Va tutto bene
Freddo, l’ambulatorio è freddo: ho trovato il camice pronto (di solito devo andare a frugare nel guardaroba, chissà chi ha deciso che i medici non possano avere più i loro camici personali che evitavano l’effetto sciatto e improvvisato), ma il riscaldamento è spento. Nessuno ha pensato alle donne che arriveranno e dovranno spogliarsi per mostrarmi il seno perché vada a cercare ciò che non devo trovare.
Armeggio con una rotellina e un tasto su un radiatore che deve avere visto tempi migliori, intanto penso ai giorni e alle ore. A un Governo uguale a un altro. A un’amica passata dall’altra parte del velo. A una solitudine di scrittura necessaria e imminente. Penso agli amori che si trasformano e qualche volta ti lasciano indietro perché non riesci a essere rapida nel trasformarti anche tu: non puoi prendertela con nessuno, succede e basta, ma non hai ancora aperto del tutto le mani per lasciare andare. Penso alle lettere dell’amore e dell’addio, ai gatti, al clima, ai regali per Natale che ancora non ho finito di immaginare. Penso a ciò che oggi vorrò mangiare, ai chili che sto buttando via, ai pantaloni di oggi che – dicono – mi stanno proprio bene.
Poi mi siedo. E penso alla realtà del mio lavoro in mezzo al cancro, e alla retorica idiota di chi vorrebbe che i medici fossero tutti senza cuore, un po’ ignoranti, privi di empatia. Tanto noi non possiamo mai capire.
Saluto le pazienti, le mie e non le mie. Cammino nel corridoio e sono in anticipo, come sempre: così in anticipo che la gente arriva in visita da me dopo essere stata mezz’ora al bar. Perché il medico è sempre in ritardo, no? Invece no, devo rincorrere e incitare: venite, sono già qui. Venite, sono una donna puntuale.
Penso al grumo di dolore che ho in gola per Francesca, e per Umberto, e per altre perdite che sto provando a lasciare cadere dalle spalle. Le lacrime arrivano e non me le posso permettere. Entro nell’ambulatorio di Mario, respiro. Ritorno nel mio.
Chiamo la prossima paziente e sorrido. “Come sta, dottoressa?”. Molto bene, e lei? “Eh, beata lei. Sempre tutto bene”.
Già. Sempre tutto bene.