Vaneggiamenti sulla libertà
Libertà è una parola meravigliosa: il problema arriva quando si passa dalla teoria alla pratica. Anni fa con Umberto Veronesi ho scritto un piccolo libro che ancora viaggia bene: si chiama “Siate liberi” (titolo inventato dall’Editore Salani, quando lo ha proposto mi sarebbe piaciuto esserne l’ideatrice) e avrebbe dovuto parlare ai ragazzi ma è stato ed è letto anche da tanti adulti. Nella prima stesura mi colpì molto la posizione di Veronesi: non siamo liberi, non nasciamo liberi. Nella mia stolida banalità (Luna in Vergine) avevo pensato che avremmo rivendicato la condizione di “liberi per nascita”, ero convinta che fosse reale. Lessi le sue riflessioni, ragionai con lui e scoprii che – come spesso accadeva – aveva ragione: non si nasce liberi e le condizioni familiari, scolastiche, sociali, affettive non contribuiscono a migliorare lo stato di non-libertà.
Non siamo obbligati a essere liberi: c’è chi si sente sicuro e protetto, addirittura amato, quando rinuncia alla libertà. Come tutte le scelte, va benissimo così. Alcuni altri hanno il bisogno inconscio, che nel tempo può rendersi decisione razionale, di autodeterminare le scelte e agire su percorsi non influenzati dal mondo: di solito è una necessità tutto o niente, non si può avere la libertà in un ambito (lavorativo, per esempio) e la dipendenza in un altro (l’amore). La dipendenza trascina con sé il barlume di libertà, e anche in questo caso: se è una scelta va benissimo così.
Quando la libertà è richiamo vero, profondo, potente ecco che inizia il viaggio pericoloso e affascinante, accidentato e senza regole certe di diventare liberi. Non c’è carta geografica, le mappe altrui non valgono granché: si possono ammirare e seguire esempi ma ogni vita ha l’unicità dentro e non si emulano le energie uniche. Se un manuale fu scritto, si è perso nelle pieghe dell’evoluzione. Eppure un pilota automatico interiore c’è per tutti e andrebbe risvegliato: ognuno sa come diventare libero e usare il dono deflagrante della libertà. Il silenzio, la riflessione quieta e l’ascolto della voce che parla dal cuore sono il modo più efficace per recuperare il contatto con il migliore istinto: è come risvegliare il Guaritore Interiore, il più prezioso alleato dei medici nella cura di chi ha una malattia fisica.
Definiamo la libertà in base a ciò che non è, di solito. Libertà non è dire tutto ciò che si pensa in qualsiasi istante, non è credere che basti invocarla come un mantra per schiacciare, calpestare, sbriciolare la dignità e la pace altrui: per intenderci, non è nascondersi dietro il mare immenso di internet per destabilizzare, offendere e diffondere notizie, insinuazioni, giudizi pesanti invocando la “libertà di parola”. Non è libertà di parola: è abuso del concetto stesso di libertà. Chi non conosce il rispetto è lontanissimo dall’essere libero, perché la libertà contiene la saggezza e ne è parte ed effetto.
Mi sono chiesta spesso quale fosse per me il segnale di un pezzettino di libertà finalmente raggiunto, e ho risposto che è la scomodità. Quando sono scomoda ma viva sono libera.
Quando mi sento consapevole sono scomoda, quindi libera.
E forse un giorno sarò anche felice.