intermezzo, in partenza
Poche parole, non ne servono mai tante. In questo post ho piazzato la faccia di Cesare, il mio padrino, perché secondo me sta ridendo a voce piena con le gambe del corpo energetico allungate su una scrivania ordinata ma zeppa di fogli e un cappellino da baseball in testa: il sogno della notte scorsa con il mare in tempesta, una tempesta mai vista, e le barche a faticare per restare a galla e una nave all’ormeggio che tenta di strappare corde, cime e catene gli piace assai. Se è premonitore, come fu con il naufragio del Costa Concordia, ne sapremo di più tra poco, se invece (come penso) il mio inconscio ha parlato c’è davvero da riderci su e decidersi a dare un colpo alla vita.
Non volerò mai con una compagnia low cost: è una delle mie epiche dichiarazioni del passato. Infatti parto per Tirana con una low cost: a futura memoria, nel caso, sappiate che non l’ho scelta io e da ieri sera mi sto prendendo a schiaffi per avere accettato quei biglietti. C’è un traghetto così comodo da Milano a Tirana, accidenti. Il mio testamento è depositato da tempo da un notaio a Milano, questo in parte mi consola: niente liti postume. Certo preferirei godermi ancora questa incarnazione e portare in giro “La luce che brilla sui tetti” che esce il 21 aprile, cioè giovedì prossimo.
Quando guardo la staffetta di questo romanzo penso a ciò che lo ha generato: vita, l’essenza della vita. Dolori profondi e capacità di reagire, e la scrittura che trasforma ed è catarsi. Ne parlavo ieri sera con una delle mie più care amiche a cena da me (tranquilli: non ho cucinato io): guardo il libro e mi chiedo come nasca ogni volta un insieme di pagine, parole, inchiostro, pensieri, stile narrativo. E’ come se la scrittura fosse me, ma non mi appartenesse del tutto.
Dove c’è libertà non esiste peso (costrizione), dove c’è peso non esiste libertà. Un messaggio arrivato ieri sera dall’Altrove ha determinato il sogno? Non ho idea, ma certo qualcosa si muove.
Amiche e amici, dal 21 aprile “La luce che brilla sui tetti” è vostro: un libro cessa di essere proprietà del suo autore, ammesso che lo sia mai stato, quando si butta nel mondo e inizia a camminare. E’ il romanzo di un pezzo della mia esistenza terrena, ha volti e voci che potremmo chiamare finzione ma che – come sempre – creano realtà più vere del reale. Cogliete una rosa per voi stessi, anzi non toccatela: aspiratene il profumo e amate voi stessi più di quanto altri abbiano mai saputo fare.
Forse per questo ho messo la faccia di Cesare in questo post: sono nata con la protezione di uno psichiatra e con il suo amore ho scoperto che posso e devo amarmi più di ogni altro. L’amore che riceviamo dagli altri è un dono stupendo e perfetto così come è, ma sarà sempre la loro personale versione dell’amore: se non comprendiamo questo continueremo ad aspettarci di essere ricambiati quando invece l’amore, si sa, nasce gratis e tale deve rimanere.
In chiusura vi dono una delle più grandi verità insegnate da Cesare a me bambina, adolescente, adulta: contano i fatti, le scelte, e non le parole. Vale sempre, senza eccezioni. Anche in amore: mille parole creano l’illusione di un amore, le scelte dicono ciò che realmente è e sa fare.