La creatura tacco dodici
La ricordo elegante come sempre, in un tailleur giacca-gonna fino al ginocchio e nelle sue eterne tacco dodici che lasciano fuori la pedicure rossa: chissà se davvero era così, lo è stata tante volte e tendo a rivederla come mi piaceva che fosse. Era prima che diventasse madre, credo, oppure no: ho deciso di ignorare quella parte di lei, confondo i nomi dei suoi figli e se li incontrassi per strada non li riconoscerei, anche se mi hanno detto che ancora, dopo un tot imprecisato di anni, giochino con i primi doni che portai loro una sera per dimostrare una felicità che non provavo. Sedemmo al tavolo scelto da lei in un ristorante noto a lei all’ora decisa da lei, mi sorrise e allungò un pacchetto rettangolare: aveva l’abitudine di regalarmi un libro, abitudine che ha mantenuto e mi diverte anche se non glielo dico mai.
-Questa volta non è solo la storia, è il titolo.
-Un giorno questo dolore ti sarà utile.
-Già. Dovresti leggerlo.
-Sai che lo farò.
Leggo a prescindere, ma se è lei a regalare metto in lista prioritaria.
Parlammo qua e là, sfiorammo il noi e andammo oltre e più su, più giù, più indietro, più avanti. E’ convinta che abbia un’anima grande, e che sia speciale: forse lo dice a tutte. Crede che io porti energia e luce e amore e sia incapace di badare a me stessa: l’ultimo punto dell’elenco è vero, ecco perché i libri che mi regala hanno quasi sempre un messaggio intenerito, preoccupato, leggero e profondo insieme. E’ protettiva anche quando si spaventa perché mi desidera, e scappa.
-Adesso non ti sembra, ma ti servirà.
-Il dolore? Certo.
-Lo penso. Tu sei una crisalide, sarai la farfalla più abbagliante del creato.
-Quando dici queste cose.
-Le penso, le so.
Non ricordo cosa mangiammo, e non so se ci limitammo a bere piluccando cibo scarso un’altra sera qualche anno dopo: sedute l’una accanto all’altra, incontrate per caso alla cena di un premio letterario, la sua gamba massaggiò la mia in segreto per un paio di ore. Presto si alzò e andò via, promettendo senza mantenere. Fu per rabbia che permisi al mio cuore di aprirsi, poi, a un’avventura. Che fu amore (per me), e fu tragedia. Fu anche grazie a lei che tutto nacque: ci penso adesso e mi viene da ridere. Sei sempre in mezzo ai piedi, affascinante creatura tacco dodici.
E oggi. Un giorno questo dolore mi sarà utile: dirà così. E nel cuore si riempirà di piacere perché non ha mai desiderato sul serio che andassi troppo lontano da lei.