Cadono le parole, cadono
Mi piace che sia domenica. Amo la lentezza del silenzio e la pigrizia del non sentirsi. Respiro l’odore del grigio flaccido rarefatto di Milano infiocchettato a grappoli alle finestre, e il gatto che dorme sulla sua poltrona mentre scrivo. Le parole scendono rapide, è un blu che compare su uno schermo che aspetta.
Sono sempre più stanca degli sguardi ai social network: nonostante tutto, ancora mi accaloro. Non riesco a ridere dell’ignoranza e a fingere che alcuni commenti non siano vuoti, inutili tentativi di rovinare l’atmosfera. Sarà che per me è così evidente la responsabilità delle parole, sarà che questa aggressività un tanto al chilo, che i meno intelligenti credono innocua, mi sembra pericolosa.
Qualcuno si è già fatto molto male, eppure nessuno sembra badarci: avete visto la ragazza che si è suicidata perché perseguitata da un gruppo di imbecilli criminali che la prendevano in giro perché grassa? Un esempio tra tanti: farà rumore un po’, poi nessuno ricorderà i dettagli di questa tragedia che non ha senso.
Mi annoia e delude andare a leggere la maggioranza dei post e i commenti. Sarà anche, e sarebbe normale, che tutte le passioni prima o poi si affievoliscono e mutano forma: succede con gli amori (soprattutto quando li ammazziamo di incurante crudeltà), figuriamoci se non può accadere con la fedeltà ai giochi relazionali nella Rete.
Sono andata in Comune, ho ritirato la tessera elettorale che per la ventimillesima volta avevo perso, poi placida e serena ho raggiunto il seggio e ho votato. Ho messo una croce ordinata, ripassata due volte entro il riquadro: mentre lo facevo avevo davanti agli occhi chi ci crede, chi ha dedicato la vita a migliorare l’esistenza del gruppo nella politica di professione. Un po’ per loro ho votato: l’amore va sostenuto, la passione riconosciuta e onorata. Anche se tu non ci credi, hai altri amori e altre passioni e hai tentato di seguire argomenti noiosi per un po’ ma hai rinunciato. Non fa per te.
Penso che amare qualcuno sia prestare attenzione ai suoi talenti, a ciò che infiamma la vita: per questo sono delusa se le persone che amo non leggono i miei scritti. Fingo di niente, ma noto l’assenza ed è un dettaglio che scava nella consapevolezza. Accade lo stesso con gli amici, con chi dice “ma ti conosco da bambina, so tutto di te”: nessuno conosce se stesso e gli altri, non veramente, e nel caso degli scrittori mancare la lettura dei libri, degli articoli, dei blog equivale a conoscere ancora meno. Sorrido vuoto a chi pretende di sapere qualcosa senza leggermi: la verità è che il suo sguardo mi sta attraversando senza notarmi.
Sono quello che scrivo: non sempre palese, ma nell’essenza sì. Sono la cura che porgo, le insicurezze che manifesto, la rabbia violenta che ogni tanto mi incendia, l’imperfezione che mi rappresenta. Sono, come voi. E le parole cadono facile, come un blu sullo schermo.