Medicina o non medicina? Quale percorso scegliere?
L’uscita del libro (“Il Grande Lucernario” – Mondadori) ha generato curiosità e molte riflessioni interessanti sulla Cura. Ha anche aumentato la richiesta di incontro da parte di persone che nei confronti della medicina hanno ritrosia, rifiuto o diffidenza: ciò che ho raccontato nel libro sulla difficoltà di alcuni pazienti di raccontare se stessi ai medici è diventato ancora più evidente. La figura del medico, che dovrebbe rappresentare l’aiuto e il supporto, qualche volta sfuma in un monolite chiuso e refrattario a ogni discussione su approcci terapeutici non convenzionali.
Non metto in dubbio che esistano colleghi meno propensi a valutare le possibilità di ben-essere degli approcci olistici (mi rifiuto di parlare di “medicina alternativa”, che è un controsenso anche verbale), ma la mia esperienza attuale stempera l’apparente insanabilità della frattura. Pensavo questa mattina ai pazienti che finora sono arrivati da me con malattie tumorali che hanno scelto di non studiare o non trattare con la medicina convenzionale: il cento per cento di loro si è poi avviato alle terapie mediche oncologiche. E, credetemi, non c’è merito che mi riguardi: si è sempre trattato di usare il tempo e l’empatia, nonché la conoscenza scientifica e olistica, per riequilibrare le posizioni. E molto ha fatto la cooperazione dei colleghi cui ho chiesto aiuto appena questi pazienti si sono detti disponibili a un riavvicinamento fiducioso alla medicina. Riavvicinamento che rispettasse le loro idee, credenze, convinzioni.
Il caso più recente è quello di una giovane ragazza che ha chiesto il mio aiuto per una voluminosa massa cresciuta molto rapidamente in un fianco.
- Sappia che vengo da lei perché ho fiducia nella sua medicina olistica, ho sempre rifiutato i medici e continuerò a curarmi da sola. Vengo da lei per guarirmi da sola.
Quando è uscita, un’ora e mezza dopo, aveva un appuntamento fissato (su sua richiesta) con un chirurgo di IEO che, avendo compreso la situazione, l’ha visitata e trattata con moltissimo rispetto. Sarà operata nei prossimi giorni. La giovane mi ha scritto questa mattina per ringraziare, ma la verità è che dovrebbe dire grazie a se stessa e all’apertura, all’amore di sé che ha dimostrato non fermandosi a granitiche convinzioni negative.
Mai fermarsi a ciò che eravamo ieri: forse oggi esiste una novità da qualche parte, e può salvarci la vita. Vale anche (molto) per i medici e gli infermieri: chi nel nome della scienza borbotta a priori contro un approccio olistico ha dimenticato cosa sia davvero la scienza. La scienza si basa su curiosità, apertura, ricerca. E non potremo mai, mai dirci sicuri che un rimedio non funzioni se migliaia di persone hanno trovato sollievo usandolo, nonostante la medicina non sia ancora arrivata a studiarlo bene. Certo quel rimedio non può sostituire le terapie che oggi sono efficaci, ma chi ha mai preteso questo? Negare l’integrazione tra medicina e olistica significa rifiutarsi di studiare, e se un medico non studia è molto grave.
Come dicevo qualche riga più su, la mia esperienza attuale con i colleghi che da anni cooperano con me in IEO e fuori dall’istituto (per non parlare del Centro Metis) è di totale disponibilità ad avvicinarsi all’unicità di ogni paziente per portare aiuto nel modo migliore: non vivo a Fantasilandia, sono consapevole delle resistenze e degli ostacoli che stanno tentando di fermare anche me, ma il disfattismo non ha mai aiutato nessuno. E so che la Luce prevarrà sempre sul buio.
Pace a voi.