alleggeriamo
Il post di ieri è pesantino, pare. Non avrebbe potuto essere leggero: mettiamo i nostri segreti più grandi là dove pochi possono arrivare, e non completamente. Ma le parole hanno un dono: una volta nate seguono percorsi propri, imprevedibili e leggeri, profondi e curiosi. E vanno sempre da qualche parte.
Oggi le righe sono poche, un bilancio sintetico di me con un giro di valzer dell’intuito e forse (per divertirmi) una mano di Tarocchi di Marsiglia. La notte scorsa ho sognato tanto, affioravano ai miei occhi le cose e persone che sono rimaste indietro. Non alludo ai cosiddetti “morti”: loro no, non sono indietro. Alcuni sono così vicini che basta un alito di vento e una manciata di attenzione per coglierne i messaggi. Alludo a chi per motivi vari è in cammino su una strada ormai molto distante dalla mia. Colleghi, amici, amori. Come se la mia memoria avesse voluto ripropormi e pulire, fare spazio. Il vuoto crea un pieno nuovo, consapevole. Il vuoto fa male ma allarga il respiro. Il vuoto contiene la vita. Ho salutato persone più o meno volentieri, con maggiore o minore sorpresa. Ho accolto il nuovo, spesso con una resistenza all’evoluzione tipica del mio carattere (niente è tipico, in realtà, ma si dice così…). Ora osservo. Scrivo e osservo.
Mai pensato che la libertà fosse facile, ma quando riesci a sfiorarla capisci che vale le energie spese per inseguirla.
Un’amica mi suggerisce di cambiare una o due abitudini, le credo e agisco. In fondo a me qualcosa spingeva da tempo per cambiare più di due o tre abitudini ma, tenace, esercitavo il diritto alla limitatezza restando aggrappata a certezze rassicuranti. Abbiamo sempre il diritto di crearci e creare, siamo liberi di scegliere la via e il mezzo e i desideri hanno un potenza che sottovalutiamo. E la vita ha risposto, come accade quando esitiamo troppo e non decidiamo la svolta che nel cuore sappiamo utile e luminosa: la vita dà uno scrollone e ti sveglia, ti butta giù dal piedistallo perché possa finalmente decollare. Niente è rassicurante e niente è certo, anche chi ritieni solido prima o poi mostra limiti e fratture, parte, vola via. Per necessità o per scelta. Lungi dall’essere constatazione amara, si tratta di stilare un patto nuovo: non è più il tempo di guardare fuori da sé per illudersi di trovare protezione, solidità e sicurezza. Lo sguardo più amorevole e fiducioso va a ciò che in noi è più sacro e bello, perché le oscillazioni siano nostre, intime, evolutive e non le conseguenze degli sbandamenti altrui.
“Si vive con gli altri, non per gli altri”: un’altra amica mi ha scritto così in un messaggio recente. A dispetto degli snob di Facebook (giuro, esistono anche persone che nei social decidono di fingersi snob: lo snobismo è sempre finzione insicura, altro non potrebbe essere), una frase come questa è l’assoluto opposto rispetto alla banalità. E’ l’essenza della relazione sana con il mondo, l’essenza dell’amore. Con gli altri, non per gli altri. Niente dipendenza: se c’è dipendenza non esiste amore perché l’amore non dipende, non schiaccia, non lega, non soffoca.
Non fingo più di essere ignara, vedo e intuisco e sento. Uso i miei sensi, ipertrofici o meno, con una dose più ampia di silenzio e la decisione di usare l’amore per ciò che è: enorme, creativo, pronto ad accogliere sempre. Anche quando lascia andare e apparentemente abbandona. Si può anzi lasciare andare per amore, perché diventa chiaro che chi amiamo ha bisogno di altre esperienze, altre voci, altra evoluzione.
Non ho mai detto così bene un “no” come nel recente periodo: è perché ho eliminato ogni confusione sulla perfezione dell’amore.
Ho alleggerito? Non so, ma non ha importanza. Chi vuole, legge. Così sia.