morte possibile, l’anima non si sogna proprio di morire. Così come la gente non si sogna di comprendere, a meno che non abbia voglia di accendere l’empatia, che dietro un’immagine di serenità possa temporaneamente esistere la rabbia disperata di una perdita essenziale.
Tempo fa, poco più di un mese, ero in ambulatorio. Una giovane donna che non vedevo da un paio di anni è venuta per un controllo di prevenzione secondaria. Le ho chiesto “come sta?”.
“Fisicamente bene, ma c’è una persona, il mio secondo padre, che da alcuni giorni proprio non sta bene. Sono disperata. E’ il medico che mi ha mandato da lei la prima volta, si ricorda?”.
Dei medici si cerca la pornografia, si vuole capire e scrutare e dissezionare lo stato d’animo quando sono in ospedale. Per giudicarli, per rinforzare la voce popolare che li vuole cinici, attaccati ai soldi e distanti dal coinvolgimento con le storie che maneggiano, ricevono, toccano ogni giorno. E questa pornografia vi dono, ora: spalanco volentieri la mia anima perché possiate guardare dentro.
Quando la donna mi ha chiesto se ricordavo, la mia mente ha creato una sintesi perfetta di consapevolezza, stupore e trauma senza che il corpo muovesse una frazione infinitesimale di muscolatura liscia o striata. Un terremoto immobile. Avrei potuto elencare, a voce alta o senza rumore, i moti istintivi e volontari dei neuroni per mantenere la quiete solida del medico mentre l’anima si frantumava, ancora. Le ferite appena rimarginate con un velo sottile che non era nemmeno cicatrice occhieggiavano pronte a sanguinare.
Certo che ricordavo, il medico che mi aveva inviato quella donna era il mio padrino: l’uomo che amo da quando sono nata, l’uomo che mi abbracciava bene e mi ha aiutato sempre. Sempre. Sempre. Se per lei era un secondo padre, per me era Cesare: ogni crisi, ogni dolore, ogni evento piccolo o grande, ogni ricaduta depressiva e il mio disturbo alimentare sono stati suoi. Non ho smesso mai di avere Cesare al mio fianco, non ha smesso mai di telefonarmi quando era lui a volermi chiedere un consiglio.
Ho ascoltato il racconto della donna. Ho mantenuto il sorriso lieve che avrebbe potuto consolarla. Ricordati dove sei e perché, sei tu che ti prendi cura di lei. Ho rimandato il momento della mia personale presa di coscienza. Ho trovato le parole giuste, credo. L’ho visitata e salutata.
Quando la porta si è chiusa dietro di lei il mondo era un altro. In un inspiegabile istante mi sono detta ridendo che i soliti giudici da due soldi bucati (quelli dei sociali network, quelli delle opinioni buttate lì senza volere sapere) avrebbero concluso, guardandomi, che non avessi sentimenti.
Invece il cuore si era rotto, di nuovo. Il fatto è che se ti si rompe il cuore davanti a un paziente il tuo primo dovere è non permettere al dolore di ricadere su chi è lì perché ha bisogno di te.
In un cuore rotto entra la luce. In un cuore rotto l’amore ha tutto lo spazio per espandersi. In un cuore rotto trova posto la magia. So tutte queste cose. Ma so anche che – pure sicurissima della vita oltre questa vita – c’è un pezzo del lutto che a nessuno è dato di schivare.
Ed ecco che il bivio era qui davanti, oggi. Cesare è volato via, e la decisione è parlare o stare zitta.
Come ho detto ieri su Facebook, arriva il momento in cui inizi a camminare da solo. O forse no, forse è l’illusione di una solitudine fisica. E l’anima sa di non essere sola.

Dedicato a Cesare Casati. E grazie per tutto.

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