Il passato che è ora

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Sarà la luna nuova, sarà che il mese di luglio è per me un misterioso esecutore di sentenze di rinnovamento (anche brutale), mi trovo a riflettere sul peso del passato. E’ un peso fisico, non solo mentale ed emotivo: lo si ha sulle spalle, è un macigno flaccido, invadente, che si sposta a destra e a sinistra senza decidersi a cadere. A meno che non esista un preciso atto di volontà: il passato può ritornare dove naturalmente si trova, in un tempo che non esiste più.

Succede che arrivino in studio persone che, con diversa forma e colore e tonalità percettiva, raccontano sempre la medesima storia: sono agganciate a traumi e ricordi ed esperienze che, collocati indietro, addensano sul presente una melassa appiccicosa. Ritornano a volti dissolti, amori sospesi o andati malissimo, rabbia mai espressa fino in fondo, rancori e rimpianti la cui soluzione non può esistere: camminano con la testa voltata indietro. L’ho fatto anch’io: una Pesci ascendente Pesci tende a trascinare la bisaccia dei ricordi traumatici e a farne una bandiera. Per fortuna, però, a un certo punto scatta il salvavita: arriva il momento in cui decido di guarire. Per questo difficilmente conservo ricordi tangibili, feticci e altari che non siano dedicati agli Spiriti di altissima Luce: non voglio che la mia emotività si blocchi indietro, a persone che non hanno più la stessa faccia e le stesse idee e magari, a volte, non possiedono nemmeno un corpo fisico. Amare chi c’è stato non significa presentificarlo ogni momento permettendo che influenzi i nuovi incontri, le nuove relazioni, i sogni di oggi. Oltretutto onorare anime non più presenti dovrebbe significare non alterarne le caratteristiche trasformandole nella nostra fantasia attuale: la memoria ha la caratteristica bizzarra di plasmare tutto, compresi i ricordi sui quali mettiamo un carico notevole di energia. Le persone che amiamo, odiamo, rimpiangiamo, rievochiamo dopo giorni, mesi o anni sono solo immagini proiettate da noi, a nostro uso e soggettivo consumo.

Qualcuno – e io sono quel qualcuno – dice che sia essenziale perdonare: l’ho raccontato nel “Grande Lucernario”. Apriti cielo! Mai argomento fu più bistrattato. La parola perdono evoca religiosità, Dio, preghiere e inginocchiatoi: non a tutti va bene. Ma è un gigantesco fraintendimento: perdonare significa lasciare andare le energie ferme, prigioniere, patologiche. Le emozioni, soprattutto. Quando teniamo bloccata una memoria, la stringiamo ossessivamente nelle mani e ritorniamo a guardarla quasi ogni giorno, le permettiamo di influire sul presente e stiamo commettendo il più profondo atto di ingiustizia nei confronti di noi stessi e della nostra missione incarnata: siamo noi a creare le nostre catene, riduciamo della metà la capacità di interagire con il mondo creando opere che influenzeranno la storia. Imprigionati dall’incapacità di vivere il presente fino in fondo ci costringiamo a un costante paragone tra chi incontriamo oggi e chi è rimasto indietro, riduciamo le potenzialità di amore e gioia e respiro largo nel nome di sofferenze che, metabolizzate meglio, potrebbero diventare fonte di apertura e non perenne chiusura. Di fatto, impediamo a noi stessi di creare e nutrire la magia che saremmo destinati a ottenere.

Ecco perché alcune coppie il cui percorso comune sia esaurito stentano a sciogliersi, alcune convivenze continuano nonostante siano ormai vuote, alcuni amori nuovi che potrebbero essere meravigliosi hanno in freno a mano tirato: il passato esercita il proprio peso, ed è micidiale. Un po’ stupido, ma proprio per questo micidiale. Ecco perché una gioia può dimezzarsi, un’opportunità crollare priva di energia, un viaggio fallire, un progetto abortire prima di vedere la luce: ricordi, influenza del passato, interpretazione distorta perché filtrata da emozioni sospese. Ecco perché il corpo fisico (il cuore in modo particolare) può ammalarsi. Le spalle che si incurvano non sono solo una metafora, ed è lo stesso per il peso corporeo che aumenta: come potremmo trascinarci dietro il passato se non adattassimo il fisico a questo carico? Dobbiamo strutturarsi, incurvarci, ingrassare per tenere su ciò che sta indietro. E il muscolo cardiaco e le coronarie dopo un po’ decidono di mollarci, oppure il sistema immunitario ci si scatena contro.

E mi chiedo, in questa mattina di luglio, se la libertà non sia concedersi il lusso di perdonare nel senso vero del termine: aprire le mani, lasciare andare ricordi e relazioni ormai vuoti, abbandonarsi al flusso della vita avendo fiducia che, nudi, si possa procedere più spediti e raggiungere la Stella, il Fuoco, la Pietra a noi riservati. Morti tante volte, sublimati e vivificati altrettante. La vita è qui, ora. L’amore, la creatività, il rinnovamento respirano, bruciano e sgorgano in un eterno presente. Ma chi si incatena al passato non riesce a riconoscerli.

Sia Pace a voi.

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