affettavo zucchine, poco fa
A un certo punto la mente rallenta.
Stavo affettando tre zucchine, prima, e arrotolavo sulla lingua e nelle dita l’idea per una scrittura. Detesto cucinare, le eccezioni a questa regola sono rarissime: si dice che chi ama mangiare debba nutrire anche una passione feroce per l’atto del preparare il cibo, ma non vale per me. A me piace osservare il mio amore quando cucina per me, mi piace essere pigra e magari buttare lì qualche provocazione erotica per disturbarla. Mi piace soprattutto l’odore degli ingredienti sulla sua pelle: la annuso così spesso che ne è quasi infastidita, mi eccitano le cipolle e le spezie e adoro che abbia sulla lingua il sapore di ciò che ha assaggiato. Quando lei non c’è la mia cucina diventa un deserto, l’impiego principale la sopravvivenza. Insomma, questa mattina ho aperto la portafinestra della cucina e ho scorto sul balcone una confezione di zucchine rotonde: chissà perché e quando ho deciso di comprarle, ma non si butta via niente quindi ho deciso di tagliarle e piazzarle in una pentola larga. Il fuoco e un po’ di condimento toglieranno il tempo e il sentore rancido da queste fette approssimative, le userò per condire gli spaghetti integrali. Mentre affettavo con il coltello di ceramica di Ikea pensavo: ho voglia di scrivere.
Ho preso le candele: tre bianche, una rosa e una viola, le ho accese sulla scrivania. Ho scelto l’incenso adatto. Ho sistemato l’astuccio con le BIC. Ho bevuto una tazza di acqua. Ho controllato il cellulare: solo con lei, con il mio amore, sono bulimica di messaggi. Amo le storie che sembrano melassa, amo rigirarmi nell’amore sussurrato con sms e con i messaggi vocali, amo desiderare e perdermi nel suo corpo perfetto. E’ sensuale, mi stordisce. Non amo la mancanza e la nostalgia, ma crescendo si impara e trasformo l’ardente bisogno di stringerla a me in una prefigurazione del tempo perfetto che ci sta aspettando lì, dietro il prossimo angolo. Ho acceso il computer e appoggiato le mani alla tastiera.
E la mente ha rallentato. Succede, a volte.
Il corpo a un tratto più vuoto, la mente disciolta in vapore. Sospensione del tempo nella sua forma di ossessione creativa.
Osservo, allora, la pigrizia e l’attesa. Sorrido a queste solitudini piene di luce. Una rosa nelle mani e il volto rosso per una passione che in lei non smette di bruciare anche quando finge di averla spenta, rivedo il mio amore. E riparto da lì.